Un nemico invisibile

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Julia Magrone racconta la sua battaglia contro la vulvodinia, una patologia femminile che a lungo le ha condizionato la vita

Avevo forti dolori, ma i medici mi dicevano che era tutto nella mia testa. Ora che so di avere la vulvodinia, una patologia femminile ancora poco studiata, ho deciso di espormi e con la mia presenza sui social provo ad aiutare chi ne soffre

 

Storia vera di  Julia Magrone

Mi presento: sono Julia, sono una modella e sto studiando recitazione perché mi piacerebbe diventare un’attrice. Grazie al mio lavoro ho iniziato a farmi conoscere sui social e questo mi ha permesso di diventare via via anche un’influencer. Di carattere sono un tipo deciso e determinato, nonostante abbia passato tanti momenti di sconforto legati al rapporto con me stessa e il mio aspetto esteriore.Ma c’è un evento che ha cambiato la mia vita e riguarda la mia sessualità: ho deciso di parlarne perché penso che, con la mia esposizione mediatica, questa scelta potrebbe essere d’aiuto a qualche altra donna che soffre del mio stesso problema.

Ho sempre avuto una sessualità normale, come quella delle ragazze della mia età (22 anni), circa due anni fa però ho iniziato ad avvertire fortissimi dolori immotivati durante i rapporti. Si sono presentati durante una vacanza con il mio fidanzato e ho avuto serie difficoltà a darmi una spiegazione: inizialmente pensavo fossero dovuti a una cistite, successivamente ho capito che si trattava di qualcosa di più serio.

Dopo mesi di antibiotici prescritti da più di un ginecologo infatti, non riscontravo mai miglioramenti, ma addirittura il dolore peggiorava. Questo ha inevitabilmente compromesso la mia sessualità e la mia emotività psicologica: sentivo che nel mio corpo stava succedendo qualcosa di anomalo, ma non sapevo dove trovare risposta poiché i tanti ginecologi che mi avevano visitata sostenevano che il mio dolore fosse di natura psicologica. Mi hanno consigliato di cambiare partner, di rilassarmi e di bere un bicchiere di vino perché non c’erano segnali evidenti di un problema.

Così dopo sei-sette mesi di ricerche senza risposta, ho casualmente incontrato una ragazza che mi ha raccontato di avere i miei stessi sintomi e mi ha consigliato di fare una visita presso un centro specializzato, di Milano, dove finalmente ho ricevuto una diagnosi corretta: avevo la vestibolodinia.

 

Dopo questa diagnosi la mia vita è sicuramente cambiata: la malattia causa forti dolori forti al pavimento pelvico in diverse situazioni. Nel mio caso, il male compariva soprattutto durante i rapporti sessuali. Avvertivo come una sensazione di spilli e di bruciore che non si interrompeva mai. So di altre donne che avvertono forti malesseri anche durante semplici azioni quotidiane come guidare la macchina, indossare i jeans, stare tanto tempo sui tacchi alti.

Naturalmente, da quando ho iniziato a risentire di questi problemi, anche il mio atteggiamento psicologico è cambiato: ho iniziato a evitare in maniera involontaria qualsiasi tipo di rapporto perché sviluppavo una repulsione collegata al dolore che provavo e questo senza dubbio ha compromesso la mia vita di coppia.

Quando i medici mi dicevano che il mio dolore era solo di natura psicologica sentivo che non poteva essere vero, ma sostenere che la vulvodinia o vestibolodinia non abbia ricadute sulla sfera psicologica sarebbe altrettanto scorretto.

Il ruolo del partner è di fondamentale importanza poiché una donna ha bisogno innanzitutto di essere creduta, di non essere derisa o messa sotto pressione per la volontà di avere rapporti. Io credo di essere stata in parte fortunata perché al mio fianco ho avuto una persona che, seppure con tante difficoltà, è riuscita a comprendere il mio dolore e ad accettare la situazione, una volta ottenuta la diagnosi.

Certo, dopo la vacanza in Grecia in cui io ero stata male la prima volta, abbiamo attraversato momenti di crisi, è normale che sia così: Se ti senti rifiutato, puoi pensare che l’attrazione fisica sia venuta meno o che l’amore se ne sia andato.

Poi quando si è chiarito di cosa soffrivo è stato tutto più facile.

È possibile curare la vestibolodinia?

Sì, o meglio ci sono diverse cure che sono a discrezione del medico, e che possono variare da paziente a paziente. Di base la malattia si cura con dosaggi minimi di antidepressivi (viene infatti classificata come una patologia neurologica), farmaci che vengono assunti sia per via orale che per via locale. Io ho avvertito subito un forte miglioramento poiché la mia situazione era già piuttosto compromessa, ma durante il percorso ho avuto e ho tuttora tante ricadute e peggioramenti.

Nel mio caso per esempio non sono stati sufficienti i farmaci, infatti sto facendo una terapia tecar interna, sia nel centro dove sono in cura sia a casa. Purtroppo non ci sono tempi di guarigione definiti perché è una malattia che si sviluppa in maniera del tutto soggettiva: ho conosciuto ragazze che continuano a soffrirne dopo 12 anni e altre che dopo nove mesi sono completamente guarite. Io ormai avverto dolori da più di un anno e mezzo e non so quale sarà il risvolto futuro della mia patologia.

 

Un tema che mi preme sottolineare con particolare attenzione è che le cure sono tutte a pagamento e molto costose. Ho conosciuto donne che hanno abbandonato le terapie poiché non potevano permettersele. E poi c’è la difficoltà a ricevere una diagnosi corretta: ho incontrato medici che mi hanno del tutto depistata, dicendomi che i miei dolori derivavano da infezioni o da altre cause che, in realtà, non avevano fondamento.

Da quando ho deciso di parlarne sui social mi sono resa conto che la situazione è molto più grave di quanto mi aspettavo. Tantissime donne soffrono di dolori al pavimento pelvico, di vulvodinia- vestibolodinia e altrettante si vergognano a parlarne esplicitamente al partner o ai medici perché temono di non essere comprese.

Sto cercando di creare una rete sul mio profilo dove le ragazze possano sentirsi libere di raccontare le loro testimonianze e di scambiarsi pareri tra loro e con me.

Non nego che questa iniziativa sia molto utile anche a me. Ho intenzione di continuare a parlarne e diffondere nel mio piccolo queste informazioni perché a parer mio è molto grave che una malattia, seppur invisibile, venga considerata così poco dal Sistema sanitario nazionale, tanto da non riconoscerla.

Esporsi online comporta inevitabilmente giudizi e critiche da parte di una fetta di pubblico. Mi spiace di trovare spesso da parte di uomini alcuni commenti infelici di “compassione per il mio ragazzo che non può avere rapporti con una modella”, senza considerare minimamente quanto possa costare a me avere questo problema. In compenso c’è una grandissima fetta del mio pubblico maschile che ha sempre compreso e mi ha supportato in quello che ho scelto di fare.

Per questo, credendoci fortemente, ho intenzione di continuare la mia battaglia.

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Articolo pubblicato sul numero 28 di Confidenze 2023

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