“Tra le relazioni d’amore, ce n’è una che è fondamentale nella nostra vita, all’interno della quale dovremmo sperimentare il massimo del bene possibile: quella con i genitori. E questa è una relazione che non si sceglie. Da cui non è possibile fare un passo indietro. Chi è mia madre per me? E mio padre? E che cosa sono io per lui o lei? Intorno a queste domande si concentra una frazione molto rilevante della nostra vita intrapsichica, nel corso del nostro intero ciclo vitale. Chi ha avuto a disposizione una madre e/o un padre capaci di fornire accudimento e amore, di sostenere la crescita con la giusta dose di norme e affetto, probabilmente non avrà dovuto spendere poi molto tempo per rielaborare e gestire, una volta adulto, la relazione con i propri genitori. Ma per molti non è così. Non sempre i genitori sanno essere la persona che serve al proprio figlio. A volte anzi sono l’esatto contrario. Manipolatori, ansiosi, trascuranti, violenti, rigidi, pretenziosi, abusanti: la relazione con un genitore può diventare disfunzionale per i più diversi motivi. E quasi sempre tale disfunzionalità risiede in tratti irrisolti delle relazioni da cui gli stessi genitori provengono. Seppur possibile, è comunque complesso essere un buon padre o una buona madre se il padre e la madre da cui sei nato non lo sono stati con te. Chi fa il lavoro dello psicoterapeuta si confronta ogni giorno con persone che hanno una ferita antica. A volte non si tratta di grandi traumi, di eventi enormi che hanno cambiato il corso dell’esistenza. Spesso, la disfunzionalità nella relazione con un genitore è fatta di sgocciolamenti continui che come il supplizio di Tantalo erodono la roccia su cui ciascuno costruisce il senso di sé. (…) Spesso, chi entra nella stanza del terapeuta, se potesse farlo, cambierebbe i genitori da cui è nato”.
Alberto Pellai è medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva. Insieme alla moglie, e madre dei loro quattro figli, Barbara Tamborini, psicopedagogista e scrittrice, ha appena pubblicato questo interessantissimo esperimento editoriale: un romanzo che nello stesso tempo è anche un manuale che ripercorre le fasi e gli assunti sui quali insiste la teoria dell’attaccamento di John Bowlby: “Anche per chi non è psicoterapeuta, la teoria dell’attaccamento offre infiniti spunti per comprendere i nodi e gli snodi della propria storia di vita, dei propri punti di forza e debolezza, delle relazioni efficaci e di quelle fallimentari di cui siamo protagonisti”.
Angela nasce in Sicilia negli anni ’50. È la quarta figlia di Costanza e Gaetano. Già dalla nascita il legame con il corpo e con l’animo materno, ma anche paterno, è distaccato. Costanza è la pecora nera, è il punching ball delle infelicità di tutti i membri, è lo spigolo contro il quale sbattere la testa nel momento del malcontento. Costanza è l’esempio perfetto, narrato dai due esperti con grande bravura, di come un bambino rifiutato emotivamente arriverà, crescendo, a rifiutare e a rifiutarsi. A imbastire relazioni disfunzionali, immature, rabbiose, contorte. Chi è stato giudicato e additato sarà affamato dell’unico amore che conosce: quello che non è mosso da affetto, quello disturbato. E tenderà a ripeterlo anche con i propri figli.
Alla fine di ogni capitolo narrativo, alcune pagine di scorrevole lettura spiegano dove si nasconde la trappola del disincanto. Piccoli consigli indicano una strada di facile accesso per comprendere in quale fase della nostra storia può essersi inceppata la relazione ‘buona’ con i nostri genitori. E ci spiegano perché la colpa non è nostra: non essere accolti da una madre o da un padre è responsabilità loro e, a catena, del loro vissuto; noi non siamo colpevoli dell’inadeguatezza altrui. Schede cinematografiche completano il quadro: non solo la storia di Angela, ma anche un film può essere la chiave per accedere al nostro passato e capirlo meglio.
Tutto è perduto? No, ci dicono Pellai e la Tamborini. La catena di montaggio dell’insofferenza e dell’infelicità si può interrompere. Con grande fatica, facendo un lavoro immenso su noi stessi, accettando la possibilità, il miracolo, che qualcuno ci ami. Che ci ami per davvero. Ed è una lingua sconosciuta, fatta di alfabeti vocali e fisici, che dobbiamo imparare a capire e a parlare.
Alberto Pellai e Barbara Tamborini, Zitta!, Mondadori
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