Storia di Teresa C. raccolta da Francesca Colosi
Quello che mi fa più rabbia è come me l’abbiano fatta sotto il naso. Emma, la mia vicina era rimasta vedova qualche mese prima e per l’estate ospitava la cugina, siciliana come noi ma trapiantata a Trieste. Sia Emma sia la cugina avevano buoni motivi per passare qualche tempo insieme, l’una per colmare la solitudine e il vuoto del lutto, l’altra, che era separata, per godersi il mare e l’estate siciliana. Con Emma i rapporti di buon vicinato si erano presto trasformati in amicizia, e con la morte prematura del marito la nostra frequentazione si era infittita con il beneplacito di mio marito che in genere non gradiva avere gente per casa. Con Emma anche lui era paziente e premuroso, tanto da considerarla quasi una parente.
Emma, spesso senza preavviso, arrivava all’ora dei pasti magari con una pietanza o un dolce preparato da lei. Io l’accoglievo affettuosamente, anche se l’imposizione della sua presenza cominciava a pesarmi. L’arrivo della cugina mi sembrò provvidenziale per allentare questa consuetudine dei pasti condivisi.
Donatella, la cugina di Trieste, era cotonata, seno sempre in vista, e con vestitini di dubbio gusto e un po’ datati che portava con impettita sicurezza, compreso un completino troppo stretto che sfoggiava nelle serate estive con incosciente disinvoltura. Portava anche scarpe con zeppe enormi che compensavano lo scarso chilometraggio delle gambe. I risultati, nelle proporzioni dell’insieme, erano catastrofici. A questo aspetto folcloristico corrispondeva un carattere altrettanto colorito: sempre allegra, pimpante e ridanciana, Donatella mi sembrò l’antidoto perfetto per la tristezza di Emma. Mentre io apprezzavo il suo arrivo per i motivi elencati, mio marito, in genere pigro e distratto, aveva trovato quella donna più interessante di quanto potessi immaginare. Accadde che Emma, invece di approfittare della compagnia di Donatella per rendersi più autonoma, iniziò a frequentare casa mia insieme a lei. Le occasioni di incontro non mancavano, anzi, data la bella stagione, si presentarono sempre più spesso. Donatella era prodiga di complimenti e gridolini di esaltata approvazione per qualsiasi aneddoto, barzelletta o stupido raccontino di mio marito. Donatella non nascondeva il piacere di stare con noi anche se, adesso so, di me avrebbe fatto volentieri a meno. Insomma, invece di sollevarmi dalla presenza costante di Emma, Donatella si era a sua volta intrufolata prepotentemente nella mia, nella nostra vita, con ben altre conseguenze.
Purtroppo il mio giudizio di donna, che la considerava priva di fascino e di attrattiva, non coincideva con quello dell’uomo che avevo sposato vent’anni prima. Il naturale deterioramento psicofisico di mio marito che finora mi aveva ispirato tenerezza, mi appariva adesso come un inesorabile rimbambimento. Ho verificato con la mia tormentata esperienza personale come un uomo apparentemente intelligente e razionale possa trasformarsi, nell’età di mezzo in un indifeso bamboccio senza spina dorsale. Probabilmente è la ricerca di conferme delle capacità di maschio che mette in moto la vanità senile, e la monotonia di un rapporto sereno con la donna di sempre, fa il resto.
È in questo contesto che un uomo di cui ti fidi e che credi serio e attendibile, si fa distrarre da una donna pettoruta, meglio se un po’ antica. perché gli ricorda la mamma, una di quelle che si compiace anche quando lui apre solo la bocca. È sufficiente che lei lo faccia sentire l’uomo più importante e affascinante della terra, e lui cade nella trappola. È proprio qui che arriva il famoso, inesorabile colpo di fulmine. Poi, nella confusione emotiva delle conseguenti attività amatorie fortemente appaganti per lui, e formidabili per lei,lui si sente irrimediabilmente innamorato. E a quel punto, ha pure la dabbenaggine di dichiararsi in un momento di sublime abbandono. Così mio marito coltivava con enfasi la tresca maturata tra le nostre mura, consumata sotto il mio naso senza che io mi accorgessi di niente. In realtà avevo notato lo sguardo adorante di lei e l’atteggiamento da galletto di lui, ma, che dire? Li trovavo a dir poco patetici. Non avrei mai pensato che ci fosse dell’altro. Non ce lo vedevo proprio, quel marito poltrone e pantofolaio a imbastire intrallazzi e incontri segreti mentendomi spudoratamente. Lei partì, ritornò. Lui partì. Ritornò. Era stato da lei. E io ancora non capivo.
Insomma, per più di un anno la tresca era andata avanti e l’innamoramento di lui sembrava avere raggiunto l’apice estremo. Nel frattempo, cresceva la certezza assoluta di lei che il sogno d’amore sarebbe stato presto coronato con la mia conseguente liquidazione. Evidentemente il coronamento di cui sopra e la sperata liquidazione avevano subito parecchi slittamenti. Fu così che Donatella un giorno, molto alterata, mi telefonò e mi raccontò ogni avvenimento di cui da tempo lei e mio marito erano attori. Io cornuta. Si dilungò con voce stridula su date, fatti e particolari di ogni genere: ascoltai in silenzio, senza commenti. Mi disse che lei era quella che mio marito voleva. Lei voleva che io sapessi. Il piano, a dir poco di pessimo gusto, elaborato da Donatella per rompere gli indugi dell’amato, prevedeva a quel punto il lieto fine. Io avrei dovuto cederle ufficialmente mio marito, lasciarlo tra le sue braccia amorevoli. Peccato che il suo principe, nel frattempo, cominciò a fare qualche passo indietro. Eh sì. Lui iniziò a battere in ritirata. Scoperto, la faccia abbattuta, gli occhi sbarrati, il colorito paonazzo, balbettava sul suo errore, chiedeva il perdono. Nelle sue parole, lei, solo lei, era la colpevole. La sua unica colpa era la debolezza, poi la confusione. Cominciò a insultare Donatella, la donna che lo aveva circuito, stuzzicato e ottenebrato, soffocandolo al punto da confondere la sua mente e il suo cuore. Disse che non era mai stato innamorato di lei, ma plagiato. Disse ancora che gli incontri con lei erano diventati un incubo, e che avrebbe voluto sottrarsi. Solo, non trovava il modo di uscirne! Aggiunse ancora che uno stress orribile lo aveva tormentato in quei mesi, e che Donatella era diventata aggressiva e ricattatrice. Mio marito disse poi di essere stato una vittima della sua amante. Una vittima di stalking.
C’è voluto del tempo, davvero molto, per accettare. Non sono mai riuscita a perdonare. Quanto a Emma, non so che parte abbia avuto in tutta questa storia: se ha saputo e ha taciuto per favorire la cugina, o se non sapeva. In realtà non voglio sapere, ma per lei non c’è più posto nella mia casa e nella mia vita.
Testo pubblicato su Confidenze n. 27/2016.
Foto: Getty Images
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