Difficile pensare che la figlia di un tranviere con trascorsi da alpino, il cui passo è notoriamente pesante, possa muoversi nel mondo (e conquistarlo) in punta di piedi, librandosi nell’aria con la più incredibile leggerezza.
Invece Carla Fracci, scomparsa oggi a 84 anni nella sua casa di Milano dopo una lunga malattia, l’ha fatto. Aggiudicandosi il titolo (condiviso anche da chi non ha mai seguito la danza) di una delle ballerine più importanti del Pianeta. E quello impresso a caratteri cubitali sul New York Times nel 1981 di «Prima assoluta».
Di sicuro entrambi i riconoscimenti non se li aspettavano i genitori dell’étolie, considerando che agli esordi Carla non sopportava rigidità e severità della maestra della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala. Tant’è che quest’ultima considerava l’alunna tanto dotata quanto svogliata.
Alla fine, però, il talento ha avuto la meglio. E la Fracci l’ha coltivato a suon di esercizi alla sbarra, che l’avrebbero addirittura portata a danzare insieme al suo idolo: Margot Fonteyn. Con la quale si è esibita in un memorabile Romeo e Giulietta allestito da Rudolf Nurejev, ricordato anche perché ha visto sullo stesso palcoscenico l’astro nascente e la leggendaria star sul viale del tramonto.
Pur avendo lavorato con i più illustri ballerini (da Nureyev, appunto, a Vladimir Vassiliev, Mikhail Baryshnikov, Paolo Bortoluzzi, Massimo Murru e Roberto Bolle), aver interpretato personaggi iconici (il suo cavallo di battaglia Giselle, Francesca da Rimini, Swanilda), diretto i corpi di ballo del Teatro San Carlo di Napoli, dell’Arena di Verona, della Scala di Milano e dell’Opera di Roma, Carlina non si è mai montata la testa, anzi.
In tutta la sua vita ha conservato pacatezza, eleganza innata e senso dell’ironia. Confermato, quest’ultimo, dalla reazione alle esilaranti imitazioni di Virginia Raffaele: «Offesa? Le dichiaro un omaggio».
Davanti a tanta classe non stupisce se già nel 1969 un artista come Eugenio Montale, del tutto conquistato dalla Fracci (allora incinta e lontana dalle scene), le avesse dedicato la poesia La danzatrice stanca.
Ebbene, oggi quella danzatrice se n’è andata. Stanca, probabilmente. Ma forse, per citare Montale, là dov’è andata, potrà rimettere le ali, così che il suo fiore si rincarna.
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