“Vado subito nella sua stanza. Mi chiudo la porta alle spalle. Sul letto c’è la sua vestaglia viola. La indosso. Mi stendo sul letto, dal suo lato. La mia testa sul suo cuscino. Proprio lì dove ancora ieri riposava la sua testa. Dove ha smesso di respirare. Nascondo la faccia nel bianco ingiallito del cuscino. Raccolgo le ginocchia sul cuore e le abbraccio. La chiamo. La annuso tutto attorno a me. La inspiro profondamente. Non voglio perderne le tracce. Non dagli occhi. Non dal naso. E le lacrime devono coprire il rumore delle auto in strada. Come in una gara. (…) Quando ero piccola, cantava per me con la sua bella voce triste e calda, canzoni disperate di gioventù bruciata e di amori perduti, mai più ritrovati, dimenticati, abbandonati, morti, non ricambiati. Eravamo tristi insieme. Mi asciugavo il naso sul suo vestito. Sulla sua camicia da notte, sui suoi grembiuli. Mi accarezzava i capelli e continuava a cantare, instancabile. E io ho capito: solo quando si soffre, si vive davvero. Ero una brava bambina, imparavo in fretta. Per tutta la vita. Sono stesa nel suo letto, non riesco a sopportare il buio della sua assenza. Niente mi può aiutare. Se mi lasciassi andare, finirei per soffocare. Ho nostalgia di quello che mi ha dato. Ho nostalgia di quello che non mi ha dato. Ma se io sono nel suo letto, lei dov’è? Cieca, cerco tutt’attorno a me, io che sono un grumo di amore, rabbia, incapacità di capire, odio, impotenza, tenerezza. Scompaio senza più forze in queste sabbie mobili. Tutto sa di lei. Non della malattia. Non della morte. Di lei. Del suo insopportabile desiderio di nostalgia”.
La famiglia Alessi e la Toscana: papà Niccolò, mamma Erika e le tre figlie, Roberta, Lucia e Nannina. Le tre sorelle Alessi e un uomo, un poeta, Alessandro Lang. Sembra la ricetta di un semplice romanzo troppo rosa ma non lo è. Primo indizio: la casa editrice. Feltrinelli è un editore di contenuti e scrittura, non di trame. Secondo: l’autrice. Yugoslava di nascita, croata di Spalato, dai Balcani ha ereditato la capacità di raccontare attraverso quadri, tessere di mosaico, utilizzo del pennello poliedrico, soffice e forte insieme.
Roberta conosce Alessandro a Monterchi, davanti alla Madonna del Parto di Piero della Francesca ed è amore a prima vista. Ha diciotto anni e un fidanzato, Marcello, che l’aspetta febbricitante in una camera d’albergo. Ha diciotto anni, l’età delle scelte azzardate e certe. Prende la macchina e corre a Firenze, per ritrovare quello strano ragazzo, un poeta, che le ha dato un appuntamento senza tempo.
Erika è tedesca, ama la sua famiglia. Ma un giorno la sua gamba comincia a tremare. Parkinson, forma precoce. Erika è una donna, non un’eroina di un romanzo. Erika ha paura.
Lucia è mora, Roberta è bionda. Roberta è selettiva, Lucia è una che colleziona. Roberta non ce la fa più ad aspettare che Alessandro si decida a crescere, Lucia pensa bene di innamorarsi del fidanzato della sorella.
Roberta diventa medico e si trasferisce negli Stati Uniti, Lucia lavora in banca. Roberta sposa Bradly, Lucia aspetta Alessandro. Erika muore. Lascia un vuoto incolmabile.
E Nannina, la piccola di casa? Che ruolo ha? E a chi appartiene la voce, a chi delle tre, che dall’inizio del romanzo fino alla fine ci racconta del giorno del matrimonio con Alessandro Lang?
Una scrittura mai scontata, ricca di stimoli emotivi, ben congegnata. Tanti personaggi tutti delineati e tratteggiati con cura e precisione. Tanti scorci d’Italia, tanta arte, tante domande che spesso possono trovare risposta solo nella contemplazione silenziosa e solitaria di quell’elemento prezioso che mai è uguale a se stesso: il mare.
Nataša Dragnić, Ancora una volta il mare, Feltrinelli
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