Alma, nome di fantasia, ha 23 anni e il 18 agosto scorso (dopo l’ingresso dei talebani a Kabul) è riuscita a fuggire dall’Afghanistan con il marito. Ma anche con il bambino che porta in grembo, visto che appena prima della partenza ha scoperto di essere incinta.
Oggi, la giovane donna abita a Roma, è in attesa di partorire e, nell’intervista che trovate su Confidenze in edicola adesso, dichiara: Ho un sogno per mio figlio.
Naturalmente, il grande desiderio di Alma è che il piccolo possa un giorno tornare nel suo Paese e viverci finalmente in pace con il resto della famiglia, abbandonata senza neppure averla conosciuta. Mentre per noi, mamme più fortunate, le aspirazioni di solito riguardano buoni successi a scuola e poi nel lavoro.
Insomma, storie diverse generano sogni diversi. Eppure, ogni futura puerpera ha una cosa ben precisa in comune: l’istinto irrefrenabile di fantasticare su un’esistenza meravigliosa per il suo bebè, prima ancora che il batuffolo venga al mondo.
Avendo avuto due figli, so bene di cosa parlo. Tant’è che ricordo alla perfezione come la conferma delle gravidanze abbia coinciso con il ferreo bisogno di credere ciecamente che i miei cucciolotti sarebbero cresciuti sani, felici, amati e, una volta adulti, del tutto realizzati.
Ai tempi avevo 25 anni e non sapevo niente di bambini. Lo stesso, però, gli esiti positivi dei test di gravidanza mi hanno pervasa di ottimismo all’ennesima potenza. E catapultata nell’urgenza di assicurare agli strufolini il meglio di ciò che avrei potuto offrire loro.
Quindi, esattamente come Alma, di colpo anch’io ho iniziato a sognare il massimo per i miei figli. Nonostante fossi ancora ignara del vero significato di diventare genitore.
Beh, devo dire che non ho impiegato molto a scoprirlo. Infatti, quando ho stretto tra le braccia il mio primogenito ho capito alla velocità del lampo che essere mamma vuol dire entrare in contatto con l’amore puro. Quello, cioè, che ti trasporta nella necessità di dare senza la minima intenzione di chiedere nulla in cambio. Che ti fa sperare per il fagottino tutto il bene possibile. E che ti invita a non pensare più a te stessa come al centro dell’universo.
Per dirla tutta, le emozioni che regala un bebè sono così prorompenti da scatenare stati d’animo indescrivibili. E la voglia di farne subito un altro, anche se per nove mesi rimani in balia di una domanda: riuscirai a riservare al nuovo arrivato la stessa valanga di amore che stai provando per il piccolo che c’è già? Interrogativo legittimo, visto che non hai ancora intuito un dettaglio fondamentale. Ovvero, che il bene assoluto non conosce confini.
Invece, il miracolo è proprio questo: quando si tratta di figli, l’amore si moltiplica all’infinito. Tant’è che appena ho visto il mio secondo bambino, ho saputo dal primo istante che quel mostriciattolo rugoso e rossastro mi era entrato nel cuore. Senza togliere niente a suo fratello.
Tutto questo è magia per ogni mamma del mondo. Per donne come Alma, che in un Paese non suo è concentrata sul figlio che nascerà più che sulla condizione di esule. Ma anche per quelle più fortunate. Che, insieme al pancione, possono semplicemente permettersi di veder crescere la speranza nel futuro. E l’impagabile bramosia di sognare.
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