Vi riproponiamo sul blog “La dieta del cuore”, pubblicata sul n. 5 di Confidenze è la storia vera più apprezzata della settimana sulla pagina Facebook
Io e Agata ci siamo conosciuti in uno di quei centri dove si va per dimagrire. Ho capito subito che per lei, come per me, rinunciare a cannoli e lasagne era un problema. Ma la nostra sintonia era ben più profonda di così
STORIA VERA DI GIORGIO P. RACCOLTA DA ANNA BALTIA DELFINI
Quando ho visto Agata per la prima volta, ho capito subito che era diversa. Come me. Se ne stava lì tutta rannicchiata su se stessa a osservarsi la punta delle scarpe con un abitino a fiori evidentemente troppo stretto. Le leggevo sul viso la stessa mia ansia, l’agitazione che mi sconquassava al pensiero di salire sul palco e mostrare a tutti una parte di me che non condividevo con nessuno: il peso. Ero sempre stato in sovrappeso, fin da ragazzino, niente di esagerato, non arrivava a essere una condizione invalidante, ma mi comprometteva il colesterolo e l’abbottonatura delle camicie. Non ero mai stato un figurino insomma, adesso alla soglia dei 40 e con uno stuolo di donne alle spalle che volevano solo essermi amiche, mi rendevo conto che forse per uscire dalla solitudine dovevo dare una stretta alla linea.
Forse sarei diventato più attraente e avrei potuto abitare indiscreto le fantasie delle donne che incrociavano la mia esistenza. Chissà cosa si provava a essere desiderati? Io nella vita avevo avuto solo una fidanzata, eravamo stati assieme quasi 15 anni, ma non eravamo mai stati una coppia da copertina e non solo perché non eravamo in forma. Insomma non mi ricordo nemmeno com’è che eravamo finiti insieme, forse semplicemente ci annoiavamo. Fernanda era stata sempre gentile e pacata e io con lei, ma insieme non ci eravamo mai divertiti davvero, facevamo le cose che tutti si aspettavano da noi, andavamo in vacanza nel sud-est asiatico come tante coppie non più giovani e senza figli, passeggiavamo in centro la domenica pomeriggio. Era un’esistenza gradevole, ma senza entusiasmo. Le cose si erano messe male quando lei aveva deciso di dimagrire. Non me l’ero sentita di dissuaderla, dopotutto se si fosse sentita maggior- mente a suo agio in un corpo più sottile, chi ero io per impedirglielo? La verità è che pensavo che non avrebbe fatto una grande differenza. Fernanda era un po’ in carne sì, ma non erano le curve il problema. Fernanda era bruttina. Che cosa orribile da pensare della propria compagna, eppure mi ero convinto che tutte le altre sue qualità avrebbero fatto la differenza nella nostra relazione. Mi sbagliavo. Per quanto cercassi di essere politicamente corretto lasciando inseguire ad altri l’imperativo dell’attrazione fisica, non ero mai stato davvero coinvolto da lei. Non mi piaceva Fernanda, non mi piaceva il suo naso aquilino, il suo mento sporgente, i suoi capelli, le sue mani, per assurdo l’unica cosa che mi piaceva davvero erano proprio le sue curve! E da quando s’era messa in testa di sgonfiarsi, io mi sentivo malissimo. Con la mia solita attitudine al compromesso e alla mediazione avevo accettato persino di accompagnarla in quel percorso di miglioramento fisico, facendo anch’io un po’ di dieta. Non l’avessi mai fatto! Verdurine scotte, riso in bianco e quel seitan insapore che mi metteva in ogni piatto. Fernanda dimagriva e io mi deprimevo. Il fatto è che nel cibo io avevo sempre trovato conforto, forse anche troppo, e mentre la mia compagna s’inorgogliva a ogni incontro vinto con la bilancia, io non trovavo nessuna gioia in quel calvario di smaltimento del grasso corporeo. Non ricordo nemmeno com’era cominciata, ma di quel nostro originario rapporto pacato e senza scosse in pochi mesi non era rimasta nemmeno l’ombra, il nervosismo e i bisticci erano ormai il pane quotidiano, in luogo di pastasciutta e cannoli. Era successo così, la Fernanda curvy e pacifica era diventata una Fernanda magra e sconosciuta che un giorno qualunque aveva fatto le valigie e se n’era tornata a casa di sua madre.
Da principio avevo reagito malissimo, l’avevo implorata di tornare, le telefonavo ogni giorno, ma dopo aver ripreso a cucinare lasagne e bistecche con patate, quel dolore per l’assenza di una compagna mai davvero amata era andato via inaspettatamente presto, sostituito dai carboidrati.
«A me comunque non piaceva…» aveva detto mia sorella una sera a cena da me, al terzo piatto di risotto alla pescatora che le avevo cucinato. Mi era sempre piaciuto cucinare, lo facevo ogni sera per Fernanda e forse il fatto che dovessi smettere per lasciarla raggiungere il suo peso forma ideale, aveva fatto la sua parte nel rendermela estranea.
«Non l’hai mai amata».
M ia sorella, complice il terzo calice di Friulano, continuava con i suoi commenti inopportuni. «Dovresti provare con la salsa».
«La salsa? Che c’entra adesso la salsa?».
«Pensi sempre al cibo Giorgio! Intendevo il ballo. Molti single si iscrivono a un corso di ballo per fare nuove conoscenze».
Per poco gli occhi non mi rimbalzavano sul tavolo. Ma come le era venuto in mente?
«Non se ne parla».
Mia sorella Clelia aveva sbuffato, «Allora prova con una di quelle associazioni per perdere peso».
«Si vince qualcosa?».
«Smettila dài, ce n’è pure una qui a Mantova, ci va una mia amica».
«Presentami la tua amica piuttosto».
«È sposata».
«Peccato».
«Ma fai una prova no? Che ti costa? Pare che facciano amicizia facilmente le persone che vogliono dimagrire».
«Ma io non voglio dimagrire».
«Be’, allora vai per discutere del fatto che non vuoi dimagrire. Qualcuno ti aprirà gli occhi. Il tuo colesterolo te ne sarà riconoscente».
L’ultima cosa che mi serviva era una specie di anonima uomini single in sovrappeso. Eppure nei giorni a seguire non avevo fatto che pensarci. Forse il motivo per cui riscuotevo poco successo con le donne era anche questo, non avevo mai voglia di mettermi in discussione, Fernanda, specie negli ultimi tempi, me lo rimproverava spesso. Avevo iniziato a passeggiare da solo nei pomeriggi del fine settimana, camminavo negli stessi luoghi attraversati con Fernanda senza attenzione e adesso mi sembrava di vedere le cose per la prima volta. Forse proprio sull’onda di questi pensieri vagabondi, ero arrivato in un vecchio teatro in disuso dove adesso si riuniva settimanalmente questo manipolo di esseri umani con problemi di peso. Dopo una breve fila scomposta in cui tutti avevamo passato il tempo a far finta di trovarci lì per caso, avevo compilato in fretta un modulo e trovato posto su una poltroncina in fondo. Agata era già lì.
Quanto potevo essere meschino a iscrivermi a un’associazione salutista solo per approcciare una donna? Ebbene sì lo ero, ma una parte di me riusciva ad accettare di trovarmi in quel posto solo al pensiero che ne sarei uscito accoppiato. Alla prima riunione ero rimasto assorto a osservarla, completamente estraniato dal discorso d’introduzione. La settimana successiva lo stesso, solo che alla fine lei se n’era accorta.
«Non prendi appunti?» aveva detto all’improvviso. Non riuscivo a smettere di pensare quanto fosse bella e di chiedermi perché mai volesse dimagrire. «Tutto ok?» incalzava Agata di fronte al mio mutismo.
«Sì, cioè no… Ho una buona memoria».
«Beato te, io a stento mi ricordo cos’ho mangiato
a pranzo!».
Era scoppiata a ridere, una risata dolce e diamantina che la rendeva ancora più bella. L’imbarazzo era divampato d’improvviso sul mio volto, non ero mai stato così impacciato. Lei doveva essersene accorta ancora una volta e con incredibile acume era riuscita a sciogliere la tensione evidentemente sessuale che si era creata tra noi.
«La mia memoria è lenta come il mio metabolismo» disse. Sorrideva di nuovo, ma adesso tutto era più semplice. «Da quello che vedo il tuo metabolismo sembra funzionare benissimo» risposi deciso.
«Il mio ex marito non la pensava così».
«Meglio per te che sia diventato un ex allora».
Agata mi aveva regalato un’altra risata e in cuor mio ero ormai deciso a raccoglierle tutte le sue risate, per sempre.
«E tu perché sei qui?».
«Mia sorella trova che la mia relazione col colesterolo ne gioverebbe» dissi.
«Mi fai troppo ridere!».
«Di solito genero questo sentimento nelle donne».
«Scusa, non volevo dire questo, cioè insomma, non volevo offenderti…».
«Ma no figurati, non mi hai offeso, mi fa piacere vederti sorridere, hai un bel sorriso».
Forse adesso era Agata a essere in imbarazzo, eppure riusciva meglio di me a gestirlo. Era arrivato il momento tanto temuto, quello in cui bisognava pesarsi davanti a tutti per mostrare successi o fallimenti. Era la parte del percorso che Agata detestava di più, me lo aveva confessato sottovoce e senza pensarci oltre le
avevo preso la mano e l’avevo trascinata in fuga fuori. Da principio mi aveva guardata un po’ spaesata, ma alla fine aveva accettato divertita quel cambio di programma. Avevamo iniziato a chiacchierare passeggiando sereni lungo un paio di viuzze illuminate e in ultimo ci eravamo attardati nei pressi di una vetrina di pasticceria.Vi campeggiava al centro un enorme dolce a forma di casetta, su cui ricadeva una cascata di lucido cioccolato fondente. Tutt’intorno quasi a raggera un piccolo esercito di cannoli, un sole di calorie e calore che riempiva occhi e cuore. Era una vecchia pasticceria siciliana che conoscevo molto bene.
«È dura stare a dieta» avevo detto sospirando, con il naso schiacciato sul vetro.
«È dura rinunciare ai cannoli».
Alla risposta di Agata il mio cuore era praticamente esploso. «Ti piacciono i cannoli?».
«Se mi piacciono? Non mangerei altro praticamente».
L’avevo di nuovo presa per mano e portata nel negozio.
«E la dieta?» mi aveva domandato titubante attardandosi sull’uscio.
«Non devi dimagrire Agata, sei bellissima».
È iniziata così tra noi due. Agata è stata il regalo più bello della mia vita. Finalmente avevo scoperto cosa fosse davvero l’amore e non ultimo, cosa volesse dire fare davvero l’amore.
Noi non dovevamo fare nessuna fatica nell’accettarci, entrambi ci piacevamo così. Agata lavorava come graphic designer in un’azienda dolciaria, ironia della sorte e grazie al suo lavoro e alla mia passione per la cucina abbiamo iniziato a provare nuovi piatti, creando piccoli ricettari, postando le nostre creazioni sui social e imparando via via a cucinare con gusto ma con un occhio anche alla salute, con buona pace di mia sorella e del colesterolo. Oggi collaboriamo con ristoranti, negozi di alimentari e ovviamente… pasticcerie!
Per essere felice devi avere qualcosa da fare e qualcuno da amare, diceva un vecchio proverbio, ma anche qualcosa di buono da mangiare… Insieme! Aggiungo io. ●
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