Alla Clinica del Cibo vedo pazienti di ogni tipo, che soffrono delle più diverse condizioni di salute, a differenti gradi di severità. Con gli strumenti che mi sono propri, ovvero quelli nutrizionali e naturopatici, aiuto persone con disturbi digestivi, malattie autoimmuni, patologie oncologiche e quant’altro. Tutte mostrano generalmente grande impegno nel seguire i trattamenti che vengono loro raccomandati, con solo rare eccezioni. E, proprio grazie a tale impegno, di norma ottengono risultati.
Poi c’è un’altra tipologia di paziente: quello che vuole regolarizzare il peso e, più nello specifico, deve dimagrire. Qui capita che lo scenario sia addirittura l’opposto: tanti, infatti, manifestano notevole riluttanza a correggere la propria alimentazione e ad adottare nuovi e più salutari comportamenti. La resistenza a modificare le abitudini, anche quando riconosciute malsane, per certe persone è fortissima.
A molti sembrerà incomprensibile: ci si prende la briga di rivolgersi a uno specialista, di telefonare per un appuntamento, di recarsi nel suo studio, di investire tempo, di pagarlo, di iniziare una dieta, per poi perdersi per strada, attuando i suggerimenti forniti solo in parte o piantando tutto a metà.
Non è raro, ad esempio, che veda pazienti con una lunga storia di diete dimagranti alle spalle. Tutti nutrizionisti incompetenti, quelli in cui si sono imbattuti? Pare improbabile. Più di frequente, sembra profilarsi una difficoltà comportamentale. Ciò che più colpisce è che non riguarda solo i soggetti in lieve sovrappeso, ma anche i pazienti affetti da obesità, vera e propria malattia, che, a sua volta, aumenta drasticamente il rischio di altre, anche assai gravi, come il diabete, le patologie cardiovascolari, certi tipi di cancro. Persino quando il dimagrimento dovrebbe essere un’urgente priorità, paiono avere la meglio altre considerazioni.
Alcuni individui possono sentirsi così comodi nella propria routine alimentare da non volere sacrificare il loro comfort per raggiungere l’obiettivo della perdita di peso. “Dottore, non dovrò mica rinunciare ai dolci, vero?”, “Non mi chieda di dire addio al mio bicchiere di vino ai pasti”, “Attività fisica? No, grazie: non ne ho proprio il tempo”, “La pasta integrale non mi piace” e via così, con una serie infinita di ulteriori obiezioni a indicazioni che saranno pure tanto benefiche, ma che hanno la grave colpa di richiedere un cambiamento al diretto interessato.
Molto spesso il soggetto con difficoltà nel controllo del peso sembra quasi implicitamente affermare: “Vorrei senz’altro dimagrire. A patto però di non dover modificare le mie abitudini”. Non lo verbalizza, ovvio, e nemmeno lo razionalizza. Ma, sotto sotto, è qualcosa di vicinissimo a ciò che miracolosamente si aspetta.
Eppure, noi – e il nostro sovrappeso – siamo il prodotto dei nostri comportamenti. Ne sono così convinto che, ormai da anni, tra la mia foto e la mia biografia qui sul blog, campeggia la frase “Se vuoi qualcosa che non hai ancora avuto, devi fare qualcosa che non hai ancora fatto”. Ecco: non possiamo aspettarci risultati diversi se continuiamo a fare le stesse cose.
Senza cambiamento non c’è salute, perché non c’è correzione di comportamenti errati. Dimagrire, che sia per ragioni mediche piuttosto che estetiche, richiede in tanti casi una modifica sostanziale delle abitudini alimentari e dello stile di vita. Quando non si è pronti per questo, oltre al supporto del nutrizionista è necessario l’aiuto di figure come il counselor e lo psicologo, che aiutino a uscire della propria “zona di comfort” (che ognuno di noi ha), a vincere la resistenza al cambiamento e a tenere alta la motivazione, per operare – e portare a termine – scelte nuove e migliori.
Ultimi commenti