Sono un’altalena, ma non lo nascondo

Cuore
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Emotivamente passo dagli up ai down neanche fossi un'altalena. Ma senza nasconderlo. Né a me né agli altri. E accettarmi mi è stato di grande aiuto

Sono un’altalena persuasa che l’erba del vicino non solo sia sempre più verde, ma addirittura di un verde impareggiabile. Eppure, convinta che a tutti le cose vadano sempre alla grandissima e che la gente in generale sia costantemente sul pezzo, immune da qualsiasi sconforto e ansia, alla fine so che non me la passo male neppure io. Nonostante gli sbalzi emotivi che caratterizzano la mia esistenza.

Lo confesso perché dopo aver letto l’articolo Imperfetti? Sì, senza nasconderlo (su Confidenze in edicola adesso) mi sono data subito la risposta: la mia peggiore debolezza è credere che il resto del mondo non viva mai momenti di tristezza, magoni, insicurezza, panico e tentennamenti. Che per me, invece, sono compagni più fedeli di un affettuoso cagnolino.

A chi non mi conosce a fondo, questa dichiarazione può sembrare strana. Infatti, molti dicono che ho un carattere forte, allegro e positivo. E che non ho paura di niente.

Magari!!! In realtà, sono terrorizzata da tutto, spaziando dai ragni al timore per il futuro. E se è vero che di solito cerco di mantenere un atteggiamento gioioso, è perché sono convinta che lamentarsi di continuo non risolva i problemi. Anzi, li ingigantisce.

Morale, ecco a voi la regina delle paranoie. Che ogni giorno cerca di mantenere una minima di equilibrio tra gli entusiasmi e gli abbattimenti, destreggiandosi come uno sciatore tra i pali dello slalom.

I risultati? Ovviamente dipendono dai periodi. Ma se riesco a concedermi qualche sana risata nei momenti davvero complicati (un vero portento per allontanare l’angoscia più soffocante), non disdegno lo struggimento quando va tutto bene.

Insomma, dietro la mia apparenza serafica si annida un tormento continuo. E l’idea, come dicevo sopra, che io sia l’unica sempre in preda a mille pipponi.

Per fortuna, appena sento di precipitare nel burrone della sfigata in un mondo fighissimo, il lume della ragione mi permette di vedere meglio come stanno le cose. E di capire che la vita di chiunque non è mai tutta bianca né tutta nera. Quindi, se dovessi piazzarmi in un’ipotetica classifica, mi metterei a metà elenco. Cioè, non accanto ai fuoriclasse, ma neppure insieme alle vere schiappe.

Ciò nonostante, in me è consolidata un’irrequietezza atavica dalla quale penso non mi libererò mai. Almeno, però, ho fatto tesoro dell’insegnamento dell’articolo di Confidenze: mi sono accettata. E prendere coscienza del mio grande limite è stata una genialata.

Perché mi sono accorta che credere nel prossimo scandalosamente felice stimola in me uno spirito di emulazione (ecco il motivo per cui sembro sempre serena).

Ma, più importante, è che ascoltarmi e conoscermi si sono rivelati la panacea per non soccombere. La consapevolezza di essere una persona altalenante mi aiuta a non perdermi d’animo, perché so che dalle stalle posso risalire alle stelle. Un dettaglio da non sottovalutare nelle situazioni più assurde, quando mi sembra che proprio non ce la farò.

Così, guardando nel mio profondo con estrema sincerità, ho imparato che la follia di passare dal riso al pianto nel giro di un nanosecondo, oppure di sentirmi invincibile o pronta a soccombere senza un vero motivo sono dettagli imprescindibili del mio carattere. Con cui sono costretta a fare i conti.

Insomma,  diciamo che se negli anni ho accettato la mia totale assenza di equilibrio, non ho la minima intenzione di farne nessun mistero. Perché aver accolto questa fragilità, come recita l’articolo, mi ha dato “una forza diversa e mi ha liberata dalla dittatura della performance”.

 

Confidenze