Venere privata di Giorgio Scerbanenco

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Ho scoperto il padre del noir italiano, Giorgio Scerbanenco, uno scrittore raffinatissimo. In questo libro la psicologia s'intreccia a un noir dalle molte sfaccettature

“Dopo tre anni di carcere aveva imparato a passare il tempo coi mezzi più semplici, solo che per i primi dieci minuti fumò una sigaretta senza pensare ad alcun gioco, ma quando buttò il mozzicone sulla ghiaietta del viale pensò che il numero dei sassolini dei viali e vialetti del giardino era un numero finito. Anche il numero dei granelli di sabbia di tutte le spiagge del mondo poteva essere calcolato ed era un numero finito, per quanto grande fosse, e così, fissando in terra, cominciò a contare. In cinque centimetri quadrati poteva stare una media di un’ottantina di sassolini; poi calcolò a occhio l’area dei vialetti che conducevano alla villa davanti a lui e concluse che tutta la ghiaietta dei viali, che sembrava infinita, era costituita da un misero numero di un milione e seicento mila sassolini, con lo scarto del dieci per cento in più o in meno. Poi, d’improvviso i sassolini si misero a scricchiolare, alzò un momento il capo: dalla villa era uscito un uomo che veniva per il viale più grande verso di lui, ora che fosse arrivato aveva tempo di fare un gioco, così, seduto curvo su quella mensoletta di cemento che faceva da panchina, raccolse una manciata di sassolini. Il gioco consisteva nell’indovinare due cose: una, se i sassolini erano in numero pari o dispari; due, se erano in numero inferiore o superiore a un numero fissato, per esempio venti. Per vincere bisognava indovinare tutte e due le cose. Allora stabilì che i sassolini che aveva nel pugno erano di numero pari e di quantità inferiore a venti. Aprì il pugno, e contò: aveva vinto, i sassolini erano diciotto. “Mi scusi dottor Lamberti se l’ho fatta attendere”. La voce dell’uomo, arrivato davanti a lui, era solenne e stanca, la voce di un imperatore affaticato”.

All’età di quarantacinque anni, quattro mesi fa, mi sono trasferita a Milano. Motivi? Alcuni ma nessuno in particolare, nulla di drammatico o ultimativo. O almeno così credevo. Perché in realtà un motivo c’era. E adesso so qual è. Mia figlia Allegra frequenta la terza media in un istituto in piazza Graziadio Isaia Ascoli e succede spesso che ci si ritrovi con i genitori dei suoi compagni per un aperitivo o un pranzo al lago. Durante uno di questi ultimi il papà di una sua amica, stavamo parlando di libri, mi fa: “Ma Scerbanenco lo conosci?”. Ovviamente ho risposto di sì. Ho poi aggiunto però che non avevo mai letto nulla del papà del noir italiano. “Male!”, ha tuonato il genitore. Malissimo, dico io oggi. Ma dico anche “Benissimo!”. Malissimo perché ho rischiato di perdermi uno scrittore che dire con la S dire maiuscola sarebbe riduttivo e Benissimo perché adesso lo divorerò senza pietà, ogni pagina, ogni romanzo, ogni racconto. Tutto. Lo voglio leggere tutto.

In Venere privata Scerbanenco, nato a Kiev da madre romana e padre ucraino e milanese dal compimento del sedicesimo anno d’età, ci presenta Duca Lamberti, medico radiato dall’ordine dopo aver praticato l’eutanasia su una donna molto malata presso la clinica in cui prestava servizio. La sua prima indagine è legata ad un corpo, quello di Alberta, ritrovato senza vita. La giovane donna si è suicidata oppure la scena del delitto è stata montata ad arte? Davide, l’uomo che l’ha vista per ultimo da viva e che da quel giorno vive attaccato alla bottiglia di whisky, è preda dei sensi di colpa per non averla salvata o per averla uccisa?

Quella di Scerbanenco è scrittura vera, è forma intrecciata al contenuto, psicologia che fa da colonna vertebrale ad un noir, genere elegantissimo, dalle molte sfaccettature ma tutte contemporanee. Scerbanenco ha scritto tantissimo. È morto, ancora giovane, nel 1969. Nei suoi ritratti c’è una Milano geografica che oggi non c’è più, è cambiata, eppure il sapore, gli odori, i ritmi, i segreti, le interruzioni esistenziali e le accelerazioni emotive che appartengono a questa metropoli ricca di contraddizioni sono tangibili, le parole tridimensionali, il fascino ambiguo e irresistibile.

Giorgio Scerbanenco, Venere privata, Garzanti

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