La fabbrica dei ricordi

Cuore
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Mentre li accumuli non te ne rendi conto. Ma a un certo punto della vita ti accorgi che i ricordi fanno parte di te

Il mio ricordo più tenero è il titolo di un articolo che potete leggere su Confidenze in edicola in questi giorni e che raccoglie le testimonianze sull’infanzia di 11 persone famose e non. Le ho lette e mi hanno fatto sorridere perché chi raccontava sembrava tornato bambino. E poi perché mi hanno riportata nel passato.

La mia mente è affollata di me da piccola. Per la mia memoria di ferro e per il fatto che ho trascorso l’infanzia con mio fratello (il buffo biondino con me nella foto) che aveva due anni meno di me (esatti esatti, visto che siamo nati entrambi l’8 gennaio confermando la precisione teutonica dei nostri genitori) e con cui mi sono divertita come una matta finché c’è stato.

Potrei tediarvi a lungo con i ricordi, ma mi limito a raccontarvi che quando andavamo a letto Michele e io invece di dormire cantavamo a squarciagola. Lui intonatissimo, io peggio di una campana, formavano un duo straziante ma pazienza: noi ci sentivamo meglio di Ike e Tina Turner, nonostante il patetico repertorio spaziasse da L’attore di Celentano (probabilmente l’unica canzone sconosciuta del Molleggiato) a Obabaluba (che forse la stessa Daniela Goggi ha rinnegato). E se a quei tempi avevamo già 12 e 10 anni, capite da soli come mai nessuno dei due sia diventato una rockstar.

Oltre a invitarmi a un tuffo nel passato, però, l’articolo di Confidenze mi ha anche fatto fare una considerazione: quando sei piccolo o comunque molto giovane, non sospetti minimamente che andando avanti nella vita i tuoi ricordi diventeranno parte di te come il viso o (porca miseria) la cellulite. Le giornate passano senza che tu dia loro particolare importanza e quando senti i vecchi dire «oh, quando trent’anni fa…» non capisci quanto densa sia quella frase.

La prima volta che ho avvertito che ciò che mi apprestavo a fare sarebbe entrato nel mio bagaglio dei ricordi avevo 18 anni. A casa di un amico, con il gruppo di coetanei con cui sarei partita per il battesimo delle vacanze senza adulti, la mamma del nostro ospite, guardandoci intenerita e con i lucciconi agli occhi, ci ha detto: «Godetevela, perché questa esperienza non la dimenticherete mai più». Nessuno di noi si è soffermato su quelle parole che ci sembravano di una banalità sconvolgente. Ma dopo oltre un quarto di secolo (cioè oggi) mi sono accorta di quanto sbagliassimo.

Gli stessi amici li frequento ancora adesso. La vacanza in questione (definirla un mito è riduttivo) continua a essere argomento di molte nostre chiacchiere. E, come ci aveva avvertiti  la signora P., si è rivelata uno dei mattoncini della nostra fabbrica delle memorie. Non il primo in assoluto, ma il primo di cui io sia stata consapevole.

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