“Un pomeriggio Strane mi racconta che il nome che porto l’ha inventato Jonathan Swift. Lo scrittore conosceva una donna che si chiamava Esther Vanhomright ed era soprannominata Essa. «Ha spezzato il nome e l’ha ricomposto in una forma nuova» spiega Strane. «Van-Essa è diventato Vanessa. È diventato te». Non glielo dico, ma a volte ho l’impressione che sia esattamente quello che lui sta facendo a me: mi spezza e mi ricompone, facendo di me una persona nuova. Mi racconta che la prima Vanessa era innamorata di Swift e aveva ventidue anni meno di lui. Che lui era il suo precettore. Strane va alla libreria dietro la cattedra e trova una copia di una poesia di Swift, Cadenus e Vanessa. È lunga, sessanta pagine, ed è tutta incentrata su questa ragazzina innamorata del suo insegnante. Mentre la sfoglio ho il cuore in gola, ma mi sento i suoi occhi addosso e quindi cerco di non darlo a vedere. Con aria indifferente dico, nel tono più indolente possibile: «Buffa». Strane si acciglia. «Io la trovo inquietante, più che buffa». Rimette il libro a posto e mormora: «Non riesco a togliermela dalla testa. Mi ha fatto pensare al destino». Lo guardo sedersi alla cattedra e aprire il registro dei voti. Ha la punta delle orecchie in fiamme, come se fosse in imbarazzo. Sono capace di metterlo in imbarazzo? A volte dimentico che anche lui può essere vulnerabile. «Capisco cosa intendi» dico. Alza la testa, con un riflesso sugli occhiali. «anch’io ho l’impressione che tutta questa storia fosse scritta nel destino». «Tutta questa storia» ripete. «Intendi quello che c’è tra me e te?» Annuisco. «Sì, come se fossi nata per questo». Inizia a tremargli il labbro come se si stesse sforzando di non sorridere. «Chiudi la porta» dice. «Spegni la luce».
Vanessa ha scelto di frequentare il liceo Browich, una prestigiosa scuola privata, per allontanarsi da casa. Per convincere i genitori, siamo nel 2000, ha giocato una carta vincente: in un posto protetto ed esclusivo non potrà mai accadere quello che è successo nella scuola di Columbine e per un genitore sapere che il proprio figlio è al sicuro è fondamentale. Fondamentale. E poi, magari, in un college, una ragazza chiusa e poco socievole come Vanessa può uscire fuori dal bozzolo e diventare una farfalla: questo spera sua madre. In fondo Vanessa ha solo quindici anni. In fondo.
Jakob Strane insegna letteratura al Browich. Si è laureato ad Harvard. Ha quarantadue anni.
2017. Vanessa ha trentadue anni e lavora in un albergo. Una ragazza che ha frequentato il Browich qualche anno dopo di lei, Taylor, ha denunciato il professor Strane. Tutti devono sapere, denuncia la ragazza sui social, tutti devono sapere quale fosse la vera passione del professore.
Vanessa è sempre stata un’anima sensibile, difficile per lei riconoscersi nel gruppo dei pari, facile perdersi nella ricchezza fantasiosa della narrativa e della poesia. Facile lasciarsi incantare dallo sguardo ammaliato di un uomo tanto più grande. Facile lasciarsi sfiorare una mano. E poi un ginocchio. E poi precipitare in una spirale segreta di baci, di sesso.
Era amore, si ripete da sempre Vanessa. È violenza, insiste Taylor.
È un libro da leggere. Ad ogni età: per difendersi, per raddrizzare il passato, denunciare carezze sbagliate, desideri immaturi e impreparati, sogni che intossicano.
K. E. Russell, Mia inquieta Vanessa, Mondadori
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