Disprezzo quelli che amano e odiano per categorie in base all’etnia, al rango, all’aspetto… c’è sotto un complesso d’inferiorità, cui si crede di rimediare assumendo un’identità razzista o sessista, che li fa sentire qualcuno: Per schifo che io faccia, un intero popolo, un intero genere è peggiore di me. Ma va tutto bene finché i cattivi sono gli altri, il brutto è quando mi becco sul fatto, e ritrovo in me i pregiudizi di cui accuso il prossimo.
Ecco come ho conosciuto la scrittrice Melanie F., che allora si chiamava Melanie Moore. Era il 1999, e si definiva guerra la gratuita aggressione alla ex-Jugoslavia. I paesi più ricchi si erano messi a bombardare quelli più poveri, per il loro bene. Una guerra agli ospedali, ai treni che trasportavano uomini e oche, ai ponti, al Danubio, ai vecchi nei loro giardinetti. Perché Milosevic era cattivo, e noi che eravamo buoni distruggevamo un paese. Si chiamava guerra umanitaria. Io mi vergognavo: prima avevo nome e cognome, ora ero gli Italiani, quelli che si erano uniti al crimine. L’informazione, complice, salvo Santoro e pochi altri.
Trovai una straordinaria interlocutrice in una giornalista svizzera , un’intellettuale preparatissima, che conoscevo solo per telefono. Mi diceva cose illuminanti sulla guerra, e mi forniva informazioni. Una grande consolazione. Non sapevo che aspetto avesse, per me era una voce, la voce dell’intelligenza e dell’umanità. Poi finì la guerra e non ci sentimmo più. Un giorno vado in uno studio televisivo. Mi viene incontro tutta festosa una ragazza di una bellezza mozzafiato, fra Jessica Rabbitt e l’idea platonica della coniglietta: alta, bionda, occhi azzurri, tacchi da vertigine e abito da vamp: Sono Melanie! Io che già allora avevo dei vuoti di memoria, resto freddina, e non mi sogno nemmeno di collegare il suo nome a quello della geniale amica telefonica. Di soppiatto mi informo su chi diavolo sia- e capisco! La inseguo, la abbraccio…ma ormai mi ero scoperta in flagrante discriminazione: dunque per me come per i maschilisti di tutto il mondo, un’intellettuale doveva essere magrolina, vestita con discrezione…mai mi aveva sfiorato che quei discorsi ispirati e sapienti fossero pronunciati da una sventola da copertina. Non ho mai avuto il coraggio di confessarglielo, e solo ora le mando questo messaggio nella bottiglia. Da allora non ci siamo lasciate più, anche se Melanie vive a Dubai (la foto che vedete è tratta dal suo sito http://www.melanief.it/milano-24-gennaio-2017/).
Ho conosciuto Omar, il suo marito musulmano, i bambini, la guardo in televisione quando va da Chiambretti, spiazzando tutti con la sua irriverente innocenza, leggo i suoi libri sorprendenti. Ne parlerò un’altra volta, il tema di questo pezzo è il coming-out, che un tempo si chiamava confessione.
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