Anche gli ottimisti più incalliti (gruppetto in cui mi inserisco) non possono negarlo: il periodo non è per niente roseo. Tant’è che sorridere alla vita sta diventando un’impresa ciclopica, a meno che non si sia dotati di una grande, immensa Fiducia nel futuro (è il titolo di un articolo che trovate su Confidenze in edicola adesso).
In effetti, alzarsi alla mattina e sentirsi carichi di positività negli ultimi tempi è abbastanza difficile. Ma siccome non si può (e non si deve) soccombere, nel mio piccolo cerco ogni giorno qualche spunto per tentare di sopravvivere al meglio. O alla meno peggio, a seconda dei risultati dei miei sforzi.
La prima strategia a cui ricorro è pensare che non è vero che nel passato le esistenze fossero migliori delle nostre, anzi. Vai nella Loira, visiti castelli da favola e immagini come fosse bello abitarli. Poi, abbandoni il romanticismo e ti viene in mente che erano umidi più di una spugna inzuppata. Freddi come un freezer. Privi di acqua calda ed elettricità. Inoltre, sporchi lerci, con tendaggi infestati dagli acari e pieni di “ricordini” dei cavalli nelle corti.
A questo punto, penso che anche dopo una giornata infernale, angosciata dal lavoro traballante, le commissioni da sbrigare e l’ansia di non farcela a tirare fine mese, rifugiarmi in una casetta calda, farmi una bella doccia e accendere la tivù mi possa regalare un momento di relax che nessuna castellana si è mai sognata.
Voglio abbracciare il pensiero positivo anche per quel che riguarda i giovani. I quali, tenerelli, è vero che non trovano lavoro e che faticano a metter su famiglia. Ma volete mettere quei poveretti che durante la Prima Guerra Mondiale, appena compivano 18 anni venivano spediti al fronte a far da bersaglio a una pallottola senza neanche sapere perché?
Il think pink prosegue con i rapporti umani. Soprattutto sui social prolificano accuse al prossimo, pronto a parlare male di te, a fuggire appena hai bisogno, a pensare solo al suo orticello. Per carità, c’è molto di vero in tutto questo. Ma nel Medioevo il soggetto non si limitava a dire una carognata sul tuo conto: se non avevi chi assaggiava i piatti per te appurando che non fossero avvelenatiti, l’ospite ti uccideva a tavola.
Chi mi conosce lo sa: parlo di tutto ma non di malattie. Però per questo post faccio una piccola eccezione, accennando solo al fatto che una volta per una febbriciattola finivi sotto terra. A 30 anni non avevi più un dente in bocca. E se per caso ti spaccavi una gamba, rimanevi zoppo fino alla fine dei tuoi giorni.
Ecco, queste riflessioni dovrebbero aiutarci a capire che nel futuro bisogna assolutamente avere fiducia. La storia, infatti, racconta di continui miglioramenti. A 360° e per tutti. Compresi i più sfortunati, in realtà un filino meno dei loro avi.
E sempre la storia racconta che l’essere umano si è sempre risollevato. Quindi, facendo mie le parole cult di Rossella O’Hara, vi saluto con un «Domani è un altro giorno», sicura che se non sarà domani, sarà dopodomani. Che sia vero o no, l’importante è continuare ad avere fiducia nel futuro.
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