Vi riproponiamo sul blog una delle storie vere più apprezzate del n. 22
“Sei bellissima”. La scritta campeggiava sullo specchietto dell’auto che mi stava conducendo a sposarmi, ma non l’aveva scritta Fausto, il mio futuro marito. In un attimo tutto mi fu chiaro
STORIA VERA DI MADDALENA G. RACCOLTA DA CLAUDIA TURCHIARULO
Stefano era il mio migliore amico da tutta la vita. Ci eravamo conosciuti all’asilo e sin da subito eravamo diventati inseparabili. Da adolescenti, un paio di volte mi aveva confessato di essere innamorato di me, ma non avevo mai dato peso alla cosa.
Pensavo semplicemente che fosse confuso, dopo essere stato rifiutato dalla sua fiamma di turno. Diciamo che era sempre invaghito di qualcuna e i suoi proclami non apparivano così solenni.
Chi ci conosceva bene, però, sosteneva che le sue tante scappatelle servissero solo a dimenticarmi o, addirittura, a farmi ingelosire.
Io, però, non lo avevo mai guardato con occhi diversi, poiché lo consideravo un fratello.
Quando conobbi Fausto, poi, il nostro rapporto si raffreddò.
Stefano non riusciva proprio ad accettare questa relazione. Detestava il modo in cui lui si prendeva gioco di me, lasciandomi e riprendendomi, trattandomi quasi come una cosa sua, con quella superiorità che, purtroppo, mi affascinava. La verità è che gli amori facili non mi
erano mai piaciuti e da sempre mi lasciavo coinvolgere in relazioni eccitanti, ma pericolose.
Sarà che non avevo mai vissuto l’armonia di coppia, essendo figlia di una ragazza madre, ma proprio non riuscivo a desiderare un partner dolce e presente, complice e innamorato. Mi annoiava tremendamente soltanto pensarci.
Come recita quella vecchia canzone “Prendi una donna, trattala male, e allora sì vedrai che ti amerà”. Ecco, sembrava proprio scritta per me. Fausto era più grande di dieci anni e aveva un divorzio alle spalle. L’ex moglie lo aveva lasciato a causa dei frequenti tradimenti subìti e dei suoi modi non esattamente romantici. Io, invece, avevo perso la testa per lui proprio per il suo modo di fare arrogante, prepotente, che mio malgrado mi attirava.
Dopo sei anni di alti e bassi, in cui ci eravamo lasciati e ripresi più volte, e anch’io avevo ricevuto una buona dose di corna, mi spiazzò chiedendomi di sposarlo.
Avevo 38 anni e credevo di amarlo… Mi sembrò inevitabile accettare la sua proposta, anche se la passione furiosa che ci aveva legato all’inizio ormai si era affievolita e complice l’avanzare dell’età, cominciavo ad avvertire più la necessità di avere accanto una persona che mi amasse e rispettasse, senza tanti ostacoli. Diciamo che le coccole e le attenzioni che avevo sempre schivato, adesso mi mancavano, e non poco. L’organizzazione del matrimonio si rivelò un incubo.
La freddezza di Fausto si trasformò in vera e propria insofferenza, nei miei riguardi e persino in quelli del mondo intero.
Non voleva sentir parlare di fiori, torta, menu. Non mi aiutò nemmeno con la lista degli invitati, costringendomi a richiedere l’intervento di mia suocera, quanto meno per capire quali parenti coinvolgere. Si rifiutò persino di dire la sua in merito alla data o alla location. Quando gli domandavo se non fosse il caso di lasciar perdere, mi rispondeva che le donne sono tutte uguali, pesanti, che le farfalle nello stomaco erano morte da tempo, e l’amore eterno e florido esisteva solo nei film.
Mi accusava di essere una sognatrice e di non voler realizzare nulla di concreto nella vita. Lui, al contrario, desiderava un figlio, e non voleva più perdere tempo. I dettagli della cerimonia, diceva, non lo interessavano. Come al solito, mi convinsi che avesse ragione lui e sorvolai sul clima di tensione che si era instaurato tra noi. Non avevo mai pianto prima di allora, perché in fondo me l’ero cercata, ma spesso di notte mi sentivo sola e i dubbi mi attanagliavano feroci.
Trovai conforto in Stefano, che nemmeno in quel caso mi voltò le spalle, nonostante avesse più volte provato a dissuadermi dall’idea di sposarmi.
Avrei dovuto ascoltarlo, lo so. Ma forse il disegno del mio destino non era quello.
Quindi, la sera del 27 maggio, gli chiesi di venirmi a prendere per accompagnarmi alla sala ricevimenti dove io e Fausto ci saremmo sposati con rito civile, e farmi da testimone.
Lungo il percorso, però, gli confessai un segreto che mi logorava.
Due giorni prima, sul telefono del mio quasi marito, avevo trovato dei messaggi inequivocabili scambiati con una sua giovane amante. Foto intime che mi avevano fatto venire il voltastomaco.
Forse, se lui avesse avuto 20 anni sarebbe stato più comprensibile, ma davvero alla soglia dei 50 e a un passo dalle seconde nozze, si può ancora fare sesso occasionale con ragazze che potrebbero esserti figlie, e inviare loro squallide fotografie erotiche?
Che vergogna!
Fausto non aveva perso il vizio di tradire e questo mi faceva credere che non sarebbe cambiato neppure dopo il nostro grande giorno. Anzi, l’idea che avrebbe continuato a frequentare le sue amichette indisturbato, mi faceva ribrezzo e, al tempo stesso, paura.
Però, non avevo il coraggio di mandare tutto a monte, a due giorni dal ricevimento. Non volevo deludere mia madre, che per la prima volta in tanti anni aveva creduto in una favola, senza conoscerne il lato oscuro. E poi, c’erano gli amici, i colleghi di lavoro che mi avevano sempre
stimata. Cosa sarei diventata agli occhi di tutti? Una povera vittima, o solo una stupida, capace di farsi prendere in giro da chi poco dopo le avrebbe giurato amore eterno? E sì, lo so che la sua ex me l’aveva detto milioni di volte, e che Stefano aveva provato in ogni modo a mettermi in guardia, ma io proprio non volevo dargli retta.
Scoppiai a piangere, in un misto tra paura, delusione e semplice tensione del momento.
Stefano mi asciugò gli occhi alla meglio, sussurrandomi che avremmo trovato una soluzione, e mi consigliò di specchiarmi per sistemare il trucco.
Abbassando il pannello dell’auto, ebbi un colpo al cuore. Su quel pezzo di vetro, con un pennarello indelebile, Stefano aveva scritto “Sei bellissima”.
Immaginava che sarei stata nervosa nel giorno delle mie nozze, o che magari avrei pensato di non essere abbastanza bella, di avere i capelli fuori posto, il make-up imperfetto. E lui, come al solito, con due semplici parole, mi avrebbe regalato la serenità che mi mancava, rassicurandomi. La sua delicatezza mi avvolse vigorosa, penetrandomi nell’anima.
Non ricordo cosa pensai in quell’istante, ma un momento dopo ci stavamo baciando e avevamo invertito la rotta per tornare di corsa a casa sua. Feci l’amore con lui con ancora l’abito bianco addosso, mentre l’acconciatura dei capelli si disfava ogni minuto di più. E poi, la giarrettiera che si muoveva su e giù sulla coscia destra, solleticandomi. Il velo che si incastrava nelle pieghe dei nostri corpi e in quelle del desiderio. La passione veniva rotta da improvvise risate, quasi come se ci sembrasse assurdo ritrovarci lì, l’uno nell’altra, dopo una vita intera in cui avremmo potuto amarci indisturbati, ma senza mai nemmeno pensare di provarci. Poi, però, riprendeva il sopravvento e i baci scorrevano dall’uno all’altra, facendosi strada tra le mani audaci e incontrollabili, tra le pulsioni roventi e frenetiche. Morsi, carezze, labbra assetate d’amore, tripudio di energia e di cupidigia. Solo dopo alcune ore presi in mano il telefono e trovai un centinaio di chiamate perse. Ma decisi che non avrei risposto mai più. ●
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