Storia vera di Cristina T. racolta da Rita Brambilla
Da bambina scrivevo sempre la letterina a Gesù Bambino, mai a Babbo Natale e non per una scelta religiosa dei miei genitori, ma semplicemente perché quel vecchio signore grande e grosso con la barba bianca a me faceva paura, quindi, dopo averne parlato con grande serietà con mia mamma, avevamo deciso che per i miei regali avremmo scomodato Dio in persona.
È andata avanti così per anni, finché non ho scoperto quanto, al posto delle bambole, fosse bello ricevere una semplice busta bianca grazie alla quale avrei potuto comprarmi ciò che volevo. Erano gli anni dell’adolescenza, dell’egoismo, dei drammi esistenziali e di cuore, della disillusione dal mondo che avevo sempre conosciuto, dei primi trucchi e dei profumi. Tutto sembrava un po’ drammatico, eppure, a ripensarci, incredibilmente semplice.
Col tempo il mio Natale è cresciuto insieme a me e più che riceverli, ho scoperto la gioia di farli, i regali, di incartare, infiocchettare e stipare ovunque possibile i vari pacchetti. Tutto è andato avanti così per anni, fino a che, nel dicembre di dieci anni fa, mentre cullavo una delle figlie gemelle di mia cugina, ho capito che il desiderio mio più grande era quello di avere una famiglia, sposarmi e avere due o tre figli a cui far vivere le stesse gioie che io avevo provato per tutti i dicembre della mia vita.
È così che i miei desideri sono tornati a chi per primo ha accolto le mie letterine, è così che ho ricominciato a chiedere a Gesù Bambino di far diventare realtà i miei più grandi sogni. Non ci sono più state letterine, solo una semplice richiesta: una famiglia tutta mia. Poco dopo ho incontrato Giulio e ho pensato che tutto stesse andando esattamente come da richiesta, bastava l’idea di una bella letterina sotto l’albero e tutti i desideri si sarebbero avverati. Gli anni sono passati e mentre da una parte gioivo nel vedere le mie splendide amiche in abito da sposa e avevo l’onore di essere testimone al matrimonio del mio fratellino, dall’altra parte io personalmente piano piano vedevo disgregarsi sempre più irreparabilmente il rapporto con l’uomo che amavo, e così, prima ancora di una famiglia, chiedevo a Gesù Bambino che le cose con Giulio miracolosamente si sistemassero.
Probabilmente quelle lettere andarono perse e così qualche anno fa mi sono ritrovata a passare il mio primo Natale da single. Quell’anno tutto fu un semplice gesto meccanico: gira per negozi paga, torna a casa, da sola, impacchetta e riempi gli armadi di regali di cui onestamente non mi interessava nulla. Mi sentivo abbandonata e tradita: da quando il Natale mi tirava un così brutto scherzo? Da quando i miei desideri erano diventati semplice carta straccia da camino? Qualcosa si era spezzato e per quanto provassi gioia a vedere i miei nipotini tutti concentrati e felici a scartare i loro nuovissimi giochi, la magia che avevo sempre vissuto in questo periodo dell’anno se n’era andata insieme alla mia capacità di sognare come solo i bambini sanno fare.
Sono passati tre anni e seppure il mio cuore si sia ricompattato, il tempo trascorso era stato così infelicemente ricco di eventi da dimenticare, di difficoltà, di lacrime, di spese e di debiti con cui fare i conti, che anche il Natale era diventato semplicemente un dovere a cui non poter sfuggire. Nulla di quello che mi veniva regalato era qualcosa che davvero volevo, in quei bellissimi pensieri non vedevo neanche lontanamente una risposta ai miei desideri e più passava il tempo e più mi arrabbiavo, ero così accecata dalla mia capricciosa infelicità, da non vedere quante persone cercavano attraverso i loro gesti, di rendere belle le mie festività. Certo, nessun oggetto può riempirti il cuore, ma quello che mi stavo perdendo era la possibilità di godermi la famiglia, le risate, le chiacchiere, le urla di gioia dei bambini sotto l’albero mentre abbracciavano le adorate cuginette più grandi, i baffi di zucchero a velo, le manine appiccicose di crema di mascarpone, la tenacia di mio zio nel perpetuare la tradizione dei ravioli di zucca fatti in casa, la contagiosa impazienza di mia zia, da undici anni felicemente nonna, nel voler distribuire i regali ai bimbi ogni anno un po’ prima e la protesta di noi figli ormai grandi che ricordavamo quando, ormai trent’anni orsono, eravamo costretti ad aspettare fin dopo la Messa di mezzanotte per poter aprire i nostri.
Mi sono dimenticata della grandezza del Natale, ma per fortuna, lui non si è dimenticato di me.
Poco più di un mese fa stavo facendo da babysitter ai miei tre nipoti, e a un certo punto mi sono trovata a guardare la tivù con la più piccola, neanche due anni ma una parlantina già spigliata, e ci siamo imbattute nelle classiche pubblicità prenatalizie di giocattoli. All’inizio non ci ho fatto molto caso, ma poi mi sono ritrovata davanti un foglio, una stemperata matita rossa e due occhioni nocciola che mi fissavano felici. Voleva che scrivessimo la letterina di Natale e con mia sorpresa e grande gioia voleva anche lei scriverla a Gesù Bambino. Teresa è ancora troppo piccola per avere una lista di regali da desiderare, ma lo stesso non vale per i suoi fratelli, Sofia e Giovanni, con i quali ci siamo trovati in breve tempo a scrivere e decorare con i loro bellissimi disegni, le letterine da inviare a Gesù Bambino.
La magia era tornata, o meglio, io sono tornata, perché ero io ad aver perso la gioia che per tanti anni aveva accompagnato i miei Natali. Siamo onesti, nessuno ricorda con esattezza i regali che negli anni ha trovato sotto l’albero, eppure ci si ricorda benissimo della nonna in cucina che ti saluta, del vociare di tutti mentre si mangia, dei bambini che controllano, senza neanche saper leggere, i bigliettini sui pacchetti per scoprire se il regalo più grande è il loro, dell’abbraccio di tua cognata incinta, di tua mamma che ride mentre tuo fratello dice una stupidata, dell’altro tuo fratello impegnato a montare la casa delle bambole della nipote più grande che lo controlla inflessibile.
Questo è il Natale e per questo motivo ho ricominciato a scrivere mentalmente a Gesù Bambino. Il mio desiderio è sempre lo stesso, ma ora prima di tutto gli ho chiesto di lasciare sempre i miei occhi ben aperti, di darmi la capacità di sperare e di credere, anche nei momenti più difficili, e di darmi la capacità di essere felice di tutto quello che ho, perché, seppur non ho quello che volevo, ho una splendida famiglia e dei favolosi bambini (i miei nipoti) con cui vivere la vera magia del Natale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pubblicata su Confidenze 51/2017
Foto: Istock
Ultimi commenti