“Quanto Norman deve fare, in quella normale domenica, è lasciare la moglie che, peraltro, è la madre dei suoi figli. Niente di più e niente di meno. Sono mesi che ne parla. Quanto a Louise, lei non ha preteso niente: ha deciso, un giorno di cinque anni prima, di non pretendere più niente dagli uomini. È stato Norman a parlarne per primo, a proporre spontaneamente di metter fine a quella situazione equivoca, di finirla con le menzogne alla sua legittima sposa, con gli appuntamenti clandestini, con le telefonate interrotte precipitosamente mentre Louise rimane attaccata a una cornetta che le lancia nell’orecchio il segnale di occupato. Un giorno ha pensato che non poteva più andare avanti così, nel segreto, nella dissimulazione, negli abbracci che si abbreviano perché bisogna tornare al tetto coniugale, nelle notti che si cominciano e non si finiscono mai insieme, finirla con i baci sulle soglie, i contrattempi dell’ultimo momento, le scuse cui non crederebbe nemmeno un bambino, le spiegazioni confuse, le giustificazioni umilianti. Ha ritenuto che si dovesse fare chiarezza una volta per tutte, smetterla con le ipocrisie e dire la verità, la verità nuda e cruda, per quanto dolorosa, e arrivare alla rottura, alla separazione, all’abbandono. Louise ricorda che, quando ha sentito Norman fare la sua sparata come ormai se ne fanno soltanto a teatro, ignorava del tutto se fosse lei quella lasciata, o quella per la quale si lasciava un’altra. Soltanto alla fine, quando ha sentito il proprio nome attaccato a ‘voglio vivere con te’, ha ammesso che la prescelta era lei”.
Avete presente Nighthawks, I nottambuli, il quadro di Edward Hopper? Quello che ritrae un bar, il Phillies, all’incrocio di due strade, in una notte americana, il cameriere dietro al bancone, un uomo di spalle e, di tre quarti, un uomo e una donna vestita di rosso, seduti l’uno accanto all’altra?
Philippe Besson ha costruito un romanzo, breve ma intensissimo, dando vita e voce e una storia al barman e alla coppia seduta di fronte a lui. Louise sta aspettando Norman, l’uomo con il quale ha una relazione. Lui è sposato ma ha scelto lei. Mentre la donna attende lui sta lasciando la moglie. Ben, il barman, la conosce bene, è da tempo che la donna si siede lì. A un tratto il classico suono delle porte d’entrata dei locali americani annuncia un nuovo cliente. Ben resta senza fiato. Quando l’uomo si avvicina e prende posto accanto a Louise anche la sua reazione non è diversa: Stephen Townsend era il suo fidanzato, quando stavano insieme frequentavano quel posto, era il loro preferito, a Cape Cod. Poi Stephen un giorno le disse che era finita, che avrebbe sposato un’amica comune, Rachel. Se il mondo le crollò addosso? Certo. Ma dalle catastrofi d’amore, purtroppo o per fortuna, prima o poi ci si riprende. Per cadere in una nuova, spesso identica all’altra.
Non voglio anticiparvi altro, no, sarebbe un peccato. Vi invito a regalarvi un paio d’ore di lettura elegantissima e affilata come il bisturi di un chirurgo. La storia di Louise, il suo passato con Stephen, le modalità di un amore che ci tradisce, quelle di chi ci vuole regalare in fondo non sa neanche lui cosa, se un cuore o solo qualche battito sporadico, qualche aritmia innocua. E ancora le menzogne, la fuga, le altre sere in cui non ci si vedrà più. In ultimo, un possibile ritorno, da chi un tempo ci ha annientati. Ognuno ha la sua storia, ma “non si guarisce dalle ferite riaprendole”.
Philippe Besson, E le altre sere verrai? Guanda
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