“Spesso il buio che ci sta di fronte si trasforma in desiderio rabbioso di dominio. È difficile mantenere rispetto e considerazione nei riguardi di ciò che non conosciamo. O lo circondiamo di colori avvincenti e lo contempliamo con occhi malinconici, o siamo travolti dalla voglia di denudare il meccanismo, aprirlo e scardinarlo per capirlo. (…)
La questione dell’altro e dell’altrove però è complicata e ha ramificazioni infinite. Chi è l’altro? e l’altro è tale solo rispetto a me come persona singola, o si oppone alla cultura del popolo a cui appartengo, della comunità con cui divido le sorti? E come riconosco l’altro da me quando le identità tendono a sfumare, a mescolarsi, a intrecciarsi malignamente? O benignamente, secondo i punti di vista?
C’è chi pensa che questa mescolanza sia positiva e produca differenza e ricchezza; c’è chi invece la teme come il fumo negli occhi. Si tratta di una paura che deriva dalla debolezza o la sua forza sta nello sfuggire saggiamente all’omologazione indifferenziata che porterà alla estinzione culturale? Difficile la risposta. Ci sono Paesi che hanno saputo, come gli Stati Uniti, unire e amalgamare culture diversissime e creare un sentimento di identità robusto e riconoscibile. Ci sono Paesi invece che sono divenuti estranei a se stessi e sono ‘impazziti’ come fa la maionese quando l’uovo e l’olio non sono stati battuti con lo stesso ritmo. Hanno rifiutato l’altro a costo di morire asfissiati e hanno calcificato una cultura che è diventata morta e dura come la pietra”.
Una bella lettura, quella di questi viaggi della Maraini, viaggi narrati con una tensione letteraria che è la cifra dell’autrice, viaggiatrice nata da viaggiatori nati. Questa raccolta di partenze e di ritorni comincia con la A di Africa e termina con la Z di Auschwitz e percorre le strade del mondo, dell’oriente e dell’occidente, della pace e della guerra. È una lettura che ho fatto mia e che invito a fare vostra, cercando in voi il senso del viaggio.
Dai viaggi sono sempre tornata più povera. Più povera di pregiudizi, più povera di pensieri inutili, più povera di convinzioni arroganti, più povera di ignoranza. Da ogni viaggio sono tornata più piccola: grande è il mondo, grande è il cielo, lontanissimi sono il sole e la luna. Ogni luogo ha la sua camera con vista parziale ma infinita sull’universo.
Viaggiare mi ha insegnato a restare e poi ad ascoltare. Osservare un luogo nuovo, abituare la vista, l’olfatto, il gusto, tutti i sensi, mi ha resa infinitamente più povera di vizi e di limiti. Camminare lungo strade diverse, cercare di capirne e carpirne il senso e la direzione, superare l’ostacolo di lingue diverse, cercarne il significato utilizzando l’inglese solo come ultima spiaggia, lavorare e concentrarsi sui gesti, sui sorrisi.
Viaggiare, come leggere, è imparare l’arte e l’importanza del silenzio.
È viaggiando che ho imparato ad ascoltare e comprendere e apprezzare e ‘superare’. Ascoltare le persone, ‘superare’ le loro montagne che spesso bloccano la vista e sembrano chiudere l’orizzonte; ascoltare, e ‘superare’, i miei deserti.
Dacia Maraini, La seduzione dell’altrove, Rizzoli
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