So di toccare un argomento scomodo di cui si parla malvolentieri, ma non c’è forse evento al mondo capace di dividere e unire nello stesso tempo le donne, quanto la gravidanza. Sì, proprio quell’essere madri in potenza che accomuna tutte noi, nella realtà scatena invidie ed è capace di sfaldare amicizie decennali come anche di cementarne di nuove.
«Hai visto la tale che pancia le è rimasta dopo la gravidanza?», «Poverina, con la vita che fa, più che parlare di figli non riesce a fare…» sono solo alcuni dei “benevoli” commenti che ciascuna di noi avrà sentito sulla poveretta di turno che ha appena partorito.
E viceversa: «cosa vuoi che ne capisca lei che non ha figli, deve pensare solo a se stessa» è la sentenza con cui vengono bollate tutte le sventurate che non sono madri.
Diciamo la verità: la maternità è un muro che quando si salta non si può più tornare indietro e come tutti i muri separa, spacca in due l’universo femminile tra chi è madre, chi non lo è ma vorrebbe esserlo e chi proprio non ci pensa a diventarlo.
Sull’ultimo numero di Confidenze la storia vera raccolta da Rossana Campisi L’invidia della pancia affronta proprio questo tema, partendo dalla vicenda personale di due amiche che si sono sottoposte entrambe alle estenuanti cure per la procreazione assistita: alla fine una resta incinta e l’altra no. Ma anche senza spingersi nei dolorosi meandri della fecondazione artificiale, tutte noi abbiamo sperimentato sentimenti ed emozioni conflittuali davanti a quel magico evento che è la gravidanza.
La prima volta che una mia amica restò incinta (a 28 anni, non a 18) pensai: “poveretta, ma chi glielo fa fare” ma ero ancora in quel periodo della vita in cui il progetto di un figlio non ti sfiora neanche la mente e i passeggini che incontri lungo i marciapiedi sono solo un inciampo.
Poi via via, le mie amiche storiche hanno cominciato a far figli (non tutte, per fortuna) e io mi sono ritrovata di volta in volta a regalare tutine, copertine e ninnoli vari, cercando di partecipare in cuor mio a una gioia che riuscivo solo in parte a condividere. Gli incontri con loro si sono diradati e io ho avuto la sensazione che per loro fossi ormai un essere di un altro pianeta.
Ma quando è scattato in me l’orologio biologico allora tutto è cambiato, e il desiderio di essere madre è diventato totalizzante. Allora sì che ho provato invidia, ma non per una persona in particolare, ma per una condizione, uno stato di grazia che è impossibile spiegare a parole, bisogna solo avere la fortuna di viverlo.
Così anch’io ho saltato quel muro, però, a differenza di altre, non mi sono dimenticata di chi è rimasto dall’altra parte, non ho fatto della maternità il discrimine delle mie amicizie e se oggi guardo alle mie più care amiche, posso dirvi che molte di loro non hanno avuto figli, ma non per questo abbiamo smesso di frequentarci.
Certo è difficile, perché si hanno più cose in comune con chi condivide i tuoi stessi problemi: andare a prendere i figli a scuola, non poter uscire per happy hours e cinema serali perché i bambini ti aspettano a casa, doverli seguire nei compiti durante i weekend invece di andare a fare shopping, ma quando un’amicizia è vera ci si sforza di tenerla viva e farla evolvere al di là della vita personale di ciascuna.
Ammetto, non con tutte ci sono riuscita, ma per qualche amica che si è persa per strada, ne sono arrivate di nuove. Sì, perché avrete sperimentato anche voi come la maternità si trasformi in un grande volano di relazioni sociali: quei pomeriggi infiniti ai giardinetti diventano terreno di coltura per stringere nuovi legami di amicizia, cementati da feste di compleanno, riunioni scolastiche, appuntamenti sportivi e quant’altro e allora sì che la maternità unisce e non divide. Morale? Noi donne dovremmo imparare a diventare più solidali, a condividere le gioie dell’una e dell’altra e a smettere di guardarci in cagnesco.
E voi cosa pensate? Avete sperimentato l’invidia delle pance? O siete riuscite a uscirne esenti?
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