“Ecco cosa non sapevo: Quando ti svegli dentro una cassa di legno buia, ti dici che non può essere vero. Naturalmente spingi il coperchio. Reazione normale. Picchi i lati con i pugni, punti i piedi sul fondo. Sbatti la testa, più volte, anche se fa male. E urli. Continui a urlare. Il moccio ti cola dal naso. Le lacrime ti rigano la faccia. Finché le tue urla frammiste a singhiozzi diventano assordanti. Allora, senti dei rumori strani, tristi, patetici, e comprendi la cassa, la comprendi davvero: ehi, sono chiusa dentro una cassa di legno buia, e ti rendi conto che sei tu a produrre quei rumori.
Ecco che cosa so: Non hai molto da fare rinchiusa per giorni e giorni in una cassa grande come una bara. Direi che c’è solo una cosa che ha senso immaginare, rimuginare, contemplare un minuto dopo l’altro, un’ora terribile dopo l’altra. Un pensiero che ti fa andare avanti. Un obiettivo che ti dà forza. Lo scopri. Lo perfezioni. Poi, se sei fatta come me, non lo abbandoni più. Vendetta”.
I thriller sono la mia passione, ormai è cosa nota. Non c’è nulla che mi rilassi di più, se ho una preoccupazione o un timore, di qualcosa che lo esasperi a tal punto da…annullarlo! Lisa Gardner, fin dal primo romanzo tradotto in Italia, La vicina, mi ha conquistata irreparabilmente e indissolubilmente: è bravissima, precisa, maestra della trama e del montaggio che regola la suspense, elemento necessario di questo genere letterario da molti considerato minore e che invece io difendo a spada tratta.
Flora è stata rapita da un uomo che l’ha tenuta in ostaggio per quattrocentosettantadue giorni. L’ha tenuta per molto tempo rinchiusa in una cassa di pino, l’ha violentata, spogliata della propria identità (anche il nome, sostituito con Molly) e volontà, ridotta al nulla.
Ma Flora ha resistito e ce l’ha fatta. Il libro si apre proprio così. Da un apparente lieto fine.
Ma bastano poche pagine per cadere di nuovo in una trappola. Qualcuno fa del male a Flora. Flora si difende. Assistiamo a un omicidio. Sul luogo del delitto la poliziotta di ferro che abbiamo imparato ad amare, D.D. Warren.
Ci sono altre ragazze scomparse da ritrovare. Dove sono finite? Ma soprattutto…chi ha rapito di nuovo Flora?
Una catena di eventi negli eventi e trame nella trama vertiginosa, impossibile da abbandonare fino all’ultima pagina e al coraggioso epilogo.
Lisa Gardner affronta un tema importante: cosa accade nella mente e nella personalità di chi viene sequestrato? È sufficiente la liberazione di un corpo per restituirci al mondo e a noi stessi, ai nostri cari? Che tipo di rapporto si stabilisce tra vittima e carnefice? Di odio? Di necessità? Di dipendenza emotiva?
Spesso le storie estreme possono aiutarci a capire molte dinamiche di rapporti basati sulla violenza psicologica; una violenza subdola, strisciante, impermeabile ai veri sentimenti, alienante, travestita da amore.
Lisa Gardner, Dobbiamo trovarla, Marcos y Marcos
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