Quando ho scoperto di essere positivo al coronavirus mi sono sentito improvvisamente vulnerabile, solo, davanti all’incognita della malattia. Da medico
so cosa fare e sono guarito, ma quei giorni mi hanno cambiato per sempre
Storia vera di Maurizio Riboldi
Avevo la tosse da 15 giorni: una tosse secca, cattiva che non mi dava tregua neanche di notte, così non riuscivo mai a dormire.
Il mio pensiero, come quello di tutti in questo momento, è corso subito al virus, al mostro famelico che sta avanzando subdolo e inarrestabile e si impadronisce delle nostre vite, spazzando via tutte le certezze che puntellano il nostro vivere quotidiano.
Giorni fa la radiografia dei polmoni era negativa ma la tosse peggiorava, poi è comparsa per la prima volta la febbre. La Tac e la diagnosi come una sentenza: polmonite bilaterale. Ecco, ci siamo, ho pensato mentre in un attimo mi sfilavano davanti agli occhi le immagini tivù delle terapie intensive e i bollettini quotidiani dei nuovi contagiati e dei decessi. Ero ancora a casa, sono svenuto tra le braccia di Mary, la mia compagna.
Svegliandomi steso per terra, lei era lì accanto e mi stringeva le mani, e mi rimarranno per sempre scolpiti nel cuore i suoi occhi disperati e il suo pianto mentre urlava: «Amore! Amore, stai qui». I suoi occhi, la sua voce e le sue mani raccontavano di un amore immenso che durante tutta la nostra storia si era rivelato in ogni sua parola e in ogni suo gesto e nelle mille piccole grandi attenzioni che mi aveva riservato, ma ora irrompeva come una luce dalla sua paura. E illuminava la mia paura.
Poi l’ambulanza a sirene spiegate…
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