Basta, pietà! Quando è troppo è troppo. Tv, Radio, politici, giornalisti, fateci vivere finché possiamo, non ci mitragliate di allarmi inutili sul virus che creano solo panico, malessere, diffidenza. Siate clementi, limitatevi alle informazioni che davvero servono, o questo coro incessante e indiscriminato distruggerà anche chi scampa al contagio.
L’ultimo proclama diramato dai media è: STATE ATTENTI ANCHE IN CASA. STATE SEMPRE DISTANTI. Una domanda: ma cosa credono le autorità, che se non ce lo avessero detto loro di non stare vicino ai familiari, ci saremmo baciati sulla bocca? Credono che abbiamo tutti una voglia matta d’essere contagiati? È vero che c’è anche qualche sventato, ma perlopiù la paura fa 90. Ma allora ditela tutta, dite che bisogna usare solo bicchieri piatti e posate di cartone e di plastica, alla faccia dell’ecologia, visto che l’emergenza è l’emergenza.
Sul come vivere il tempo del Coronavirus mi faccio forza, accolgo tutte le raccomandazioni delle autorità, con fiducia e diligenza. Cerco di sdrammatizzare, magari in modo maldestro, come nell’ultimo articoletto in questo blog, che cercava fiaccamente di essere giocoso nella tragedia.
La sera mi addormento senza difficoltà, ma alle 3 precise spalanco gli occhi come se suonasse una tromba, e così ogni notte da quando è cominciata la pandemia. Torni alla coscienza, e il pensiero è uno solo: il corpo. Spiare gli eventuali sintomi del virus. Un solo problema, una sola domanda “l’ho preso o non l’ho preso? E se l’ho preso, ho contagiato anche la famiglia?”. Controllo il respiro, misuro la febbre, spio la minima ombra di malessere, e una vigliaccheria incontrollabile ingoia ogni altro sentimento.
Al risveglio, con mio marito (che dorme in un’altra stanza), in assetto da palombari, con mascherine occhiali e guanti, sentiamo questa ultima raccomandazione del telegiornale. State lontani! E subito ci guardiamo come nemici. Io stavo già a due metri, sono balzata fino alla porta. Già da prima sospettavamo l’uno dell’altro, com’è logico nelle epidemie, ma sentirselo prescrivere in TV è devastante. Io sono prudente, ma la prudenza spaventata dell’altro mi fa irrazionalmente sentire un poco offesa.
È difficile dividere i sentimenti dalla necessità di evitarsi. Lo sai che è per il virus, ma sotto sotto ti sembra un atto ostile, ti mortifica. Questo modo di trattare il virus fa litigare. Amareggia. Esaspera il dubbio. Si mette fra te e quelli che ami.
E come fanno a stare SEMPRE distanti le famiglie che abitano in un bicamere servizi? Magari si sentono anche un po’ prese in giro.
Questa raccomandazione offende perché è retorica, prescrive una cosa impossibile, quasi beffarda. Una famiglia che vive in appartamento sarà per forza esposta al rischio, e un tale consiglio aumenta solo la tensione tra parenti. O allora, se questa prescrizione è indispensabile per la salvezza, si aprano le ville e i palazzi nobiliari i bei conventi disabitati, e ci si trasferiscano quelli che stanno in cinque in tre stanze. Un’iniziativa del genere, per quanto impraticabile, avrebbe un principio di realtà: fornire gli spazi per poter realizzare il consiglio. Ma senza tali provvedimenti ragionevoli e fiabeschi, questa prescrizione è parente della famosa frase attribuita (a torto) a Marie Antoinette “Il popolo non ha pane? Dategli le brioches”.
Volete farci capire che con il Coronavirus non si scherza? Credete, lo sappiamo. E se volete farcelo capire ancora meglio, diventate più seri voi, e diventeremo più seri tutti.
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