Storia vera di Gabry T. raccolta da Francesca Colosi
Lo ammetto, ho un debole per gli uomini più giovani di me e anche per quelli prestanti e con la pelle levigata. Se hanno gli occhi scuri, vedo in loro uno sguardo profondo, intenso e nello stesso tempo impenetrabile, misterioso. So che quando giudichi una persona non dovresti mai dimenticare quello che c’è al di là dell’aspetto fisico. Ecco, io sono una di quelle che invece l’aspetto fisico lo pone al primo posto. L’ho negato per anni, sia a me stessa che alle amiche: negavo la mia superficialità, il fatto che io volessi flirtare solo con uomini belli. È ovvio che poi scoprire in un bel fisico anche una testa pensante è un valore aggiunto. Quello che conta però per me, è che l’uomo con cui mi accompagno sia bello.
Incontrai Augusto nel lontano 2005. Tipica situazione da spiaggia.
La signora italiana che adocchia il bellimbusto brasiliano che corre lungo la costa di Ipanema, in riva al mare. In Brasile sono in tantissimi a fare sport sulla spiaggia e tutti fascinosi, diciamolo subito. Ammetto, senza troppi moralismi, che persi la testa nel giro di poco. Lui notò sin da subito il mio interesse. Non ci volle molto, e mi ritrovai Augusto accanto con uno spiedino di crostacei tra le dita. “Un’avventura estiva,” pensai subito “mi diverto io e si diverte lui. Che male c’è?”. Il fatto è che io, nel giro di pochi giorni ero cotta. All’inizio pensavo di poter gestire quella relazione con leggerezza. Spiedini di crostacei in spiaggia, appunto, e dato che Augusto non aveva certo i mezzi per pagarsi le serate al ristorante, lui sarebbe stato mio ospite. Fin qui niente di male.
«Sei una donna fantastica» prese a dirmi già il secondo giorno. I suoi occhi fissi sui miei, neri e liquidi. Non mi lasciava un attimo, mi portava in giro tra le vie della sua città. La sera ballavamo il samba che, contrariamente a quello che si pensa, è musica malinconica e piena di poesia. A Rio cantano il samba dal vivo, voci calde, piene di passione. Quella musica era diventata la nostra colonna sonora. Augusto beveva una birra, poi un’altra, io lo seguivo. Con lui furono giorni d’amore ma anche di spensierato ridere e parlare di nulla.
«Questa è mia sorella» fece un giorno. Eravamo lì, davanti a lei, davanti a Fernanda, quella ragazza che Augusto aveva chiamato sorella ma che in realtà a lui non assomigliava per niente. Decisi di non indagare. Cosa mi importava alla fine della vita privata di un uomo che si stava facendo offrire qualche cena? Augusto stava con me ma, presto, si sarebbe trovato una nuova italiana, o una francese, o un’inglese con cui passare qualche altro giorno in allegria, tra buone cene e birre a gogò. Chi accetta di vivere questo tipo di incontro, accetta anche di pagare. Un’amica che aveva una grande passione per la Jamaica, mi aveva parlato in passato di queste relazioni di breve durata. Neanche io sono nuova a questo tipo di approccio. Però Augusto mi intenerì, e m’intenerì tanto da non riuscire a lasciarlo così facilmente.
«Vieni con me a Salvador» gli dissi. «Provvederò io a tutte le spese». Il mio viaggio prevedeva una seconda tappa verso il nord del Paese. Augusto non se lo fece dire due volte. Arrivammo a Salvador de Bahia che era sera. Entrammo in albergo e fu una notte d’amore indimenticabile. Augusto non smise di dirmi che ero una donna speciale. Poi aggiunse anche che ero bella. Non gli credetti. Avevo diversi anni più di lui e già qualche ruga di troppo.
Poi la prima sorpresa, una brutta sorpresa. Il giorno dopo Augusto sparì. Chiesi alla reception, ma niente. Forse se n’era tornato a casa, pensai in un triste impeto di realismo. Poi accadde l’imprevisto. Mi diressi rassegnata verso la cattedrale della città: non volevo rovinarmi del tutto la vacanza. E invece eccolo! Era lì. Augusto era seduto a un tavolo con una birra in mano. «Ho preso qualche spicciolo» fece. Disse proprio così: «spicciolo», in buon italiano. «Qualche spicciolo?» esclamai. Aprii subito il mio portafoglio. Non c’erano più i soldi rimasti dalla sera prima. Rimasi di stucco. «Te li restituisco» aggiunse lui. Io ero attonita. Augusto se ne stava lì, con aria tranquilla e privo di qualsiasi senso di colpa.
Cercai di razionalizzare quel fatto. Se avesse davvero voluto derubarmi, si sarebbe allontanato dalla città, quantomeno dal centro storico. «Dài, prenditi una birra» fece lui con una faccia di bronzo. Ammetto la mia debolezza. Lo perdonai.
Certo, da quel momento qualcosa cambiò. Lui non era più il ragazzo simpatico che si era avvicinato con fare semplice e immediato in spiaggia. Lui non era davanti a me perché io gli piacevo. Non era lì perché un giorno mi avrebbe amata. La verità è che Augusto era interessato alla mia condizione sociale ed economica. Pensai che da quel momento avrei dovuto stare in guardia.
«Parlami di te. Dimmi che cosa fai per vivere» gli dissi.
«Lavoro nel bar di un amico » rispose.
«E adesso? Adesso non lavori?» chiesi ancora.
«Adesso voglio stare con te» disse lui.
«Con me?» risi. «Ma se te ne sei andato senza dirmi niente!» esclamai.
«Non me ne sono andato. Mi sono allontanato per bere una birra».
Decisi di tagliare corto. La sera fu come la precedente. Esaltante, eccitante: passione e birre. Purtroppo Augusto mi piaceva. Aveva una forza e un’energia che mi giungevano dirette. Mi piaceva abbracciarlo, adoravo essere baciata
da lui. Augusto mi diceva che ero bella proprio perché matura, che solo le donne più grandi sanno dare affetto vero. Mi ringraziava per averlo perdonato del piccolo furto. Insistette che lui non era un ladro, era solo povero.
Ecco cosa accadde dopo. Augusto mi convinse a regalargli un telefonino. Io e lui siamo ancora in contatto. Come si potrà immaginare, provvedo ad alcune delle sue spese. Alla sua vita brasiliana. Cosa dire ancora? Lui vuol venire in Italia. Dice di amarmi. Mi chiede di riaccoglierlo tra le mie braccia. Però io so. So bene che Augusto non vuole venire nel mio Paese per amarmi. Augusto è giovane ed è alla ricerca di una nuova vita.
Testo pubblicato su Confidenze 45/2015.
Foto: Istock
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