“L’infedeltà è segno di narcisismo, doppiezza, immoralità e perfidia, che riguardi le alte sfere dell’élite politica e militare o la tizia che abita in fondo alla strada. La possibilità che si tratti di una semplice trasgressione, un flirt senza significato o addirittura un amore genuino non viene nemmeno presa in considerazione. Attualmente, il dibattito sull’argomento si può riassumere in questi termini. L’infedeltà è il segnale che una relazione non va per il verso giusto: se a casa hai tutto ciò che ti serve, non hai motivo di cercare altrove. Gli uomini tradiscono per noia e paura dell’intimità; le donne per solitudine e disperato bisogno di intimità. Il partner fedele è maturo, impegnato, realistico; chi devia dalla retta via è egoista, immaturo e non sa controllarsi. Le storie clandestine sono troppo dannose; non possono far bene al matrimonio, né vanno tollerate. C’è un solo percorso per tentare di ripristinare fiducia e intimità, e passa da sincerità, pentimento e assoluzione. Infine, ma non meno importante, scegliere il divorzio anziché perdonare mostra un gran rispetto di sé.
Posizioni dal tono moraleggiante, che tendono a circoscrivere il ‘problema’ a carenze nel singolo o nella coppia, aggirando gli interrogativi più profondi che la portata del fenomeno potrebbe suscitare. In realtà, al di là dei singoli casi, il tradimento dice molto sul matrimonio come istituzione. E anche sulla cultura moderna dei diritti acquisiti, in base alla quale diamo per garantiti i nostri privilegi. Davvero pensiamo di poter limitare il fenomeno a qualche mela marcia? Possibile che i milioni di amanti clandestini siano tutti traditori patologici?”
La domanda diretta non è mai lecita, soprattutto in pubblico: “Hai mai tradito?” Quella passiva lo è un po’ di più, ma è roba che scotta: “Sei mai stata/o tradita/o?” In genere ci si ferma qui, a livello di informazione. Poi due sono le strade: se hai tradito sei brutto e cattivo, se sei stato tradito sei bello e buono. Così, secca e decisa, una scienza certa ed esatta e anche se un po’ cieca e poco intuitiva. Oltre che inutile.
Si tradisce da sempre, in ogni parte del mondo. Si tradisce se non si ama più, si tradisce per ripicca, si tradisce per solitudine, si tradisce per milioni di motivi molti dei quali impossibili da intuire o spiegare. Eppure la semplificazione è sempre estrema: non si fa e se si fa non va bene e comunque non è mai per amore ma solo per sesso o per distrarsi un po’. È una semplificazione necessaria, fornisce una risposta accettata da tutti che consente reazioni semplici, di certo dolorose ma riconoscibili e comode. Mi hai tradita? Urlo, ti mollo uno schiaffo, prendo a male parole l’altra persona (pessima e senza morale) che non si è tirata indietro ma che anzi sicuramente la colpa è tutta sua, svergognata/o ladra/a di mogli/marito o simili altrui. Ti ho tradita? Devo tacere. Perché la mia voce è scomoda, perché non posso dire che sono solo entrato in un’altra stanza del mio cuore o dei miei pensieri, che te con queste emozioni non c’entri nulla. Devo solo chiedere scusa oppure dire ho sbagliato oppure far finta di dimenticare e dirti amo solo te.
È un bel saggio, quello di Esther Perrel, che al titolo dell’opera appoggia un ‘Ripensare l’infedeltà’ che vale come invito e come affermazione. Siamo esseri complessi, è complesso il nostro corpo, è complessa la nostra cultura, sono insondabili ma irruenti e veri molti sentimenti inattesi, pesanti e deleterie molte relazioni stabili e stagnanti. Ma una certezza c’è: dalle emozioni, e in tantissimi casi dai nuovi amori, non ci/si salverà, grazie al cielo, mai nessuno.
Esther Perel, Così fan tutti, Solferino
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