È lo specchio dell’anima. Parla più di mille parole. Dietro c’è sempre una storia. Non può nascondere la verità.
Fino al 9 marzo 2020 (insieme al 17 marzo 1861, la data ha segnato la storia dell’Italia), gli aforismi che riguardano lo sguardo conquistavano gli spiriti romantici e annoiavano le persone spicce.
Con l’avvento delle mascherine, invece, le cose sono cambiate e questi odiosi accessori, hanno obbligato anche i cuori più aridi a dare un’importanza diversa all’unica zona del viso che lasciano scoperta.
In effetti, sarà proprio guardando negli occhi della gente che capiremo chi diavolo abbiamo di fronte (nel caso di uno sconosciuto) o di che umore sono le persone care.
Perché se fino al marzo scorso se l’è giocata con le mani, oggi lo sguardo ha conquistato il monopolio di “biglietto da visita”. E nessuno può più negarlo.
Il primato fa saltellare di gioia le case cosmetiche: finalmente anche le donne votate al look acqua e sapone provano un certo interesse nei confronti di ombretti e mascara. Mentre quelle che già coloravano le palpebre ed enfatizzavano le ciglia hanno voglia di stupire con trucchi personalizzati (per tutte, su Confidenze in edicola adesso c’è il servizio A me gli occhi).
Come spesso accade, però, ci sono delle schegge impazzite. Cioè, persone (magari un po’ ottuse) rimaste fedeli alla filosofia no-makeup. E tra queste, ci sono io, nonostante non sia degna dell’assenza di trucco. Eppure.
Eppure, non ce la faccio proprio. Piena di prodotti neanche fossi una profumeria (sono beauty editor) e attratta come una calamita da sfumature, consistenze, confezioni (meravigliose!!!), non riesco a inserirle nei miei must.
Un po’ per un’incorreggibile goffaggine nella manualità. E poi, perché sono talmente abituata agli occhi nudi, che le rarissime volte in cui me li hanno truccati mi sono ritrovata dopo poco con i colori sparsi su tutto il volto.
No, non erano stati usati prodotti scadenti, anzi. Pur dotati di perfetta aderenza, polveri e mascara non sono scampati al brutto vizio che ho di strofinare gli occhi con la violenza di un bambino stanco morto.
Se a questo aggiungete che tutto quello che si avvicina agli occhi me li fa serrare come il pugno della canzone di Celentano (per mettermi il collirio serve uno staff di energumeni che mi tenga ferma), è ovvio che giù da gara tipo Mina negli anni d’oro non mi vedrete mai.
Ed è un vero peccato. Perché durante un servizio fotografico, dopo essersi occupata della modella, la makeup artist mi ha convinta a uno smokey eyes. Tanta insistenza non le ha permesso di interrompere la difficile realizzazione (cercavo di scappare, agitavo la testa, avevo inconsulti scatti isterici). E quando mi sono vista allo specchio ho scoperto un’altra Albie.
Sì, lo so che chi si loda s’imbroda. Ma vi giuro che stavo da dio. Al punto che avevo deciso che da quel giorno mi sarei sempre truccata. Poi, però, tornando a casa sono scivolata sul pavé e la moto mi è caduta. Un gruppetto di signori (tutti uomini) mi è venuto in soccorso e, invece di rimanere estasiati dal mio sguardo, mi hanno chiesto se mi fossi fatta male.
Ho risposto di no occhieggiando maliarda, ma loro mi hanno aiutata a tirar su il pesante Guzzone da terra del tutto indifferenti. E io, in quel preciso istante ho capito: non ha assolutamente senso che io mi sottoponga alla tortura del makeup. Crea troppo stress e mi dà troppo poca soddisfazione.
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