Ha fatto bene l’Accademia della Crusca a sdoganare nell’italiano corrente espressioni come “siedi il bambino” o “esco il cane”?
Al di là del fatto che mezza Italia si è divertita in questi giorni a inventare le forme più originali di utilizzo di un verbo intransitivo nella forma transitiva, tra cui lo striscione provocatorio con la scritta “Scendeteli” (riferita alla nave Sea Watch ferma al largo di Siracusa) resta il fatto che la nostra lingua è ancora infarcita di tante forme popolari se non dialettali che né la colonizzazione della TV e né tanto meno la scuola sono riuscite a scalfire.
La lingua si sa è un organismo vivo che cresce e si adegua ai cambiamenti della società e alle sue contaminazioni. Dopo l’abbuffata di anglicismi degli anni 90, nessuno si stupisce più a sentire parlare di briefing e di slot liberi, quando si deve organizzare un riunione di lavoro, per non parlare dell’esercito di termini inglesi legati all’uso dalla tecnologia. Ma un conto è un’espressione straniera entrata nell’uso comune e un altro è l’uso scorretto di un verbo, anch’esso entrato nell’uso comune. In questo secondo caso non è segno di ignoranza e di una conoscenza sempre più scarsa della grammatica italiana?
Ma se i congiuntivi sbagliati di Di Maio non fanno più scandalo e quasi nessuno più si accorge dell’errore nel dire “a me mi piace” o “gli ho detto” al posto di “le ho detto” è proprio perché questi errori sono diventati così diffusi da non essere più percepiti come tali.
L’Accademia della Crusca ha chiuso il discorso precisando, per bocca del suo presidente Francesco Sabatini, che l’uso dei verbi intransitivi in forma transitiva “è marginale, regionale, non è dello standard italiano, quindi se lo usiamo dobbiamo capire che è colloquiale e popolare. Invece nei contesti in cui occorre un uso generale, affermato, riconosciuto, non ci sta bene“. Noi invece su questa connotazione regionale vi chiediamo di rispondere al nostro sondaggio: Conosci (e parli) il dialetto della tua Regione?
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