Sai qual è la storia più apprezzata della settimana sulla pagina Facebook? La ripubblichiamo sul blog
Sono venuta qui, da sola, nel regno del silenzio e dei Tuareg lungo le piste delle antiche carovane, per chiarire in me l’ultimo dubbio. Devo comprendere se c’è ancora spazio nel mio cuore per una passione travolgente e distruttiva o per un amore limpido e pulito
STORIA VERA DI CLAUDIA D. RACCOLTA DA CARMELITA FIORETTO
È notte nel deserto del Sahara, ma il buio è come scolorito da una densa stellata che sembra piovere dal cielo, ubriaca lo sguardo e dà vertigini al cuore e alla mente.
Seduta sulla sabbia ormai fredda, osservo dall’alto di una duna il campo tendato immerso nel silenzio. Fosse stato possibile sarei venuta da sola in Algeria, invece ho dovuto optare per un viaggio organizzato. Così ci sono state le bianche atmosfere coloniali di Algeri, le rosse case di Tamekrest, i fantastici torrioni di pietra di Ouflkit, l’incontro con i tuareg al pozzo di Tireine, ma soprattutto il deserto, dagli orizzonti sconfinati, con la sua luce abbagliante, con la magia delle sue albe, dei suoi tramonti, delle sue notti.
È da quando ho visto in dvd il film Il tè nel deserto di Bertolucci che sognavo di viaggiare lungo le piste delle antiche carovane, nel regno del silenzio e dei Tuareg, nel luogo dove o ci si perde o ci si ritrova.
E ora che sono a un bivio nella mia vita, è qui che ho deciso di venire per prendere le distanze da tutto e leggere bene dentro di me, chiarirmi l’ultimo dubbio e scacciare dal mio futuro l’ombra di un possibile rimpianto.
Tutto è cominciato una notte d’estate. Notte di plenilunio, densa di profumi, di sensualità e di magia come sanno esserlo le notti siciliane.
Per il compleanno della mia amica Luisa, avevamo organizzato una serata tra ragazze in un locale sul mare, decise a divertirci a tutti i costi. È stata una gradita casualità che, a un tavolo vicino, ci fosse una comitiva tutta maschile. Al nostro arrivo, erano già un po’ brilli e facevano un gran baccano, scambiandosi battutacce ad alta voce, sghignazzando. Un cameriere ci ha informate che era un addio al celibato.
Tra di loro ho notato subito Diego perché era un bel bruno alto, aitante, con gli occhi di un verde quasi di smeraldo e le labbra carnose, proprio come piacciono a me. Nell’incontrare il suo sguardo ho avvertito un inconfondibile rimescolio del sangue. Il suo sorriso è stato come una sciabolata di luce sul viso abbronzato.
Appena hanno attaccato con i balli sudamericani, è venuto da me e, con voce profonda e calda, mi ha chiesto: «Vuoi ballare?». Poi, senza aspettare la mia risposta, mi ha preso per mano e mi ha condotto sulla pista. Quando mi ha stretto a sé al ritmo della salsa, ho provato un brivido per tutto il corpo. Non mi era mai capitato di provare un’attrazione così immediata e così forte.
Anche se avevo già compiuto 27 anni, non avevo ancora incontrato l’uomo capace di farmi perdere la testa. Non ero neanche il tipo dalle facili avventure. Quella notte, invece, Diego mi ha fatta andare completamente in tilt.
Abbiamo ballato a lungo e chiacchierato, riso e scherzato. La testa mi girava un poco e avvertivo una sensazione inebriante e stupenda.
Era mezzanotte passata quando lui mi ha chiesto: «Ti va di fare un giro in auto?».
Come in un sogno, dimentica delle mie amiche e di ogni prudenza, l’ho seguito fuori dal locale. Ricordo che, mentre correvamo in auto nella notte, un vento caldo e odoroso di salsedine, di oleandro, di rosmarino, mi accarezzava languidamente il viso e i capelli. A un tratto si è fermato in uno spiazzo dal quale si vedeva il mare, punteggiato delle luci delle lampare. È stato lì che mi ha attirato a sé, baciandomi con un desiderio, una passione tali da togliermi il respiro. Ho perso completamente il controllo, avvinghiandomi a lui in una folle frenesia di baci e di carezze. Non avevo mai fatto l’amore in macchina. Quella è stata la prima e unica volta.
Era già quasi l’alba quando mi ha accompagnato a casa. Nel darmi un ultimo bacio, mi ha sussurrato: «Ti telefono più tardi». Quindi ci saremmo rivisti, ho pensato felice. Quindi anche per lui quella non poteva essere l’avventura di una notte.
La sua chiamata, che ho atteso con grande trepidazione, mi è arrivata a metà pomeriggio. È passato a prendermi al crepuscolo. Mi ha stupito un po’ che mi portasse in una trattoria economica e fuori mano, perché, con la sua bella auto sportiva, il costoso orologio di marca e l’aria dell’uomo elegante e di successo, non mi sembrava il tipo a cui potessero piacere posti così alla buona. Comunque, è stato piacevolissimo. Era come una favola, un sogno da cui speravo di non svegliarmi.
«Non sono riuscito a dormire» mi ha detto, tenendomi una mano tra le sue, fissandomi con quel suo sguardo da gatto. «Non ho smesso di pensare a te neppure per un secondo… Una cosa così non mi è mai successa».
Quindi, anche per lui, che di certo aveva più esperienza di me, quell’incontro era stato travolgente. Ero euforica. Dopo, siamo andati nell’alberghetto accanto alla
trattoria e abbiamo fatto l’amore con la stessa rovente passione, l’insaziabile desiderio della notte prima.
La doccia gelida mi è piombata addosso sotto casa mia quando, con lo sguardo fisso davanti a sé, la faccia contratta, le mani strette così forte al volante da avere le nocche bianche, Diego mi ha detto: «C’è una cosa che non
ti ho detto: l’addio al celibato di ieri sera era per me. Mi sposo tra 10 giorni».
Per lo shock mi è quasi mancato il respiro. Sconvolta, mi sono precipitata fuori dall’auto. Lui non ha cercato di trattenermi. Per fortuna i miei dormivano già. Chiusa in camera mia, bocconi sul letto, ho cercato di soffocare i singhiozzi nel cuscino. Non ho chiuso occhio. Mi sentivo presa in giro, umiliata, offesa e disperata.
Fosse finita così, forse mi sarei rassegnata in fretta. Invece, Diego ha cominciato a tempestarmi di telefonate. Io, stupida, anziché ignorarle rispondevo, per sentirgli dire di quanto fosse disorientato, confuso, di come io gli piacessi da impazzire.
«Come posso sposarmi con un’altra ora che mi sono innamorato di te?» mi chiedeva. Mi giurava che il suo era un matrimonio d’interesse, che non aveva mai davvero amato Clelia, la fidanzata, e che si era messo con lei soltanto perché era figlia del titolare dell’azienda per cui lavorava. Certo, aggiungeva, se avesse mandato all’aria le nozze lo scandalo sarebbe stato enorme, non solo avrebbe perso il lavoro ma il padre di Clelia, un uomo potente, lo avrebbe distrutto. «Prima che lei si innamorasse di me, la potevo solo sognare un’auto come quella che ho o di frequentare gli ambienti che frequento adesso. Claudia, non voglio lasciarti, ma come faccio?».
Forse può sembrare assurdo, ma riusciva a farmi sentire in colpa perché, a quanto pareva, gli avevo scatenato il caos nel cuore, nella mente. Lo so, non avrei dovuto accettare di rivederlo un’ultima volta. Invece, l’ho fatto e ho finito col cedere di nuovo alla passione, al desiderio.
Diego si è sposato ed è partito per la luna di miele a Mauritius.
Sono stata malissimo, ma non ho dato la colpa a lui, bensì al destino che ci aveva fatti incontrare troppo tardi. Ero comunque decisa a chiudere lì quella storia.
Eppure, quando dopo qualche mese Diego mi ha cercata, gli è bastato guardarmi con quel suo sguardo che mi faceva illanguidire e allungare una mano ad accarezzarmi il viso, le labbra perché la mia volontà di sfaldasse, si frantumasse e io mi ritrovassi tra le sue braccia, ancora affascinata, soggiogata da lui.
In questi giorni in Algeria, mentre le jeep correvano attraverso distese pietrose o si inerpicavano su per le dune, per poi scivolarne giù tra nugoli di sabbia, il caldo e soprattutto la luce mi hanno riportato alla mente le scene di sesso rovente del film tra la protagonista e il tuareg che l’aveva fatta prigioniera, schiava per il proprio piacere.
Era lo stesso potere che Diego aveva su di me? Non lo so. So solo che correvo al suo richiamo, folle di desiderio, con il cuore in tumulto, giurando e spergiurando a me stessa che sarebbe stata l’ultima volta. Non lo era mai.
I nostri incontri, sempre clandestini, nella camera di qualche motel, erano travolgenti, intensi ma brevi. Comunicavamo soprattutto con il linguaggio dei corpi, degli sguardi. C’era sempre poco tempo per le parole, ma io credevo di non averne bisogno per conoscerlo, per capire tutto di lui e amarlo.
«Temo che mia moglie sospetti qualcosa» mi ha detto un giorno, al telefono. «È meglio se non ci vediamo per un po’. Mi farò vivo io appena le acque si saranno calmate». È stato allora che ho capito che le sue continue promesse non erano che menzogne.
Sono stata male per settimane, senza potermi confidare, sfogare con nessuno perché, Diego me lo aveva fatto giurare, avevo tenuto segreta anche alle mie più care amiche la mia storia con lui.
La cosa strana è che soffrivo sì, ma al tempo stesso mi sentivo stranamente più leggera, direi quasi purificata da quel dolore. Era un sollievo non dovere più fingere, smettere di mentire.
Dopo mesi, ho sentito come una strana energia spingermi fuori dal pozzo della sofferenza, anche se il pensiero di Diego era sempre dentro di me, simile a un fuoco che arde comunque sotto la cenere. Il mio cuore era come anestetizzato, spento.
È stato per fare qualcosa di diverso, per distrarmi che mi sono iscritta a un corso di cucina.
Alla seconda lezione, mentre tagliuzzavo una carota, con un gesto maldestro mi sono fatta uno squarcio sul palmo della mano, proprio sotto il pollice. Alla vista del sangue che zampillava mi sono sentita mancare. Sarei finita a terra se un mio compagno di corso non mi avesse afferrata saldamente.
«Stai tranquilla, non è niente» mi ha rassicurata. «Sono un medico».
Ha tamponato la ferita, poi è andato a prendere in auto la sua valigetta e mi ha medicato per bene.
«Adesso ti accompagno a casa» mi ha detto, quando ha finito di fasciarmi la mano.
È stato così che ho fatto amicizia con Simone.
Abbiamo cominciato a frequentarci, a fare tante cose insieme, a passare ore a chiacchierare di tutto e anche, in disaccordo su qualcosa, a discutere animatamente.
«Ma tu e Simone state insieme?» mi ha chiesto un giorno la mia amica Ida. «Perché non si capisce bene».
Quando le ho risposto che eravamo solo amici, lei ha replicato: «Allora non ti spiacerà se ci provo con lui».
E lì ho compreso che, invece, sì che mi dispiaceva, mi infastidiva.
Tutto a un tratto, ho preso a guardarlo con occhi diversi, rendendomi conto che quel ragazzo biondo, dai profondi occhi nocciola, dai sorrisi rari ma luminosi, mi piaceva pure fisicamente, anche se non era bello quanto Diego.
Non ho capito che si era innamorato di me fino a quando, in un dorato pomeriggio di primavera, abbiamo fatto una passeggiata in riva al mare. Camminavamo a piedi nudi sulla battigia, quando all’improvviso lui mi ha attirata a sé e mi ha baciata, con un bacio appassionato ma insieme dolcissimo, che sapeva di salsedine e di limone, il gusto del gelato che aveva mangiato poco prima.
«Ti amo» ha mormorato. «Non dirmi che non l’avevi capito…» ha sorriso dolcemente.
Non ho potuto rispondergli che anch’io lo amavo, perché non sapevo bene cosa provavo davvero per lui, anche se ci stavo bene insieme, anche se mi faceva sentire protetta e al sicuro.
Simone non mi chiedeva mai una conferma dei miei sentimenti, perché credo che abbia sempre sospettato che nel cuore avevo una ferita che ancora non si rimarginava.
È cominciato davvero un bel periodo, sereno e gioioso. Le mie giornate iniziavamo sempre con l’affettuoso sms di Simone che mi augurava il buongiorno e che mi riscaldava il cuore e mi faceva sorridere. Sentivo che stare lui mi arricchiva e mi faceva una donna migliore.
E poi, un pomeriggio, sul display del mio telefonino è apparso un numero che ho riconosciuto subito, anche se lo avevo cancellato dalla rubrica.
Non ho resistito, ho risposto.
«Devo vederti» ha esordito Diego in tono fermo, deciso. «Incontriamoci, ti prego. Ora sono un uomo libero».
Non ce l’ho fatta a non andare all’appuntamento. Aspettandomi, fumava appoggiato alla sua bella auto. Appena mi ha vista, ha gettato via la sigaretta e mi è venuto incontro sorridente. Senza che riuscissi a reagire, a impedirglielo, mi ha afferrato le mani, attirandomi a sé. Il profumo della sua costosa colonia, misto all’aroma della sua pelle, mi ha avvolto e stordito.
«Mi sono separato da mia moglie» mi ha annunciato. «Adesso possiamo stare insieme senza più nasconderci». Stentavo a credere che quanto stava accadendo fosse vero. Era qualcosa a cui ero del tutto impreparata, anche se avevo sognato di sentirgli dire quelle parole tante, troppe volte.
Frastornata, confusa sono salita in auto con lui che ha imboccato una strada che portava sulle colline.
«Ma adesso come farai con il lavoro?» gli ho chiesto ancora dubbiosa, perplessa.
«Non c’è alcuna problema» ha risposto con una risatina lui. «Il padre di Clelia è dalla mia parte adesso! È arrabbiatissimo con lei. Non le perdonerà facilmente di avermi lasciato per un maestro di yoga. Chissà cosa mai ci avrà trovato in quel tipo».
Ormai ci stavamo inoltrando per una sterrata ghiaiosa. Intorno a noi il silenzio e i profumi della pineta. Diego si è fermato in uno spiazzo e lì mi ha attirato di nuovo a sé, travolgendomi quasi con l’intensità del suo desiderio. «Ti voglio, Claudia. Non sai quanto mi sei mancata» mi ha sussurrato con voce roca, cercandomi la bocca in un bacio senza respiro. Mentre la sua passione già mi infiammava il sangue, io mi sono chiesta, in un lampo: ”Ma io lo voglio?”.
È per rispondere a questa domanda che solo pochi giorni dopo, con un’intraprendenza che non credevo di avere, senza un’amica , sono partita per questo viaggio avventura in Algeria e adesso mi trovo qui, su questa duna, sotto questo cielo infinito che arde di stelle.
Mi dispiace solo non aver potuto dire a Simone la verità, per non ferirlo, per non impensierirlo, anche se è rimasto senz’altro sconcertato dalla mia decisione.
A Diego invece non ho dato spiegazioni.
Ora, simile a un dolce sospiro, scivolando giù dalle dune, il vento del deserto sussurra al mio orecchio. Io lo ascolto attenta, mentre si diradano piano le nebbie del mio cuore. «Tutto a posto?» mi chiede la compagna di viaggio seduta accanto a me sull’aereo.
«Tutto a posto» rispondo con un sorriso.
Intanto mando l’ultimo sms prima di spegnere il cellulare durante il volo.
Lui è in aeroporto ad aspettarmi.
Appena lo vedo, sento come una luce inondarmi. Il cuore mi batte forte mentre gli corro incontro e mi rifugio felice tra le sue braccia.
«Ti amo, Simone» gli sussurro. «Ti amo e voglio stare sempre con te».
Sì, lo amo con ogni certezza e nessun dubbio. ●
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Storia pubblicata su Confidenze n. 35
Ultimi commenti