È un pomeriggio di fine dicembre, in piazza Duomo a Milano hanno appena acceso l’albero di Natale ed è tutto uno sfavillare di luci, con quel senso di attesa delle feste che pervade l’aria. Sono alla presentazione di un libro, la sala è piena di tante persone venute ad ascoltare un progetto insolito: non è il solito romanzo o un saggio, ma un libro fatto di storie di persone. S’intitola Parole Fertili (a cura di Cristina Cenci e Francesco Dimitri, Mondadori Electa, Dicembre 2018, 16,90 euro) ed è un progetto sostenuto da IBSA farmaceutici, parla del viaggio alla ricerca di un figlio, un viaggio che per alcuni ha un inizio e una fine senza intoppi, e che per altri invece è irto di ostacoli, incidenti di percorso, partenze fallite e interrotte, oppure ha bisogno di qualcuno che ti guidi, che ti dia una spinta, mentre infine per alcuni non giunge mai a un punto di approdo.
Prima di diventare un libro Parole Fertili è stato, ed è tuttora, un blog, (www.parolefertili.it) perché la rete è come un grande confessionale anonimo dove però dietro la grata non c’è nessuno a giudicare, ma sconosciuti pronti a raccogliere la tua parola, a condividerla e arricchirla con la propria e a restituirla con un valore consolatorio.
E su un tema come la procreazione assistita le parole spese finora sono state molto poche. Non tanto dal punto di vista della scienza che negli anni è stata prodiga di informazioni, ma da quello della gente comune. Difficilmente chi non riesce ad avere figli lo racconta senza problemi, ci si sente con un “difetto di fabbrica” , sicuramente incompleti e persino chi è ricorso con successo alla fecondazione assistita è reticente a dirlo. L’argomento maternità diventa spesso uno di quei temi su cui è meglio non fare domande alle persone per non incorrere in gaffes.
Invece in questo libro 50 persone hanno fatto un dono speciale: il dono di se stessi, della propria vicenda personale, raccontando quel percorso fatto di attesa, condivisione, dolore, disperazione, gioia, invidia, speranza, tenacia, vergogna e di tutte le infinite sfumature che l’animo umano mette in campo quando c’è di mezzo l’attesa di un bambino (e che nel libro sono diventate hashtag per contrassegnare ogni storia).
Giovani donne e uomini che hanno attraversato o stanno ancora vivendo il calvario della fecondazione assistita. Eugenio Gardella – scrittore che al tema ha già dedicato un libro (Sei sempre stato qui, Sperling&Kupfer) – racconta il punto di vista maschile di fronte alla sofferenza della propria compagna, quei giorni, settimane e mesi scanditi tutti dalla stessa trepidante attesa che si scioglie nel nulla ogni volta. Il senso di impotenza di un uomo di fronte al mistero della vita, una sorta di fuoco sacro che detiene la donna.
E poi arriva la testimonianza di Manuela, che avrà sì e no 30 anni e racconta il giorno in cui le hanno telefonato dall’ospedale per dirle che i suoi pochi ovuli e gli spermatozoi del marito avevano prodotto tre embrioni e che doveva sottoporsi al transfert degli embrioni nell’utero. “Quello che prima mi sembrava un limite tremendo – non riuscire a concepire un figlio naturalmente- ora mi appare come un’occasione di portata eccezionale: ho potuto vedere il momento magico in cui io e loro ci siamo uniti”. In sala non vola una mosca, l’emozione è fortissima per tutti, finché prende la parola un’altra ragazza, Flaska, e alla fine del suo racconto l’applauso sarà quasi liberatorio. “Ho passato le sedici settimane più belle della nostra vita, fino a quando non mi si sono rotte le acque. Parto abortivo, dicevano, ma io ero lì con il corpo, ma con la mente non so ancora di preciso dove… Dopo di lei c’è stato l’abisso, la negazione dell’accaduto, l’invidia per tutte le altre che nemmeno sapevano com’erano rimaste incinta. Fino a che ho capito che dovevo ripartire da me e per me. Che sono una mamma anche se la società non ci contempla. Che ho provato l’amore più completo e incondizionato e che l’unico modo per far sì che venga ricordato e accolto è parlarne”.
Sono uscita da quella sala con le lacrime agli occhi, con una voglia matta di abbracciare mio figlio che mi aspettava a casa e la consapevolezza di come spesso si diano per scontate tante cose. Vi invito a leggere Parole Fertili e ad andare sul sito o alla Pagina Facebook
Su Confidenze di questa settimana trovate la storia vera Per lettera raccolta da Alessia Di Loreto, è la testimonianza di una coppia messa a dura prova dall’esasperata ricerca di un figlio, una goccia nel mare di storie che sono sicura ognuna di voi potrebbe portare sull’argomento.
E allora vorrei stringere in un abbraccio ideale tutte le mamme presenti, future o mancate, augurandovi Buon Natale.
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