“Una storia che dà fiducia nel futuro e nelle seconde opportunità”, scrive Rosanna sulla pagina Facebook. Potete rileggere online la storia vera più apprezzata dalle lettrici questa settimana, è “Una terrazza per essere felici” di Roberta Giudetti, pubblicata sul n. 20 di Confidenze
A volte, se mi sveglio presto, salgo a vedere l’alba e a ringraziare il cielo di avere avuto una seconda opportunità. Non so se siano questa casa e tutto l’amore lasciato da chi ci abitava prima, ma io e Stefano non siamo mai stati così sereni
Storia vera di Cristina G. raccolta da Roberta Giudetti
Vi è mai successo che un posto iniziasse a chiamarvi? Non avevo mai visto una casa così accogliente. Calda, colorata, viva: sembrava uscita dai miei sogni. Chi era stato ad arredarla con tanto gusto e sobrietà?
Non riuscivo a pensare a chi potesse mai venire in mente di mettere in vendita una casa così perfetta. Probabilmente i proprietari si erano separati e non erano riusciti ad accordarsi su chi avrebbe vissuto in quel paradiso. Era una situazione che conoscevo bene, solo che l’appartamento che avevo lasciato al mio ex marito, non era neanche lontanamente paragonabile.
Il parquet in legno vero riscaldava tutte le stanze. L’ampia cucina, dove già immaginavo di preparare manicaretti per il mio compagno, era invitante e i mobili di un verde brillante mettevano allegria. Il caminetto in soggiorno, le stanze luminose.
Una piccola scala in legno e muratura portava in mansarda e lì si apriva una camera meravigliosamente accogliente, con il suo bagno, perfetta per la mia Ariannina. Mia figlia avrebbe avuto la sua intimità. Non che ce ne fosse bisogno, andava e va d’accordissimo con Stefano, ma si sa come sono i giovani, amano avere il proprio spazio. In quella camera, una finestra portava a un grande terrazzo da dove si poteva ammirare un’incantevole vista di Milano dall’alto. Già sentivo che da lì, insieme alla mia nuova famiglia, avrei osservato dei tramonti indimenticabili. Che fosse davvero giunto il mio momento di essere felice? Per una frazione di secondo mi ero voltata e sotto il gazebo avevo percepito la presenza di due giovani innamorati, seduti al tavolo a sorseggiare un buon caffè, cuore a cuore. Chi non sarebbe stato felice di vivere in una casa così bella e di fare colazione con una vista simile?
Sono cresciuta in un appartamento modesto, non avevo una camera mia. Ma ero nata li ed ero molto affezionata a quelle mura e poi i miei genitori amavano vivere in quel quartiere.
Quando mi sono sposata sono andata a vivere molto lontano da loro ma vicino al mio ufficio. Non sono mai riuscita ad amare davvero quella nuova casa, un po’ perché insieme a mio marito ho vissuto i giorni peggiori della mia vita, un po’ perché mi ero allontanata troppo da tutti i miei amici e mi sentivo sola.
Certo, quella era la casa dove era nata la mia Arianna, unica gioia della mia vita, ma non sono mai riuscita a sentirla davvero mia.
Ancora oggi, non so perché ho sposato Matteo. Per stanchezza, o forse per paura della solitudine, i motivi più sbagliati per sposare un uomo. Allora ero convinta di essere innamorata. Qualche avvisaglia sul suo carattere poco socievole l’avevo avuta, e poi c’era stato il mio babbo che quando mi ero fidanzata con Mat, aveva arricciato il naso e prendendomi in disparte aveva sentenziato: «Cris, sei davvero sicura di volerlo sposare? Questo ti farà andar di matto». Ma io non avevo ascoltato né lui, né altri.
Matteo mi aveva conquistata con la sua devozione. Forse non provavo lo stesso trasporto verso di lui ma amavo quel sentirmi finalmente sicura insieme a un uomo. Avevo avuto qualche fidanzato ed era sempre finita perché nessuno sembrava davvero voler costruire una famiglia. Troppo infantili, troppo egocentrici, non avevo trovato un uomo che mi avesse fatto sognare di fermarmi.
Soprattutto ero stanca di dover correre sempre io. Desideravo un uomo che avesse voglia di correre per me. All’improvviso, era comparso all’orizzonte Matteo. Era così innamorato che avrebbe fatto qualsiasi cosa per rendermi felice, diceva. La sua gelosia, all’inizio, mi aveva solo lusingata, vivevamo un po’ isolati da tutti ma eravamo molto presi dal desiderio di costruire la nostra famiglia.
Nel frattempo, Matteo aveva iniziato a dare qualche segno di squilibrio. Lentamente mi aveva allontanato da tutte le mie amicizie. Ho sempre amato la musica e allora cantavo in un gruppo di musica celtica. Matteo mi aveva chiesto di smettere. Era molto geloso, non solo degli altri musicisti del gruppo ma anche degli incontri che avrei potuto fare nell’ambiente musicale. Scioccamente, pensai che in fondo fosse una richiesta legittima e smisi di cantare.
Poi mi chiese di allontanarmi dalla mia migliore amica che lui considerava troppo alternativa. «Quella tua amica Roberta è troppo aperta, non lo so, non mi convince. Non vorrei fosse atea. Frequenta persone che non mi piacciono». Conoscevo Roberta dalla scuola materna e non era affatto come Matteo la dipingeva però, per quieto vivere, lo avevo ascoltato. Quasi senza accorgermene, giorno dopo giorno, avevo allontanato tutti. Forse ero troppo concentrata sul mio desiderio di diventare madre.
Volevamo disperatamente un figlio, ma dopo due anni di matrimonio non era ancora arrivato e io iniziavo a pensare che forse non eravamo compatibili.
Finalmente, dopo molto tempo, il mio desiderio è stato esaudito e sono rimasta incinta. Quale gioia immensa! Matteo da quel momento non mi ha più sfiorata. Era terrorizzato all’idea che potessi perdere quel figlio. Non è stata per niente una gravidanza semplice la mia, per molteplici motivi. Non ultimo, l’ansia che Matteo mi trasmetteva per qualsiasi cosa.
Da mia mamma avevo saputo che anche la mia amica Roberta aspettava un bambino. Senza dire niente a mio marito, quando ha partorito, sono andata a trovarla all’ospedale. Sono entrata in quella stanza in punta di piedi, tenendo stretto tra le mani il mio pancino. Quando mi ha vista e ha notato che anch’io ero incinta, è scoppiata prima a ridere e poi a piangere. Erano anni che non ci vedevamo né sentivamo, eppure eravamo ancora lì, io e lei, unite dallo stesso destino. Arianna è nata in estate, qualche mese più tardi. Per un po’ io e Roberta siamo riuscite a frequentarci con i bambini piccoli, poi Matteo ha iniziato di nuovo a chiedermi di non vedere nessuno e io ero così stanca da non riuscire a oppormi. Nel frattempo aveva lasciato il lavoro e io mi sono vista costretta a tornare in ufficio appena terminato il periodo di maternità. Matteo passava ore e ore seduto in camera al computer a collegarsi a siti per parlare di fede e di Dio. Gli anni più tristi e vuoti e soli della mia vita. Ho cercato di salvare il mio matrimonio ma non ce l’ho fatta. Sentivo che Matteo non solo non era un buon marito, ma non era nemmeno un gran padre. Nel frattempo era venuto a mancare il mio babbo, a cui ero molto legata. Le ultime parole prima di andarsene erano state: «Cris, sei ancora in tempo. Pensa a te e alla bambina».
Ero disperata, sull’orlo della depressione. Un senso di vuoto e di inadeguatezza invadeva le mie giornate. Matteo non badava neanche alla bambina, non la andava a prendere a scuola, dovevo fare tutto io. Ero quella che lavorava, che organizzava tutto, mentre lui se ne stava a casa a dormire e a collegarsi a Internet. L’unica cosa che mi permetteva di fare era andare in chiesa. Ero riuscita a inserirmi nel coro e a ritrovare il mio amore per il canto. È così che ho conosciuto Stefano: suonava la chitarra la domenica mattina durante la Messa. È grazie a lui che il mio cuore ha ricominciato a battere e che ho raccolto il coraggio per riscrivere la mia vita.
Inizialmente io e Arianna siamo andate a vivere da mia madre, poi ho trovato un bilocale in affitto abbastanza vicino all’ufficio, a Trezzano sul Naviglio, e lì mi sono trasferita con la mia bambina che ormai aveva dodici anni. Nel frattempo ho iniziato a frequentare Stefano. Anche lui separato, con due figli maschi e un matrimonio doloroso alle spalle. E tante ferite. Anche lui, un’immensa passione per la musica e il canto. Ci siamo riconosciuti e accolti a vicenda. Con le nostre ferite e i sogni di felicità mai assopiti. Finalmente avevo trovato il grande amore.
Dopo qualche anno abbiamo pensato di andare a vivere insieme. Avevo saputo che nella palazzina dove abitavo con Arianna, all’ultimo piano, c’era un appartamento libero. Timidamente avevamo chiesto all’amministratore se i proprietari avessero intenzione di venderlo o affittarlo. «L’appartamento è chiuso da anni ma non è in vendita», ci avevano detto. «I proprietari hanno lasciato tutto com’era». Non avevamo chiesto il motivo, volevamo solo avere una possibilità. Insistendo pazientemente, siamo riusciti a ottenere una visita. Appena messo piede in quell’appartamento, ho sentito il cuore sciogliersi. Quella casa era stata piena d’amore. Sentivo che chi aveva vissuto fra quelle mura, era stato felice.
Alla fine i proprietari, hanno ceduto e qualche mese più tardi siamo entrati. «Buttate via tutto. Non vogliamo tenere niente. I ricordi, fanno troppo male».
È stato così che io e Stefano abbiamo saputo che quella casa era stata comprata per Giulia e Alberto, due giovani sposini innamorati che una mattina erano usciti insieme per andare al lavoro come ogni giorno, e che non erano più tornati perché un camion, aveva tagliato loro la strada. Si erano spenti insieme, nel pieno della loro vita, del loro amore, della loro felicità.
«Volete ancora prendere questa casa?», aveva chiesto l’amministratore. Mi sono girata di scatto ed eccola lì, Giulia, appoggiata al parapetto del terrazzo, voltarsi e chiamare il suo Alberto, e sorridermi. «Lo vogliamo».
Vi è mai successo che un posto iniziasse a chiamarvi? Non so se è stata la casa, quella terrazza o tutto l’amore che quei giovani sposini avevano lasciato fra quelle mura, ma io, Arianna, Stefano, i suoi figli e i nostri gatti, non siamo mai stati così sereni come da quando viviamo qui.
Il 21 febbraio ho ottenuto il divorzio. Fra poco, la casa sarà nostra a tutti gli effetti. La mia amica Roberta è tornata allegramente nella nostra vita. Arianna è una splendida ventenne innamorata. Io e Stefano passiamo ore a cantare e suonare insieme. Di tanto in tanto, quando mi sveglio presto, durante la bella stagione, salgo in terrazza a guardare l’alba, a salutare il sole, a ringraziare Dio di questa seconda opportunità. E capita che mi giri di scatto, con la sensazione lieve che qualcuno sia lì con me, che mi osservi in silenzio e sorrida.
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