La storia più apprezzata questa settimana sulla pagina Facebook è “In viaggio con me stessa” di Lucia di Gregorio, pubblicata sul n. 14. Vi riproponiamo il testo qui, sul blog, e alcuni scatti sul profilo Instagram di Confidenze
A cinquant’anni sono partita per un giro del mondo in solitaria. Avevo una missione: ricominciare da me, investendo nei sogni che da sempre inseguo
Storia vera di Loredana Scaiano raccolta da Lucia di Gregorio
Cinquant’anni non sono solo mezzo secolo. Sono un vero e proprio giro di boa, una sorta di tornello virtuale attraverso cui passare, obliterando un biglietto che racchiude la vita fino a quel momento condotta. E per quanto la società ci indottrini verso una felicità preconfezionata, fatta di quadratini da riempire, è con l’avvicinarsi dei cinquant’anni che fai il bilancio più importante: quello con te stessa. Ho due figli universitari, un lavoro da professoressa, una bella casa nella periferia di Tricarico, piccolo borgo in provincia di Matera, due cani, svariati gatti e tanti interessi. Una vita normale, insomma. Ma la quotidianità, il ripetersi stanco degli eventi apre piano piano una crepa nel mio animo di donna felice, affamata di vita. Vado avanti perché gli obblighi morali di moglie e madre così mi impongono e mi racconto che la mia è solo una crisi passeggera. Quante bugie sappiamo raccontare a noi stessi… Nel giro di un anno, invece, la mia vita cambia, radicalmente: mia madre, scoperta una grave patologia, muore improvvisamente. Non ho avuto neppure il tempo di abituarmi all’idea che un giorno non l’avrei avuta più con me. Contemporaneamente, anche il mio matrimonio, che dura da quasi vent’anni, finisce, tra lo sgomento di parenti e amici. I miei figli, ormai grandi, sono lontani da casa, a inseguire le proprie esperienze. All’improvviso mi ritrovo sola, nella mia grande casa, in un silenzio rotto solo dall’abbaiare dei cani. Avrei potuto lasciarmi andare, ormai priva di stimoli e sicurezze, sarei potuta finire nel baratro della disperazione, preda del tedio e di quella noia che da sempre rifuggo. Invece, ho scelto di ricominciare da me, da quella Loredana affamata di vita, investendo nei desideri che ancora voglio concretizzare, nei sogni che da sempre inseguo. Mi imbatto per caso in un testo strabiliante, in cui si parla di una donna, Ida Pfeiffer, che quasi due secoli fa, dopo aver accudito marito e figli, parte da Vienna all’età di quarantanove anni per un giro intorno al mondo, lasciando sgomenti benpensanti e bigotti. Di quel viaggio, affascinante e assai istruttivo, la caparbia Ida ha lasciato traccia in uno scritto, che io divoro avidamente nella mia ritrovata solitudine: leggo, prendo appunti, consulto mappe e mi guardo dentro. Sono affascinata da questa donna anticonvenzionale, che da bambina valutava di gran lunga superiori alle bambole, i tamburi o i giochi con pistole e spade. Ida, che a dodici anni voltava le spalle al passaggio di Napoleone! Nel 1800, dunque, esistevano donne con gli attributi, mentre oggi, il femminismo è degenerato in una effimera lotta di genere, che non ha portato alcun risultato. Le parole di Ida sono una sferzata di adrenalina, sono la spinta ultima che cercavo per compiere la mia personale battaglia. Anch’io voglio partire, voglio fare il giro del mondo, in solitaria, e toccare gli stessi luoghi di Ida Pfeiffer. All’inizio è solo una idea che mi ronza in testa e della quale ho pudore anche a parlarne. Ma il seme della scoperta è attecchito dentro di me e in maniera febbrile la mia ricerca di voli, coincidenze, ostelli, continua. Mi sembra di essere sul set di Mangia Prega Ama, il film che racconta la storia di Elisabeth Gilbert, donna tenace e sensibile, che trova il suo equilibrio saltando da un continente all’altro. Per molti è una pazzia: da sola in giro con lo zaino in spalla? Una donna? Impossibile! E poi c’è tutta la parte burocratica da organizzare: vaccini, visti e la domanda per l’aspettativa da presentare a scuola. Ma nulla più può fermarmi: questo viaggio ora è una sfida. O forse una missione, al cui fondo c’è la ricerca di me stessa, del mio personale progetto di vita, che devo necessariamente compiere prima che sia troppo tardi, in un’età in cui probabilmente, per la maggior parte delle persone, è già veramente tardi. Ne sono consapevole, ma ho scoperto sulla mia pelle che, prima o poi, la vita chiede il conto e in un momento, tutte le scelte fatte adeguandosi a un sistema precostituito, ti vomitano addosso la loro effimera pesantezza. Tuttavia, ho bisogno di rassicurare i miei cari e di tranquillizzare me stessa. Avrò con me il cellulare, certo. Ma tra fusi orari diversi e problemi di connessione, potrei perdere i contatti con la mia famiglia. Anche a distanza, invece, loro vogliono seguirmi, monitorarmi. Nasce così l’idea di un blog, il mio blog, dedicato alla donna che mi ha ispirato una simile impresa: Idaviaggiadasola, un nome che è una promessa, una speranza, un impegno da mantenere. Lo aggiornerò con foto, riflessioni, scatti rubati. Sarà il mio diario di bordo, il mio confidente per sei mesi. È tutto pronto: il 28 febbraio parto. Non potrò mai dimenticare la notte prima di chiudere la porta di casa alle mie spalle: tanti i pensieri, le sensazioni. Paura sicuramente, ma anche curiosità, aspettative, domande, per il viaggio più importante della mia vita: quello all’interno di me stessa. Quattro i continenti toccati, numerosi i Paesi visitati. Il Brasile, l’isola di Pasqua, la Polinesia francese e ancora Singapore, Sri Lanka, India, Emirati Arabi, Iran, Armenia, Turchia, l’isola di Corfù. Difficile chiedermi quello che ho amato di più: a differenza dei viaggi organizzati, infatti, io non ho dormito quasi mai in alberghi, ma spesso in ostelli. A volte mi hanno ospitato persone del posto, incuriosite dalla mia storia e affascinati dal mio coraggio. Il ricordo che ho dei tanti posti visitati, perciò, è legato in maniera indissolubile, anche ai rapporti umani che lì ho stretto. In Sri Lanka, per esempio, mi sono scontrata con una mentalità fortemente maschilista. Unica donna, per di più bianca e sola, ho dovuto difendermi da continue molestie, seppure solo verbali. Da un lato, questi episodi mi hanno scossa, dall’altro, hanno dato un’ulteriore spinta alla mia dignità di donna e alla volontà di proseguire per dimostrare che una donna sola può e deve fare ciò che vuole, anche se si tratta del giro del mondo. Subito dopo sono stata in India, dove, invece, ho trovato una pace e una spiritualità che non riesco a spiegare a parole: i sorrisi sdentati dei vecchi dinanzi ai templi mi accompagnano ancora oggi. Se qualche volta ho pensato di mollare? Mai, neppure quando sono stata male e in Armenia ho dovuto ricoverarmi. Ero a un passo dalla meta, pochi chilometri e sarei arrivata in Grecia, la mia ultima destinazione, un cuscinetto per ammortizzare i pensieri, un bicchiere nel quale far decantare paure ed emozioni. Cosa ho imparato da questa esperienza? Che se vogliamo fortemente qualcosa, la otteniamo, anche se abbiamo tutti contro. Ma soprattutto, ho avuto la certezza che il mondo, visto da vicino, è meno cattivo di come ci viene raccontato.
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