Fino a qualche anno fa se avessi sentito un’affermazione del tipo Ho dimenticato cos’è il denaro (che poi è il titolo di un articolo su Confidenze in edicola adesso) avrei potuto avere tre diverse reazioni a seconda del suo vero significato.
La prima, di gran pena per una poverina costretta a una vita di stenti.
La seconda, di irritazione nei confronti di una persona snob dedita a un’esistenza lontana dal lusso, forte del lusso di spalle (economicamente) ben protette.
La terza di noia, visto che c’è parecchia gente che ama lamentarsi e l’argomento “soldi” è quello che più si presta al piagnisteo.
Poi, però, ho letto la testimonianza di Gaia (è lei quella che alla parola “euro” va in confusione perché ne serba solo vaghi ricordi) e mi sono resa conto che la sua storia potrebbe diventare anche la nostra.
Nonostante una laurea e tante (false) ambizioni professionali, infatti, a un certo punto Gaia ha preso una strada diversa, ma davvero in linea con i suoi sogni. Tant’è che oggi conduce una vita bucolica che le dà molte più soddisfazioni di una professione tradizionale, giocata sull’attesa di promozioni, aumenti e tutto ciò che comporta la classica routine lavorativa.
Ecco, da sola io una decisione così non la prenderei mai. Ma la precarietà generale degli ultimi tempi mi ha spinto spesso a escogitare una strategia per cavarmela nel caso dovessi perdere il posto.
All’inizio solo immaginarlo mi faceva rabbrividire di paura e mi gettava nel panico totale. Per fortuna, però, l’essere umano riesce sempre a metabolizzare anche la situazione più difficoltosa. Quindi, piano piano nella mia testa mi sono creata dei programmi alternativi (o piani B, come si chiamano adesso) che magari non dovrò mai mettere in pratica (incrociamo le dita), ma che pensarli mi aiuta a non passare notti insonni in cui mi vedo precipitare nel baratro.
Di tali programmi svelo solo quello di imbarcarmi su un mega yacht nei panni di capo (non mezzo grado più basso!) dello staff interno. Il che significherebbe fare in modo che a bordo tutto funzioni alla meraviglia, dalla cambusa alla gestione degli ospiti, per la gioia e il quieto trastullarsi dei miliardari che affittano la barca.
E se delle altre ambizioni non faccio menzione perché sono ancora più deliranti (è la loro follia che mi mette di buonumore e mi carica di speranza per il futuro), mi soffermo sul dimenticare cos’è il denaro.
Farlo è impossibile, lo so (non ci vuole un genio per averne consapevolezza). Ma dargli un filino meno d’importanza sì. Per esempio, mi piacerebbe che sparisse l’abitudine di giudicare le persone in base al portafoglio.
Sono sicura che state torcendo il naso, dicendo a voi stessi che è un atteggiamento che non vi appartiene. Può essere, ma è comunque una tendenza parecchio diffusa. Magari non in “versione contante sonante”, ma lo stesso inerente al patrimonio. Se proprio non le avete pronunciate, quante volte avete sentito frasi del tipo: «Ha una casa a…», «Ha venduto…», «Ha comprato…» «E’ il figlio, il nipote, l’amante del riccone tale…»?
In questi casi il denaro andrebbe dimenticato. Per essere invece stampato nella memoria a caratteri cubitali quando si trasforma in un’inconfutabile prova del valore di chi lo guadagna onestamente e di chi lo spende con eleganza e intelligenza. Indipendentemente dalla disponibilità.
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