È sabato mattina, sono in fila al mercato della frutta e verdura, dalla bancarella a fianco capto la seguente conversazione: “Era meglio una guerra” esordisce una signora anziana in fila, «Ma signora cosa sta dicendo?» risponde stupita la sua vicina. E l’altra: «non vedo i miei nipoti da mesi, mio figlio abita in un’altra città, sono sola. Lei non sa cosa vuol dire» dando il via a una breve discussione tra i presenti.
Quante volte l’abbiamo sentita in questi mesi la frase: “è come essere in guerra”; “questa è una guerra, anche se combattuta senza armi, e con i camici bianchi” e in fondo negli ultimi 70 di storia mai ci eravamo trovati a fronteggiare un’emergenza mondiale di tali proporzioni.
Come ogni guerra quindi, anche quella del Covid-19 ha i suoi caduti, che non sono i giovani mandati al fronte (ma ci sarà da riflettere sulle conseguenze della didattica a distanza e del vuoto pneumatico di cinema e teatro sulle nuove generazioni) ma prevalentemente gli anziani.
E non solo perché nella prima ondata della pandemia gli ultra settantenni hanno affollato le corsie degli ospedali più di altre generazioni ma anche perché sono i più colpiti dalle misure di distanziamento sociale imposte dagli ultimi decreti e dalla chiusura generalizzata di esercizi commerciali, cinema e teatri.
Ve la immaginate la giornata di una persona anziana, specie se rimasta sola? Impossibilitata a frequentare figli, nipoti, sorelle e fratelli, e privata anche di quei gesti quotidiani come la chiacchierata o la visita al vicino di casa, la puntata al bar per il caffè del mattino. Sappiamo tutti che per prudenza è meglio che i nipoti si tengano lontano dai nonni perché potrebbero contagiarli e nessuno di noi vorrebbe rivedere le immagini della scorsa primavera quando le persone morivano sole nelle corsie degli ospedali senza poter essere assistite dai propri cari e senza una parola di conforto. Quindi ben vengano anche i divieti dei pranzi in famiglia e ritrovi tra amici. È un sacrificio che va rispettato, ma ciò non toglie che gli anziani lo sentano più di altre generazioni. Del tema ne parla su Confidenze Maria Rita Parsi cercando di dare parole di conforto.
Personalmente mi ha colpito molto il messaggio di ieri del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sia per il gesto stesso d’intervenire, sia perché in sostanza ci dice che il virus in questa seconda ondata sta dividendo gli italiani invece di unirli, e non solo perché ha spaccato l’Italia tra zone rosse, arancioni e gialle, ma soprattutto perché mette le generazioni une contro le altre considerando gli anziani come vittime sacrificabili in virtù del fatto che “ormai la loro vita l’hanno fatta”.
Ne abbiamo avuto segnali i giorni scorsi con l’infelice uscita del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti (che poi si è scusato) sugli anziani definiti le categorie “meno produttive del Paese” ma ogni giorno si consuma un nuovo divario, tra chi si sente economicamente più tutelato (i pensionati, gli impiegati statali che non conoscono cassa integrazione) e chi invece il lavoro l’ha già perso o se l’è visto ridurre drasticamente perché fermato dalla pandemia.
È come se dal sentimento di unione che era prevalso nel primo periodo si fosse passati a un’esasperazione visibile agli occhi di tutti. E anche la tecnologia, la grande alleata dei mesi di lockdown, in realtà ha creato nuove divisioni, sia di stampo sociale che generazionale, perché ditemi quanti nonni sono in grado di collegarsi via Zoom in video chat con figli e nipoti? Quanti possiedono un computer o possono acquistarlo? E se togli a un anziano la possibilità di scendere al bar la mattina a fare quattro chiacchiere o di andare a fare un giro al centro commerciale, come la passa la giornata?
Il Presidente della Repubblica nel suo messaggio di ieri ha invitato a rinunciare agli incontri e alle attività che non sono indispensabili, ma tra queste ce la sentiamo di mettere anche le relazioni familiari e gli incontri con genitori e nonni? Quale ricordo vogliamo lasciare a queste persone degli ultimi anni della loro vita?
Personalmente ho genitori ottantenni che non ho mai smesso di frequentare, certo con mille accortezze, magari se vado a trovarli mi tengo addosso la mascherina anche in casa ed evito abbracci e baci, ma credo che la compagnia, la vicinanza e l’affetto siano un elisir di lunga vita più di tante medicine.
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