“Mi piaceva anche lavare gli utensili e i piatti usati da me nella preparazione delle pietanze e, soprattutto, dei dolci: prima, leccavo spatole e cucchiai; col dito tiravo su i rimasugli di crema da ciotole e paioli; grattavo via dalla teglia i resti di pandispagna e li raccoglievo con la lingua, come i gatti. In realtà, tutti i lavori grossolani mi davano grande soddisfazione: scrostare pentole, griglie e teglie di biscotti con la spugnetta di ferro e stracci di sacco; pulire i lavelli; stricare le balate e lucidare le pentole di rame. Si usavano il bicarbonato e il sapone molle, che mamma comprava sfusi, la sabbia e, con parsimonia, la nuovissima polvere detergente basata su sintesi chimica, che si vendeva in scatola. Quasi quasi mi dispiacque quando venne da noi una nuova recluta, Lina, lontana cugina di Francesca e Filomena, quindicenne e appena più alta di me che lavorava in cucina e stirava. Nora e Filomena continuarono a fare le stanze e si occupavano del servizio; dopo pranzo, poi, rigovernavano tutte e tre insieme. Sola per la maggior parte della giornata, Lina si faceva compagnia cantando. Non c’era lavoro che non accompagnasse con una canzone; le conosceva tutte, e non soltanto quelle tradizionali siciliane, anche quelle moderne, in italiano, del Festival di Sanremo: Grazie dei fiori, Vola colomba bianca, vola e Il bosco innamorato. Filomena non aveva simpatia per la cugina e la prendeva in giro: «Canta, canta, ca ti veni lu zito». Nora la guardava scettica, disillusa: anche lei, un tempo, aveva sognato l’amore”.
Non c’è modo migliore della lettura di questo libro, per dare inizio all’estate. Un filo d’olio è un viaggio nelle memorie di famiglia di Simonetta, un ritorno ai giorni dell’infanzia, in una Sicilia assolatissima e dai profumi inebrianti. Bastano le prime due righe e ci siamo anche noi, con lei, pronte per il trasloco vacanziero nella tenuta di famiglia in campagna, Mosè. Ceste di vimini colme di biancheria fresca di bucato, sacchi di legumi, pacchi di zucchero: “era come se fossimo in procinto di avventurarci in un luogo sperduto all’altro capo della Sicilia”. E tempo due pagine, facciamo parte del gruppo: sulla macchina, insieme a valigie e detersivi e derrate alimentari, saliamo anche noi. Mentre la strada scorre sotto le ruote, il pensiero viaggia a ritroso. Sarete trasportati in un mondo fantastico e nello stesso tempo qualcosa vi farà tornare alle vostre lontane stagioni calde. Io ricordo i miei preparativi, che cominciavano a Natale. I libri messi da parte (“questi li leggerò al mare”), il salvadanaio con le monete per i gelati e le giostre e il braccialetto da comprare sulla spiaggia, il diario con le pagine bianche, tutte da riempire, la scatola per le conchiglie che se le avvicini alle orecchie ti fanno sentire la voce delle onde. Un filo d’olio è un libro di ricette (capitolo in chiusura, curato dalla sorella di Simonetta, Chiara), tutte estive, un’ode alimentare dedicata a melanzane, zucchine, pane, limoni, aglio, basilico, pomodoro, una tavola imbandita di materie prime regali alla corte di sua Maestà, l’olio extravergine d’oliva di Mosè. Un filo d’olio è un abbraccio commosso ad una terra che Simonetta ha lasciato per seguire sogni da realizzare. Chiunque abbia salutato il luogo in cui è nato e cresciuto e abbia provato la vertigine del momento dell’addio, un distacco che ti spacca il cuore e ti contorce l’anima, non potrà non amare questo libro delizioso, questa narrazione intima, questo ritorno.
“Raccolsi delle foglie d’alloro e le misi in valigia. Sentivo che quel viaggio di istruzione sarebbe stato soltanto l’inizio di una vita lontano dalla Sicilia e volevo avere con me qualcosa di tangibile, ma al tempo stesso leggero e denso di significato, che mi riportasse a Mosè appena lo avessi voluto, subito, subitissimo – sarebbe bastato un po’ di acqua calda”.
Simonetta Agnello Hornby, Un filo d’olio, Sellerio
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