Ieri mattina sono andata a fare una visita di controllo. Io e la dottoressa ci siamo messe a chiacchierare del fatto che ricopriamo tanti ruoli, la mamma, la moglie, la figlia, la casalinga, la lavoratrice e che, spesso, manca l’aria. La sensazione è quella di non riuscire a fare tutto bene, complice anche la necessità di stare sempre connesse.
«Mamma, vuoi più bene a me o al cellulare?» le aveva chiesto suo figlio la sera prima. Colpita e affondata.
Ovviamente vuole più bene a suo figlio, ma il lavoro le impone spesso di rispondere a chiamate, dubbi, emergenze. Dopo la visita sono rimasta a pranzo fuori, ero seduta da sola in un bar di Milano, accanto a me un uomo sulla quarantina mangiava un piatto di spaghetti all’Amatriciana, in compagnia del suo smartphone e di una birra. Sono stata seduta circa venti minuti, per tutto il tempo non ha mai alzato gli occhi dallo schermo.
L’ottobre scorso Confidenze ha pubblicato un mio articolo in cui cinque donne raccontavano di aver passato una giornata senza smartphone, Melania lo usava moltissimo, ma si era resa conto che in fondo era solo un’abitudine, per Katiuscia stava rovinando la qualità del suo tempo e stare senza l’aveva riportata a guardare il campanile dalla finestra di casa, Isabelle si era sentita fuori dal mondo, Lorella aveva capito che non era indispensabile essere sempre connessa e Rosa aveva riscoperto il piacere di sfogliare le pagine di un libro.
Proprio ieri, Melania, una delle lettrici che aveva partecipato all’articolo, mi ha scritto di aver riprovato l’esperienza, confermando che per lei, connettersi, chattare e condividere non sono una vera e propria necessità, ma semplicemente curiosità e routine. Ci siamo davvero “solo” abituati a vivere perennemente al cellulare?
A volte rischiamo di perdere tutto il bello che abbiamo intorno, di volerci meno bene, di perdere quelle emozioni “semplici” che sanno nutrire la nostra anima.
E voi, che rapporto avete con i vostri smartphone?
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