Il sale (cloruro di sodio) è l’insaporitore per eccellenza, una sostanza che aiuta a conservare gli alimenti in modo naturale e la fonte di un minerale, il sodio appunto, essenziale per la vita. Alle giuste dosi, però. Superati certi limiti, ciò che è benefico si trasforma in veleno, come accade quasi sempre.
Quando il sale nella dieta è troppo, i livelli di sodio nel corpo eccedono infatti i parametri di normalità e la salute subisce conseguenze importanti: si alza la pressione sanguigna, con la conseguente predisposizione a malattie cardiovascolari quali infarto e ictus, peggiora la funzionalità renale, lievitano i gonfiori legati alla ritenzione di liquidi, mentre le ossa tendono a diventare più fragili, perché viene stimolata l’eliminazione del calcio attraverso le urine.
Uno sguardo ai numeri restituisce le proporzioni del problema nel nostro Paese, dove il sale nella dieta è fin troppo presente. Secondo le stime del Ministero della Salute, il 90% degli italiani consuma ogni giorno oltre il doppio della quota di sale segnalata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come tetto raccomandabile: gli uomini arrivano a introdurre in media più di 10 grammi di sale al dì, le donne 8, quando tutti ci dovremmo attestare intorno ai 5 grammi di sale quotidiani al massimo. E pensare che basterebbe rispettare le linee guida dell’OMS per abbattere del 23% il rischio di ictus e del 15% quello di malattie ischemiche e cardiovascolari.
Se stai pensando di correre ai ripari alleggerendo innanzitutto la presa di sale che butti nell’acqua della pasta, tieni presente che il quantitativo di sale aggiunto ai cibi incide sì, ma è meno consistente rispetto a quello nascosto negli alimenti, soprattutto in quelli trasformati e pronti: a loro si deve il 70% di tutto il sodio che incameriamo.
Ricchissimi di sale sono il pane e tutti i prodotti da forno, dolci inclusi, i formaggi (anche il parmigiano che spolverizzi sugli spaghetti), i salumi, i dadi da brodo, le minestre liofilizzate, i cibi in scatola (dal tonno ai legumi), gli snack e gli stuzzichini da aperitivo, certi cereali per la colazione, polpette e hamburger vegetali e le varie salse.
Per mantenere nei limiti consigliati l’apporto di sale, occorre quindi lavorare su due fronti: da un lato diminuire il consumo degli alimenti che racchiudono grandi concentrazioni di sodio e dall’altro contenere il sale utilizzato per condire. Se la riduzione del sale sarà graduale, contraendo gli acquisti di cibi pronti e togliendo ogni giorno qualche grano al pugnetto di sale grosso che aggiungi all’acqua di cottura, il palato non percepirà differenze e la ricerca di cibi particolarmente “sapidi” si farà meno marcata.
Ridurre il sale poi non significa rinunciare al sapore. L’obiettivo di dare un taglio al sale in sovrappiù può anzi tradursi in un’occasione per far spazio ad altri ingredienti, capaci di dare carattere ai cibi e al contempo rendere ancora più salutari le tue ricette.
Al posto del sale, un mix di curcuma e pepe nero condisce degnamente insalate miste e altre verdure, la maggiorana è ottima nelle frittate, aneto, zenzero, coriandolo e cumino esaltano certi piatti ispirati all’oriente, mentre una marinatura con succo di limone o aceto riesce a rendere superfluo il sale aggiunto in tante preparazioni a base di pesce. Basilico, aglio, prezzemolo sono altri alleati naturali del gusto, adatti ad aromatizzare sia i primi che le carni. E per insaporire la pasta o i ravioli non sottovalutare la frutta in guscio: noci, mandorle, nocciole, pinoli, variamente combinati e trasformati in creme e sughi, sono un complemento perfetto per i primi piatti, perché integrano i carboidrati con fibre e proteine.
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