Silenzi d’amore è la storia più apprezzata del n. 2
L’attrazione reciproca con Max sta diventando importante ed è proprio questo che temo: una donna innamorata può essere ferita e gli altri si possono approfittare di lei, com’è successo a mia madre. Decido, allora, di affrontare il problema di petto
STORIA VERA DI PETRA V. RACCOLTA DA SIMONA MARIA CORVESE
«Eccoti! Mi domandavo dove fossi», esclama Max entrando in cucina e facendomi sobbalzare. Mi volto di scatto e me lo trovo davanti con quei capelli ramati arruffati che gli contornano il volto e la barba ispida. Gli arrivo a stento al mento. Faccio scorrere lo sguardo sulla sua bocca carnosa e il fisico da nuotatore, poi mi volto verso la finestra sopra il lavandino e mi vedo riflessa nei vetri, con la mia pelle chiara e lunghi capelli castani. Mia madre non ha mai voluto dirmi chi fosse mio padre, perciò nei miei lineamenti mi sembra sempre di vedere qualcosa di estraneo.
«Era quello che avevi intenzione di mangiare stasera?» mi chiede intanto Max. Il tono di disapprovazione nella sua voce mi fa sentire in colpa. I suoi occhi, rincuoranti come il cioccolato fondente, ridono: ha fatto in tempo a vedere il vasetto di crema alla nocciola che stavo cercando di nascondere nella dispensa quando ho sentito la sua voce. Emetto un respiro profondo per rallentare i battiti del cuore, mentre i miei occhi percorrono le sue ampie spalle, i fianchi stretti e i muscoli lunghi delle gambe, sotto i jeans. «È buonissima, ma forse stasera potresti provare qualcos’altro» aggiunge
lui con un sorriso aperto, poi si avvicina al frigorifero per prendere la vellutata di verdure e lo spezzatino che mi ha portato. L’osservo metterli nel microonde e cerco d’ignorare la sensazione di calore che mi scalda il cuore: Max mi ha preparato da mangiare e ora si prende cura di me.
Maximilian è il mio vicino di casa. Vive nel lodge del custode del campeggio, annesso alle baite del resort montano dove vivo in affitto. Si è trasferito qui in Italia dalla Carinzia due anni fa ed è un tuttofare. Fa il custode, fa riparazioni negli appartamenti ma la sua attività principale consiste nel ristrutturare case insieme al titolare di un’impresa locale. È bravo anche a cucinare e capita che mi porti i suoi manicaretti, come stasera. Lo fa perché gli piaccio e vorrebbe che uscissimo insieme, ma io non sono pronta a dargli una possibilità. Ha una posizione lavorativa precaria che mi ricorda troppo gli uomini di cui si è innamorata mia madre. L’hanno sfruttata tutti, chiedendole aiuti economici per vivere e alla fine è rimasta con un conto in banca molto assottigliato.
«Ha un profumo delizioso» esclamo sedendomi a tavola per mangiare.
Lui mi sorride soddisfatto. «Hai pensato alla mia proposta?», mi chiede. Mi ha invitato ad andare a pattinare su ghiaccio, questo fine settimana. Rimango con il cucchiaio da minestra fermo a mezz’aria. «Sì ma, non ho ancora preso una decisione. Mi spiace, Max» gli rispondo, sentendomi in colpa per come lo tengo a distanza. Lui mantiene un atteggiamento calmo e rassicurante, che mi trasmette le stesse sensazioni. Parliamo ancora un po’ mentre mangio, poi Max torna a casa.
Vorrei non avere così paura di dare il mio cuore a qualcuno. Potrebbe non volermi nella sua vita perché non significo abbastanza per lui e non sopporterei un altro rifiuto. Se mia madre, l’affetto che dovrebbe essere il più forte di tutti, non mi ha amata abbastanza per tenermi con lei, come potrebbe farlo un uomo? «Dovresti dargli una possibilità» mi dice più tardi Erica, la mia socia, che condivide con me la villetta. «Sono due anni che lo frequentiamo con la compagnia di amici. Dài, Petra: lo vedi che Max è un bravo ragazzo».
«Non credo nell’amore, Erica» le rispondo distrattamente. Sono sprofondata nel divano, tra cuscini colorati e avvolta in una calda coperta, facendo finta d’interessarmi al programma che danno in tivù. «Se mia madre mi ha abbandonato quando avevo 14 anni, lasciandosi convincere dal suo compagno che sarebbero stati meglio senza di me, perché mai dovrei fidarmi di un ragazzo che non mi conosce affatto e che non conosco?». Mi misero in una casa famiglia, poi fui presa in affido da una coppia. Mia madre ha tradito l’amore incondizionato che avevo per lei. E non ha scuse perché, oltretutto, è una persona istruita e intelligente: è un’ostetrica. Però è incredibilmente sciocca con gli uomini e ha un insaziabile bisogno d’amore. Ho smesso di contare i fidanzati che ha avuto.
«Fai come vuoi ma io accetterei il suo invito a pattinare» riprende Erica.
In effetti ha ragione. Sono stata dura con lui che è sempre gentile con me. Non lo voglio ammettere, ma Max mi piace. Se solo avesse un lavoro stabile mi sentirei più tranquilla. Erica e io, dopo la laurea in Arte abbiamo seguito la nostra vera passione: diventare artigiane. Abbiamo frequentato un corso di alta specializzazione e, con un micro credito, abbiamo avviato il nostro studio per il design artistico della ceramica. Dopo tanti sacrifici ora abbiamo una base solida di clienti e, a 30 anni, abbiamo raggiunto la sicurezza economica.
Dopo aver vissuto un’infanzia e un’adolescenza precaria, avere ora una carriera dove le cose sono strutturate e fatte per durare non è solamente soddisfacente ma anche terapeutico.
Non ho ancora accettato l’appuntamento di Max ma è lui a sbloccare la situazione. Un pomeriggio, uscendo dallo studio, lo incontro per caso in paese. Sta consegnando la spesa agli anziani. «Mi accompagneresti?». È così carino che non posso rifiutare.
«Certo» gli rispondo, scrollandomi dalla sciarpa i cristalli di neve che mi cadono addosso.
Una volta finito, lui mi accompagna a casa col pick-up. «Perché sei venuto qui dalla Carinzia? È un bel posto» gli chiedo a bruciapelo ma lui non si scompone.
«Perché volevo trovare il mio posto nel mondo. Mi sono fermato a lavorare in Italia perché qui mi sento a casa, anche se ho un bel rapporto con la mia famiglia in Austria». «Come hai capito che questo è il posto giusto?» gli chiedo.
«Perché sento di avere uno scopo qui: forse posso rendere felice una persona speciale tra i miei amici» mi risponde, lanciandomi un’occhiata con quei caldi occhi scuri che m’ipnotizzano. Annuisco, poi distolgo lo sguardo, respirando il profumo di pigne bruciate nei camini, che è nell’aria. «Senti, sabato porto dei turisti a fare una gita in carrozza nei dintorni. Non dovrò restituirla fino a sera. E se ti passassi a prendere nel pomeriggio per fare un giro fino al punto panoramico?».
Come faccio a dirgli di no?
A casa rifletto. Il modo di fare gentile di Max e l’attrazione reciproca che percepisco mi fanno sospettare che il nostro flirt stia evolvendo verso qualcosa di più significativo. È proprio questo che temo: una donna innamorata può essere ferita e gli altri possono approfittare di lei. Non mi sembra però che Max sia il tipo. Io non sono interessata al conto in banca di un uomo perché mi sono conquistata la mia indipendenza economica: voglio solo essere sicura che non sia lui a essere interessato al mio.
È ormai notte e faccio fatica ad addormentarmi. Quando non sono occupata a fare qualcosa comincio a pensare a Max e non sono pensieri che riguardano il come tenerlo a distanza.
Sabato pomeriggio lui passa a prendermi con la slitta trainata da cavalli. «Mettiamo la coperta sulle gambe, Petra, l’aria è più fredda mentre ci muoviamo» mi dice porgendomi un plaid scozzese. Ci avviamo in silenzio nel bosco innevato, fino al punto panoramico dove ammiriamo l’arco alpino innevato. L’aria fredda mi fa gelare le guance e sporadici fiocchi di neve cadono sulle mie muffole di lana. Max mi scalda ancora il cuore con le sue attenzioni. «Ho pensato che una cioccolata calda sia perfetta per questo momento» mi dice prendendo un termos. «Vengo sempre qui quando ho bisogno di riflettere» aggiunge, versandomi una tazza della corroborante bevanda. Io annuisco, poi rimaniamo in silenzio.
«Perché hai scelto le ristrutturazioni edili?» gli chiedo. «Mi è sempre piaciuto. Sin da giovanissimo giravo intorno all’uomo che ristrutturava le case della mia famiglia. Appena ho avuto l’occasione l’ho fatto anch’io, qui in Italia. Mi piace tantissimo e credo di avere un particolare talento per questo lavoro».
Una risposta che mi convince. Conversiamo ancora un po’ poi lui mi accompagna a casa. «Ci troviamo anche per pattinare?» mi chiede con un sorriso irresistibile.
«Non vedo l’ora» rispondo di getto. La felicità che vedo negli occhi di Max per essere riuscito a dissolvere le mie reticenze e i miei silenzi mi ripaga dello sforzo che ho fatto per fidarmi di lui. Comincio a vederlo come qualcosa di più di un amico. Ci ritroviamo qualche sera dopo alla pista di pattinaggio all’aperto. Il volume troppo alto della musica, le voci che riecheggiano in pista, c’impediscono di parlare. Ci teniamo per mano un po’ poi, infreddoliti dall’aria gelida che soffia in quella notte d’inverno dal cielo stellato e terso, siamo attirati dal profumo di frittelle che proviene dal chiosco lì vicino. Usciamo, ne acquistiamo due e ci andiamo a sedere su una panchina appartata, illuminata da un lampione in stile vittoriano. Sta andando tutto bene con Max, ma le mie paure più profonde riemergono e devo sapere se sono più assennata di mia madre con le emozioni. «Senti Max, prima di andare oltre con questo flirt, devo sapere una cosa». Prendo la situazione di petto in quello che è il nostro primo appuntamento ufficiale. Non è il momento giusto ma devo saperlo prima di farmi coinvolgere troppo emotivamente. «Tu credi nella separazione netta dei beni nel matrimonio?». Max resta basito.
«Intendo dire che i soldi che ciascuno porta nel matrimonio e guadagna durante il matrimonio sono solamente suoi. Le spese generali sono condivise ma ogni altra spesa personale è una responsabilità individuale».
Lui emette un lungo respiro prima di rispondermi. «È una domanda insolita al primo appuntamento, sai? Quindi una risposta negativa potrebbe essere causa di una rottura di quella che, per adesso, tra noi è ancora solo un’amicizia?». «Scusami, ma non voglio essere troppo coinvolta tra qualche mese e scoprire che non siamo d’accordo su cose per me importanti».
Max stringe la frittella che ha in mano. «Credo che non mi troverei a mio agio in una coppia che non si basi sulla completa e reciproca fiducia, se questa è la domanda. Possono amarsi due persone che non si fidano l’una dell’altra? Non credo di volere una relazione basata sulla diffidenza, Petra».
Io lo ringrazio per la sua onestà e per la bella serata ma la nostra uscita finisce lì. Ci attardiamo ancora un po’a bordo pista, poi andiamo.
«Ho sbagliato con Max, Erica» le dico qualche giorno dopo mentre siamo nel nostro studio. «Non si farà più vedere» dico mentre coloro il motivo floreale di una tazzina di ceramica con un pennellino. L’intensa luce naturale che arriva dalla finestra senza tende mi rasserena e la scorrevolezza dei colori ceramici sulla superficie del manufatto mi trasmette calma. Ne ho bisogno.
«Non essere pessimista» m’incoraggia lei.
«Sono giorni che non si vede in paese» sottolineo. «Suo padre ha avuto un infarto e Max è partito d’urgenza per raggiungerlo. Me lo ha detto stamattina il panettiere». Tiro un sospiro di sollievo, ma mi dispiace apprendere la notizia. «Tu però non troncare così le cose. Cerca di parlargli quando torna». Cosa faccio adesso? Cosa gli dico? Sono terrorizzata. Mira, la mia gatta, si è accoccolata in una cesta di vimini sul piano di lavoro. Per dissimulare l’imbarazzo del momento afferro da un vaso un grosso pennello dalle setole morbide e solletico il nasino di Mira, che subito lo afferra con la zampa. «Porrò rimedio al mio disastro», rispondo distrattamente. Max riesce a far emergere le mie emozioni sulla mia razionalità: questo mi eccita ma soprattutto mi spaventa.
Qualche giorno dopo incontro Max nella sala della comunità, in parrocchia, dove noi volontari riempiamo i pacchi di beni di primo conforto per gli assistiti. Sono sorpresa e gli chiedo come sta suo padre. «Tranquilla, lo hanno dimesso dall’ospedale ma dovrà riguardarsi» mi dice mentre assembliamo insieme un cestino di viveri, su un tavolo.
«Senti, mi spiace per come ci siamo lasciati…».
Max mi toglie la parola, guardandomi con un’espressione dolce. «Prima vorrei parlarti io, Petra. Vieni, usciamo di qui» e mi prende per mano. Andiamo a sederci in una cappella vuota. Gli ultimi raggi di sole creano colori cangianti sulle vetrate delle alte finestre accanto a noi. «Petra, forse il mio cognome non ti dice nulla qui, ma in Austria siamo una nota famiglia d’imprenditori edili. Sono venuto qui perché volevo dimostrare a mio padre che sono in grado di cavarmela da solo: l’impresa edile in cui lavoro è mia e ho acquistato anche il camping e le baite del complesso residenziale, per dar loro nuova vita».
Cerco di riprendere faticosamente il filo della conversazione ma sono esterrefatta. Ora sono io a temere che Max possa credermi una che vuole approfittare del suo status economico. «In tal caso vorrei ancor più di prima una divisione dei beni. Non sto cercando i tuoi soldi, Max e contribuirei con la mia indipendenza economica alla famiglia». Lo guardo negli occhi sperando che non lo interpreti come mancanza di fiducia. Mi fido di Max, tanto quanto lo amo.
«Non volevo che tu fossi abbastanza ricco da prenderti cura di me. Volevo solo che tu non approfittassi di me per realizzare le tue ambizioni personali». I nostri sguardi rimangono avvinti per un istante saturo di elettricità.
«E se io volessi prendermi cura di te? So tutto del tuo passato e capisco le tue paure.
So anche che hai fatto uno sforzo enorme per fidarti di me ma, credimi, io non voglio vivere alla giornata» mi dice. «Ho sempre pensato che quando trovi la persona giusta lo capisci. Quando ti ho conosciuta ogni mio dubbio si è dissolto». Mi prende una mano. Io fatico a trattenere le lacrime.
«Tu significhi molto per me, Petra: vuoi far parte della mia vita?» mi chiede. Nella penombra della cappella vuota ci abbracciamo e quello è l’inizio della nostra storia d’amore. Amore incondizionato. ●
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