“Però c’era qualcosa che non funzionava nella vita di Antonio, e Bettina se ne preoccupava. Certo, ora avevano una figlia e lui sembrava esserne sedotto. Erano una coppia realizzata, nella costruzione della famiglia, nell’impegno dei rispettivi lavori, nella congiuntura economica europea. Bettina aveva quarant’anni, suo marito quarantatré. Avevano progetti comuni che riguardavano come minimo i successivi trent’anni. Facevano poco l’amore, e non per colpa di Bettina. Cioè, lei non ne aveva voglia, ormai, con il marito, le sembrava addirittura un atto sconveniente. ‘Peccato che non si possa farlo lavorando a maglia”: era una battuta attribuita a Maria Teresa d’Austria, che pure aveva avuto sedici figli da Francesco I di Lorena. Le veniva in mente quando, una settimana sì e una no, si impegnavano a fare l’amore e Antonio ci metteva così tanto a venire che lei finiva per chiedersi: ma è lui che non ce la fa o sono io che non gli piaccio più? Le sarebbe riuscito più spontaneo accoppiarsi con qualche sconosciuto che la corteggiava, magari un turista – per i gardesani i turisti erano sempre stati una risorsa non solo economica ma anche erotica –, e in un paio di occasioni negli ultimi tempi le era effettivamente capitato, atti sessuali dimenticabili, utili solo a confermarle di essere ancora una preda ambita. Il sesso tra lei e Antonio non era più un’avventura, un’esplorazione del territorio altrui, una ricerca, ma era diventato una cosa meccanica in cui Bettina evitava di raggiungere l’orgasmo perché preferiva procurarselo da sola, immaginando scene in cui il marito non compariva mai. Non ho più entusiasmo, pensava, mi pare quasi una cosa da non fare. Antonio è troppo di famiglia. Lo sapevo, l’ho sempre saputo, ma ora è capitato anche a me: il tempo uccide ogni grande amore e lo trasforma in una famiglia, una cosa di genitori, nonni, zii, cugini, pratiche da sbrigare, medici, dentisti, hai pagato le tasse? ‘Ho perso interesse nella vita sessuale, ma non in quella coniugale’, le aveva detto un’amica, madre di tre figli, tutti con lo stesso marito. ‘Anch’io. Stessa cosa’, le aveva confessato Bettina”.
Di Camilla Baresani avevo letto un paio di libri che mi erano piaciuti (Un’estate fa e Sbadatamente ho fatto l’amore) e così quando ad inizio settembre, appena arrivata qui a Milano, ho visto che presentava il suo ultimo romanzo in una libreria di piazza Duomo, mi sono precipitata. Conversavano con lei Gian Arturo Ferrari e Paolo Mieli ed erano accorsi ad applaudirla personaggi che possono essere accostati ad una certa idea di cultura alta come Alain Elkann, Mario Luzzatto Fegiz e lo stesso presidente de La nave di Teseo, Mario Andreose. Mieli ha avuto parole di grandissima ammirazione verso il romanzo, valutazioni quasi extra-letterarie che mi hanno fatto saltare sulla sedia e acquistare subito una copia di Gelosia. Le lacrime finali della Baresani, dopo i vari ‘è in assoluto il libro-vita di Camilla’, ‘un testo formativo che nessuno può non tenere sul comodino’, ‘un finale inatteso e sconvolgente’, hanno fatto il resto: come una saetta mi sono precipitata nella mia nuova casa milanese e…e. Dunque. Camilla Baresani è davvero deliziosa, dal vivo. Elegante, misurata. Paolo Mieli ha parlato della gelosia in modo appropriato, disincantato, quasi commosso. Merita un plauso anche qui. Detto questo due righe veloci sulla trama: Antonio è nato a Capri, fa il rappresentante di prodotti bagno per gli hotel. Bettina vive sul lago di Garda, dove gestisce il campeggio Europeo. Sonia viene dal lago di Como. Ha un segreto doloroso. Il giovane Antonio e la giovane Bettina si innamorano e sposano e si trasferiscono a Desenzano, presso il camping. Antonio dopo un po’ decide di diventare imprenditore e si trasferisce a Milano. Assume la giovane Sonia. A breve ne diventa l’amante. Un triangolo mai equilatero, di quelli presenti nel 99% delle relazioni a due.
Io non so se la bravura di Camilla sia stata proprio quella di aver scritto un libro insopportabile con dei personaggi brutti e snervanti. Arrivata – le ultime cinquanta pagine non terminavano mai – alla fine (che non ho trovato assolutamente sconvolgente) ho tirato un sospiro di sollievo. Come quando metti giù il telefono con un’amica che ti fa vedere troppo da vicino le deformazioni dei nostri veri volti.
Camilla Baresani, Gelosia, La nave di Teseo
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