Amori estivi: a volte tornano…

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Nelle storie vere, Orsolina Guerri ci racconta di una vacanza esotica e di una visita inaspettata al rientro in città. Io invece condivido con voi un episodio di tanto tempo fa

Cosa succede quando un amore estivo che credevate esauritosi con la vacanza, si materializza in città, irrompendo nella vostra routine quotidiana?

Fino a un po’ di tempo fa era raro che ciò accadesse, ma da quando i viaggi esotici sono diventati di moda e le donne che girano il mondo da sole non fanno più notizia, il rischio di aprire la porta e trovarsi di fronte l’indigeno di turno è aumentato (complice anche, direi la speranza di coronare il sogno d’amore con un bel permesso di soggiorno).

Su Confidenze Orsolina Guerri ci racconta con il consueto brio, nella storia Il rientro, i risvolti inattesi di un tour esotico alle isole Hawaii di due mature signore, qui invece voglio condividere con voi un episodio della mia vita familiare che risale a tanto tempo fa.

Erano gli anni delle vacanze in Grecia, quando io, mia sorella e le nostre amiche, forti dei nostri vent’anni, partivamo zaino in spalla per affrontare viaggi epici in traghetto, in un peregrinare da un’isoletta all’altra alla ricerca della mitica “stanza” che sarebbe stata il nostro rifugio per la vacanza.

Fu in una di queste occasioni che mia sorella fece conoscenza, diciamo così ravvicinata, con un ragazzo finlandese; la frequentazione durò un paio di settimane e come da copione si concluse con il classico scambio di indirizzo e numero di telefono (un’operazione di facciata, che si faceva più per mera cortesia che per convinzione sul proseguo della storia).

A ogni modo io e mia sorella tornammo alla nostra solita vita e nessuno si sarebbe mai aspettato che in un pomeriggio del mese di settembre di un normalissimo giorno feriale, suonasse il citofono e dell’altra parte si sentisse dire in perfetto inglese: “Hello, Silvia? I’, m Phasi from Finland“.

Ricordo ancora l’espressione di stupore e incredulità dipinta sul volto di mia sorella che a stento credeva ai suoi occhi e continuava a guardare la telecamera del videocitofono come se si trattasse di un film.

Riconosciuto il vichingo, non ci restò altro da fare che accoglierlo in casa (in quel momento nostra mamma era impegnata in una provvidenziale riunione a scuola) e nel frattempo organizzare una strategia per motivare la sua presenza in casa con i nostri genitori. Mia sorella infatti, si era guardata bene dal raccontare in famiglia le sue gesta con il finlandese, su cui non le era mai passato per la testa di fare alcun affidamento per il futuro.

Intanto, per non smentire la nomea dei nordici capaci di muoversi e orientarsi con facilità in ogni città, Il giovane Phasi, a ventun’ anni, aveva prima preso alloggio presso l’Ostello della gioventù di Milano (che si trovava dall’altra parte della città) e poi, cartina alla mano, aveva trovato il tram che portava nella nostra zona ed era sceso alla fermata giusta, vicino a casa nostra. Insomma, aveva dimostrato di essere un viaggiatore provetto e vederlo già così autonomo e organizzato ci fece tirare un sospiro di sollievo. Il danno era limitato.

Così, mentre mia sorella con una fuga strategica portava il finlandese in visita per la città, ci fu tempo per avvisare mamma e papà che avremmo avuto ospiti a cena quella sera e anche per i giorni successivi.

Devo dire che i miei la presero bene, capirono al volo l’antifona, ma con nonchalance voltarono la faccenda come un’occasione in più per fare pratica con l’inglese e dimostrare l’ospitalità italiana.

Phasi bazzicò per casa per un paio di giorni, facendoci vedere le foto della sua famiglia e altri convenevoli, poi riprese il treno per proseguire il suo viaggio in Italia, verso Venezia e Firenze. Di lui non abbiamo saputo più niente.

 

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