“Lo studio scientifico del gatto è la biografia di una specie. È un processo di esplorazione che si occupa degli aspetti più svariati: delle origini dei gatti e di come essi abbiano prosperato in compagnia dell’uomo, di come si siano trasformati e in cosa siano rimasti immutati; riguarda le loro esigenze e necessità, i loro pensieri e le loro pulsioni, la loro razionalità e le loro bizzarrie, le loro usanze di gruppo e la loro specificità individuale. Come ogni buona biografia, è un racconto di per sé avvincente, ma è anche una storia con una morale: i gatti sono dei compagni di viaggio più che degli animaletti da compagnia, ed è a nostro rischio e pericolo attribuire loro desideri, speranze e aspettative che sono solo, e troppo, umani. Essi hanno una loro nicchia biologica e un loro destino, regole d’interazione sociale, modalità proprie e specifiche di percezione e rappresentazione del mondo. La stupefacente capacità di adattamento di cui sono dotati ha procurato ai gatti un posto accanto a noi, ma con quella famosa zampa restano pur sempre nella giungla. Comprendere la vera natura dei gatti, con ogni mezzo che la scienza mette a nostra disposizione, non può che essere illuminante per noi, e un bene per loro. (…) La bellezza e il fascino che noi cogliamo in questi animali è più simile a ciò che proviamo per le cose più selvagge della natura, con l’aggiunta dell’incanto determinato dal fatto che queste particolari creature selvatiche e meravigliose sono disposte ad accoglierci nel loro mondo, anche se non ne hanno alcun bisogno particolare. Essere accettati dai gatti come ‘gatti onorari’ è davvero un onore. Ma è un onore che possiamo apprezzare appieno solo se guardiamo il mondo di sfuggita come fanno loro”.
Questa settimana vi consiglio un libro splendido che con linguaggio scorrevolissimo racconta origini, intelligenza e stratagemmi del Felis silvestris catus. Budiansky, giornalista scientifico, riporta in apertura una frase perfetta di Rudyard Kipling: “Il gatto. Camminava da solo, e per lui ogni luogo valeva l’altro”. Chiunque abbia un gatto dovrebbe leggere queste pagine dotte e umili insieme. Niente romanticismi, niente punto di vista piagnucoloso, niente storie strappalacrime. C’è molto di più, c’è uno sguardo umano (imperfetto) verso l’universo gatto (meravigliosamente indefinibile). C’è un tentativo di essere all’altezza di un Essere che amiamo avere accanto e che ci fa il regalo immenso di condividere con noi la sua bellezza, la sua indipendenza, la sua giovialità. Utilizzare questi termini è umanizzare? Sì, lo so. Però è una umanizzazione che si mette da parte e osserva. Chiunque abbia un gatto lo sa, lo sa che se cadi una volta nel suo sguardo, nel suo respiro, nel suo calore, anche nei suoi graffi, a meno non puoi farne più. Chiunque abbia avvicinato la sua vita a un gatto, chiunque abbia fatto spazio nella sua casa, sul letto, sa che chi si fa trovare da un gatto trova la pace. Perché basta guardarli, basta osservare il piacere che hanno nel giocare con una fogliolina, la bellezza dei loro risvegli, lo stile dei loro vestitini pelosi, insomma, basta la minima cosa per innamorarsi. ‘Guardare il mondo di sfuggita’, che affermazione strepitosa! Essere un pianeta, essere il centro: questo vuol dire essere gatto, vuol dire essere parte di qualcosa di più grande ma avere in sé tutto. Chi ha avuto un gatto porta dentro una lezione: sono personalità che non si piegano ma che si relazionano regalandoti attimi totali della loro innata autonomia. Chi ha avuto un gatto sa che un gatto difficilmente ti segue: un gatto ti precede o al massimo ti morde le caviglie. Un gatto ti saluta con occhi vivissimi mentre prende la strada verso il ponte. E ti porta via una parte di te. E ti lascia tutto di sé.
Al mondo, solo uno sguardo di sfuggita.
Stephen Budiansky, Il carattere del gatto, Raffaello Cortina Editore
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