“È difficile aggiungere ad Anne Frank qualcosa su Anne Frank. È difficile trovare cose – parole o immagini – che dicano sulla vittima-simbolo della Shoah più di quanto non abbia detto lei stessa nei suoi diari di giovane ebrea destinata allo sterminio. Dal chiuso del suo ‘alloggio segreto’ nella Amsterdam occupata dai tedeschi, e con l’incredibile maturità dei suoi quattordici o quindici anni.
A lungo conosciuto come ‘il diario di Anne Frank’, ormai da un ventennio il documento ritrovato nel nascondiglio di Prinsengracht 263 è apparso come un palinsesto di diari: oltre al testo scritto di getto, un secondo diario che Anne riscrisse prima di essere deportata ad Auschwitz, e il collage dei due originali riunito dopo la guerra dal padre Otto, l’unico sopravvissuto alla famiglia Frank.
Dunque, un documento più stratificato e complesso di quanto fosse sembrato per quasi mezzo secolo. E talmente ricco nella sua natura di opera evolutiva, aperta, da rendere perigliosa qualunque iniziativa di illustrazione o di spiegazione, di rielaborazione o di commento. Come per Primo Levi, così per Anne Frank ogni parola in più rischia di essere una parola di troppo”.
Se è vero che il giornalismo è scienza del contingente e della quotidianità in nessun modo, oggi, si può evitare di scrivere, anche in uno spazio dedicato alla letteratura molto spesso di evasione, un articolo, un post, un commento, una parola per Anna Frank.
L’immagine della giovane vittima dell’olocausto ritoccata dalla tifoseria laziale (alla foto in bianco e nero che tutti abbiamo imparato a riconoscere e amare è stata fatta ‘indossare’ la maglia giallorossa della Roma, squadra antagonista) è rimbalzata su tutti i media, nazionali e non solo. Sui social la polemica e lo sdegno sono virali, e si avverte lo stupore: come è possibile che ancora esistano forme di odio e razzismo così devastanti, vergognose, povere?
Se qualcosa di positivo si può cogliere è che si sia tornati a parlare in modo massiccio, nonostante il giorno della Memoria cada il 27 di gennaio, del pericolo che ancora e sempre aleggia: la superiorità di una razza sulle altre e le aberrazioni che da questa convinzione derivano.
Oltre alla lettura del Diario consiglio la splendida trasposizione a fumetti di Jacobson e Colón, un’opera delicata, attenta, puntuale. Può essere un buon modo per far conoscere anche ai bambini più piccoli i giorni pieni di speranza di una famiglia e poi la paura, l’impotenza.
Scrive bene Sergio Luzzatto nella prefazione “ogni parola in più rischia di essere una parola di troppo”.
Nostro dovere è far sì che le nuove generazioni sappiano. Nostro dovere è liberare con il ricordo costante – e la difesa di ogni uomo, donna e bambino in difficoltà – Anna.
Sid Jacobson e Ernie Colón, Anne Frank, Rizzoli Lizard
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