Oggi 25 novembre è la Giornata per l’eliminazione della violenza sulle donne. Tra le notizie Ansa del primo mattino c’è questa: “Strangola la compagna, a casa presenti i due bambini”. Poi, i dati tragici: 100 femminicidi l’anno, più di 3 milioni di donne vittime di stalking, il 70% delle quali non denuncia. Non è tanto difficile capire perché le donne non denunciano: per orgoglio, per paura, ma anche per una micidiale illusione. Quella che il compagno, non potrà davvero far loro del male. Che ci sarà un’altra occasione per ricominciare insieme, che le cose potranno cambiare. E a volte anche per sfiducia verso le istituzioni: se denuncio cosa succede, quanto ci vuole perché lui venga allontanato, sarò davvero protetta? È di ieri la notizia che un uomo, che diede fuoco alla compagna incinta, Carla Caiazzo, è stato condannato a 18 anni, tre più dei 15 richiesti dal Pubblico Ministero (io sognavo l’ergastolo, ma è già qualcosa). Altre volte, invece, la denuncia non basta, non è sufficiente. Sono troppi i casi di cronaca in cui, alla denuncia, all’intimazione a stare lontano, è seguito un omicidio.
Eppure, noi donne abbiamo un’altra arma: noi stesse. Non voglio fare la femminista fuori tempo. Ne sono davvero convinta (e la storia di Confidenze, a suo modo, lo dimostra): noi donne, quando ci tendiamo la mano l’un l’altra, siamo una potenza. Quale mamma non diventa una furia quando deve difendere la figlia? Liberiamoci di quei retaggi che vorrebbero le donne rivali, di quelle frasi (e idee) autodenigratorie tipo “noi donne, tra noi, siamo un po’ stronze”. Noi donne, tra noi, siamo amiche, siamo solidali. E allora è vero che denunciare può essere difficile, ma a volte mettere da parte l’ orgoglio e chiedere aiuto a un’amica può salvare anche la vita.
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