La più bella è la radio, che assolve dal corpo chi parla e chi ascolta. La radio è il racconto sulla sponda del letto, è l’infanzia. Dagli anni 90 per me la radio è la voce di Gianluca Nicoletti. Che le sue trasmissioni si chiamino Golem, Melog o Il treno va, ascolto da allora questo grande affabulatore anarchico, questo dèmone dalla voce ecclesiale che sovverte il buonsenso e il malsenso, ti strappa ogni alibi e intanto ti fa ridere – c’è sempre un ghigno da scherzo paesano dietro le sue teorie inaudite (Nicoletti da solo è tutta un’avanguardia) e come in una morality medievale di sfondo la morte, con la sua falce. Ascoltarlo è uno sport estremo, ma molto praticato.
Ci vuol coraggio anche a leggere i suoi libri: il suo scandalo è la sincerità. Anche l’ultimo Io, figlio di mio figlio lo ha dedicato a Tommy, suo figlio, il bel gigante autistico dai capelli rossi che è diventato il centro della sua vita, anzi la sua vita.
Nell’eterna angoscia- che farà quando io e sua madre saremo morti? Lottando con altri genitori di autistici per il futuro dei figli, osando esperimenti come portarli a cavallo per le campagne e nei letti dei fiumi, e scoprendo che questi cervelli ribelli all’aperto, liberi, nell’avventura, erano pieni di gioia e non avevano i soliti disturbi.
Una militanza che cambia i rapporti col mondo. Parlando dell’ostilità inspiegabile di un fratello, scrive: la trappola è farsi domande su ciò che non capiamo degli altri: (…) ho troppo poco tempo davanti e devo pensare a che sarà di Tommy dopo di me.
Nicoletti non ha badato a suo figlio, ci si è buttato dentro a capofitto, ne ha fatto la sua ispirazione – parafrasando Casanova, Tommy è il mio argomento, e il mio argomento è tutta la mia vita. Lo ha sentito, lo ha studiato, rivoluzionando molte credenze sull’autismo.
Tommy è l’unico col quale si capisce veramente. Quel gigantone riccioluto è diventato il metro con cui prendo le misure del mio prossimo, della mia giornata, dei miei pensieri. Ammira la sua sobrietà, perché è immune dalla finzione sociale. Mi resi conto di quanto fosse esemplare il suo disinteresse ad adeguarsi al pensiero altrui. Tommy diventa un modello inimitabile, al quale il padre cerca di accostarsi: e qui la confessione inaudita, la rivolta radicale contro gli inchini che ci facciamo, l’interesse fittizio di cui gratifichiamo gli altri.
Nicoletti si dichiara autistico. I test che mi consegnano allo spettro dell’autismo è diventato il mio salvacondotto alla sfrontatezza. (…) L’ho immaginata come la mia patente di matto cui tutto è consentito. (…) Non riesco più a mediare fra ciò che penso e ciò che dico (…).un po’ meno ipocrisia nel fingersi interessato alle vicende altrui?
Le vie della libertà sono infinite ma le trova solo chi aspira all’essenziale, chi sa trasformare il dolore in creazione, assoluto, scoperta.
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