Chi ha dimestichezza con i sentieri alpini sa che anche a 2.000 metri non è raro imbattersi in pennuti da cortile che vi sbarrano il passaggio, specie se nei dintorni ci sono baite e alpeggi dove il prezioso apporto delle uova e della carne da pollame fa la differenza ed evita di scendere a valle a far la spesa. Così mi ha molto divertito leggere su Confidenze la storia vera Il Gallo Cedrone raccolta da Silvia Di Natale, la nostra autrice dall’anima naturalista. Anche a me anni fa capitò un episodio simile che per anni fu poi causa di recriminazioni familiari.
Ero di ritorno da un’escursione in un rifugio con mia sorella e là dove il sentiero da capre si apre in un’ampia vallata contornata da prati verdi e alpeggi, appena uscite dal bosco ci imbattemmo in un gruppetto di galline capitanate da un gallo. Io e mia sorella ci arrestammo di botto, il nostro animo cittadino ebbe la meglio e non avendo mai avuto un incontro ravvicinato con una gallina cominciammo a studiare che strategia adottare. Naturalmente la nostra presenza non passò inosservata e per quanto cercassimo di procedere a passo felpato, le galline avevano cominciato a starnazzarci intorno incuriosite e per nulla intimidite. Più io dicevo a mia sorella «aspetta, vai più piano» più loro serravano le fila correndoci dietro.
Fu forse a quel punto che io mi fermai per lasciarle passare, lasciando andare avanti mia sorella, con il risultato che lei venne presa a beccate dal gallo sul polpaccio. L’attacco fu rapido e fulmineo, io non mi accorsi di niente, sentii solo gridare «aiuto, mi ha beccato, aiuto». Poi la vidi correre giù dal pendio con l’agilità degna di una gazzella inseguita da un leone. In tutto questo vociare le galline si erano disperse in tante direzioni e il gallo era ormai impegnato a inseguirle, quando toccò a me passare. Trovai mia sorella ferma a un ruscello, che si passava l’acqua fresca sui graffi e le beccate, e non appena mi vide arrivare cominciò a inveirmi contro, forse per lo spavento o l’assurdità della situazione, dicendo che l’avevo abbandonata nel momento del bisogno, dandomela a gambe nel più bieco dei modi.
Da allora abbiamo ricordato tante volte questa scenetta e devo dire che un po’ di ragione lei ce l’aveva. Io davanti a quell’attacco fulminante mi ero come paralizzata e invece di esserle di aiuto ero rimasta ferma come una statua di sale, lasciandomi sopraffare dal puro istinto di conservazione che mi suggeriva di tenermi fuori dalla mischia. Fortunatamente la disavventura per mia sorella si concluse solo con qualche graffio sulla gamba e un po’ di spavento, ma da allora io giro al largo da pollai e pennuti ancora più di prima e lei con me.
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