Il mio rapporto con i Capelli al sole (titolo dello speciale bellezza su Confidenze in edicola adesso, con l’adorabile Licia Colò come testimonial) ha origini che risalgono agli albori della mia vita. Infatti, sono figlia di una mamma fanatica delle chiome bionde, assolutamente decisa ad avere due figli dalla testa giallina.
Per sua fortuna, sia io che mio fratello siamo nati con i colori dei pulcini. Ma quando il luminoso biondo californiano ha cominciato a virare verso il cenere (succede alla maggior parte dei bambini), lei è andata in sbattone totale. Che ha placato grazie a un’idea geniale: fissarci un appuntamento dal parrucchiere.
Morale, all’età in cui i nostri coetanei si presentavano in salone esclusivamente per un taglio, noi venivamo sottoposti a shampoo schiarenti, che la mamma ci spacciava per trattamenti antiforfora. Tant’è che, pur non avendone mai vista traccia, per anni siamo stati convinti di essere soggetti all’orribile disturbo del cuoio capelluto.
Simpaticamente pazzoide, a un certo punto mia madre ha capito che forse era il caso di smettere di decolorare almeno mio fratello (creando in me il cruccio sul perché lui fosse guarito dalla forfora e io no). Ma appena andavamo al mare, tornava a concentrarsi su entrambi.
Quindi, consapevole del fatto che sole e sale sono un’abbinata formidabile per dare ai capelli biondi bellissime sfumature (di certo più naturali di quelle ottenute chimicamente), già dal ponte del 25 aprile ci portava in spiaggia e ci obbligava a bagnare la testa con l’acqua salmastra anche se faceva un freddo boia.
Potrei andare avanti con altri mille aneddoti, ma questi credo siano sufficienti per spiegare come si è evoluto il mio rapporto con i Capelli al sole quando ho iniziato a fare le vacanze da sola.
Della serie l’imprinting di famiglia lo abbracci al 100% oppure lo rinneghi del tutto, io l’ho abbracciato con devozione e dedizione commoventi. Per esempio, visto che da ragazza la passione per lo sci mi teneva in montagna fino al ponte del 1° maggio, chiedevo a chi andava in riviera il 25 aprile di portarmi paio di bottiglie di acqua di mare. Che poi travasavo in flaconcini tascabili, aggiungendo un mix di birra e succo di limone.
Dopodiché, mi presentavo con i micro contenitori sulle piste nell’ultimo ponte in vetta della stagione. E nel corso della giornata ne spantegavo il contenuto sui capelli, dalle radici alle punte. Non so con quali risultati estetici (visto che poi a Milano andavo comunque dal parrucchiere per i colpi di sole), ma diffondendo nell’aria note odorose degne di un alcoolista.
Sulla neve la chioma che olezzava di birra mi faceva sembrare una sciatrice inglese che in baita aveva alzato il gomito, è vero. Però, una volta al mare aveva già quell’aria nordica che piaceva tanto a mia mamma. E che iniziava a piacere anche a me.
Infatti, ancora oggi considero la spiaggia il mio parrucchiere estivo (ho invece abbandonato gli intrugli invernali). E se nei panni di beauty editor sotto il solleone consiglio a tutti di ricorrere a oli protettivi e/o cappelli di paglia, non mi sognerei mai di usarli io. Come non li ho mai fatti usare ai miei figli.
Ma se da ex bambini biondissimi, piano piano sono lo stesso diventati castanini, è perché non ho neppure permesso a mia mamma di intervenire sulle loro testoline. Anche se, sono sicura sicurissima, appena si ritrovava da sola al mare con i nipoti gliele strofinava energicamente con l’acqua ossigenata.
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