C’è un libro meravigliosamente scritto che farei studiare a scuola, e intanto l’ho regalato a una ragazzina di terza media, nata nell’èra telematica: Giuro che non avrò più fame, di Aldo Cazzullo, un viaggio vivissimo nell’Italia del dopoguerra. È uscito da Mondadori l’anno scorso, ma i libri di storia non scadono mai.
La ragazzina lo ha letto d’un fiato, ed è stato interessante sentirne parlare da lei che non c’era a me che c’ero, cresciuta in un Paese ancora devastato dalle bombe americane. È una narrazione che trascina, un film in bianco e nero che poco a poco, verso gli anni 60, diventa a colori.
Avevamo 16 milioni di mine inesplose nei campi. Oggi abbiamo in tasca 65 milioni di telefonini, più di uno a testa, record mondiale. Solo un italiano su 50 possedeva un’automobile. Oggi sono 37 milioni. Eppure eravamo più felici di adesso. (…) L’Italia del 2018 è un’Italia di cattivo umore.
La giovane lettrice si è entusiasmata del racconto di un Paese stremato, che sapeva agire per migliorare. Come ha detto l’Autore, gli italiani di quella straordinaria stagione avevano il senso del riscatto e fiducia nell’avvenire, bisognerebbe ritrovare quello spirito.
A noi più vecchi il libro parla di cose che abbiamo vissuto: i Natali modesti e festosi, gli adulti terrorizzati dalla fame patita durante la guerra che ci rimpinzavano di cibo (la parola “dieta” era sconosciuta). Mi ha fatto ricordare lo sguardo felice dei miei genitori quando ci si sedeva a tavola, dove erano riapparsi lussi come la frutta e il parmigiano.
Un Paese così provato seppe rimettersi in piedi con una rapidità impressionante (…) e avrebbe continuato a crescere a ritmi eguagliati mezzo secolo dopo solo dalle tigri asiatiche. I cinesi eravamo noi.
E oggi?
Non è solo questione di spirito di sacrificio. Il tempo della rete è il tempo del narcisismo, della fatuità, dell’effimero.
Il titolo del libro si riferisce alla famosa frase di Rossella O’Hara in Via col vento, che sconvolta dalla fame si butta a mangiare una radice terrosa, poi si rialza e grida al cielo: Giuro che non avrò più fame!
È affascinante quando la storia si fa romanzo, ma i fatti e i protagonisti sono veri: Alcide de Gasperi, Palmiro Togliatti, Luigi Einaudi, Achille Lauro, Giuseppe di Vittorio, e con loro i maestri del ciclismo, Coppi e Bartali (“ i campioni poveri”), e i geni del fare, Adriano Olivetti, Enrico Mattei…biografie eroiche e semplici, dove ingegno e coraggio ricostruiscono un Paese umiliato e distrutto. Ma anche grandi storie d’amore: come il triangolo Renzo Rossellini- Anna Magnani- Ingrid Bergman, e le leggende dello spettaclo, Totò, Wanda Osiris, Alberto Sordi, Renato Rascel…
I campioni non erano solo campioni, ma uomini di valore. Vediamo Bartali, al tempo delle leggi razziali, percorrere 170 km al giorno in bicicletta per aiutare gli ebrei perseguitati, con i documenti nascosti nella canna della bici. E la storia del suo rivale, l’altro ineguagliabile campione, Fausto Coppi, che si innamora di una donna sposata, chiamata dai giornali “la Dama Bianca”, ci riporta all’epoca pre-divorzio, quando il matrimonio era una galera, l’adulterio un reato e la Dama Bianca finì in prigione.
Nel capitolo L’ascesa delle donne, viene riportata la lettera a un settimanale femminile. Scrive Lillina, casalinga con figli che si ammazza di fatica, e nessuno le dà una mano. La risposta è: ti devi organizzare meglio: La stanchezza è una benedizione, Lillina , devi credermi. L’ha detto anche il Papa: Cos’è la donna, se non l’aiuto dell’uomo?
Un cantar di gesta, buone e cattive, ma soprattutto un libro sulla potenza del sogno, sulla speranza attiva, trasmessa con tale ed energia, che ti contagia.
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