Vogliamo piantarla con il cibo industriale?

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La dieta moderna è piena di alimenti ultra processati. I rischi per la salute, così, diventano significativi. Cambiare è possibile, modificando i nostri comportamenti di acquisto

Stiamo progressivamente perdendo consapevolezza del cibo che mangiamo. Negli ultimi decenni, la nostra dieta si è spostata sempre più verso alimenti industriali, intensamente lavorati, a scapito della qualità e del valore nutritivo, e nemmeno ce ne siamo accorti.

Sono quelli che in gergo tecnico si definiscono cibi ultra processati. L’uomo della strada li conosce meglio con il nome di cibo spazzatura. Una definizione che ricomprende tutti quegli alimenti preconfezionati, pronti da consumare senza bisogno di cottura, veloci da mangiare, carichi di zucchero, sale, grassi e privi di reale valore nutritivo.

Per prolungare la loro vita commerciale e migliorarne aspetto e sapore, gli sono stati aggiunti additivi di ogni sorta: conservanti, coloranti, stabilizzanti, emulsionanti, esaltatori di sapidità, correttori di acidità, edulcoranti e ulteriori sostanze, per larga parte di sintesi. Più un alimento è trasformato, più cresce il numero di additivi impiegati. Gli effetti sul corpo di queste infinite possibili combinazioni? Ignoti.

Il cibo spazzatura finisce nel carrello della spesa persino del consumatore meno distratto. Cascarci è un attimo, perché la maggior parte di tutto ciò viene commercializzato dall’industria (un termine che la dice lunga…) alimentare ha esattamente queste caratteristiche. C’è bisogno di uno specifico sforzo di intenzionalità per non restare vittime del meccanismo.

Per rendersi immediatamente conto di quanto sia ampia la categoria del cibo industriale basta entrare in un qualunque supermercato: troviamo scaffali zeppi di scatolame, merendine, snack dolci e salati, bibite più o meno colorate, verdure in busta, cibi pronti surgelati, salse varie, würstel, formaggi fusi e via discorrendo. L’elenco dei cibi ultra processati è sterminato.

Possiamo però far sì che cada il velo dagli occhi solo se ricominciamo a guardare al cibo innanzitutto come nutrimento, a considerarlo il carburante necessario all’ottimale funzionamento del nostro organismo, e non semplicemente qualcosa con cui soddisfare i sensi, calmare la fame, riempirci la pancia senza badare a quanto o meno sia stato manipolato.

È difficile pensare di restare sani a lungo mangiando prodotti di questa qualità. Agli immancabili bastian contrari può essere utile prendere visione della serie crescente di ricerche che dimostrano che seguire una dieta con larga presenza di alimenti ultra processati aumenta il rischio di incorrere in diverse patologie croniche, che vanno dall’obesità alla depressione, passando per il diabete, il cancro, le malattie cardiovascolari e altre condizioni ancora, capaci di ridurre durata e qualità della vita, e spesso pesantemente.

Il coltello dalla parte del manico – non dovremmo mai dimenticarlo – ce l’abbiamo noi, e non l’industria alimentare, con i suoi agguerriti team di marketing. Mettiamoci più attenzione quando andiamo a fare la spesa, prendiamo la buona abitudine di leggere (e comprendere) le etichette, cambiamo i nostri comportamenti di acquisto privilegiando gli alimenti freschi e poco o niente trasformati: inevitabilmente, per evitare di perdere acquirenti, anche l’industria alimentare incomincerà a pensare di più alla qualità del cibo che propone.

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