È in arrivo al cinema Nata per te, che riprende la storia vera di Luca Trapanese, omosessuale single diventato papà di una bimba con la sindrome di Down. Una vicenda su cui riflettere insieme
di Maria Rita Parsi
Il bellissimo film Nata per te di Fabio Mollo, con Pierluigi Gigante e Teresa Saponangelo (al cinema dal 5 ottobre), racconta una storia vera importante ed emozionante: quella del 46enne Luca Trapanese, omosessuale e single che nel 2018 ha adottato una bambina con disabilità, trasformando diversità e isolamento in uno splendido rapporto di affetto e crescita per lui e per sua figlia.
Una vicenda che ai tempi ha fatto scalpore e che continua a far parlare. E che, a mio avviso, rappresenta un esempio su cui riflettere. Adottare e prendersi cura di un figlio significa valorizzare ed esprimere la nostra parte “bambina”. Ma può anche voler dire riconoscere nel dono della vita qualcosa che trascende la tradizionale visione della famiglia.
Del resto oggi, in Italia come all’estero, non esiste più solo il classico nucleo costituito da padre, madre e figli, ma ci sono famiglie di fatto, allargate, monoparentali, affidatarie, adottive e arcobaleno. Famiglie diverse eppure uguali, caratterizzate da amore, rispetto, ascolto, cura ed educazione. Nuclei in cui il denominatore comune è l’affetto, a prescindere dal fatto che i figli siano naturali o adottivi e che i genitori siano esclusivamente un uomo e una donna oppure no.
Ma che cosa significa crescere un bambino? Vuol dire prendersi cura di una creatura con l’intento di guidarla, sostenerla, prepararla al bene e alle difficoltà della vita. Ovvero compiere l’atto più disinteressato e significativo nei confronti di una persona che viene al mondo. Tornando al film, la straordinaria storia di Luca Trapanese racconta l’adozione di una bambina diversamente abile da parte di un omosessuale single. Una vicenda unica, anche perché la legge consente l’adozione da parte di single (non importa se etero o no) solo in casi selezionati. La storia, quindi, sottolinea quanto la diversità possa davvero rappresentare una risorsa. Un bene prezioso, che può giovare a tutti.
Su questo tema vorrei poi fare una riflessione: le coppie omoparentali, formate cioè da genitori dello stesso sesso, potrebbero e possono senza dubbio crescere figli sereni, maturi ed equilibrati. E non (come molti sospettano e, perfino, affermano) “orientati” a diventare omosessuali perché vivono e crescono in una famiglia arcobaleno. Del resto, è necessario considerare che la maggior parte delle lesbiche e dei gay adulti di oggi è stata messa al mondo da coppie etero. E a volte, proprio l’essere stati cresciuti, accettati e amati dalla famiglia d’origine spinge alcuni a desiderare di formarne una, pur con un compagno o una compagna dello stesso sesso.
Inoltre, è bene ricordare che l’omosessualità, in base agli studi compiuti dalle principali organizzazioni di salute mentale, non è una malattia, ma una “variante non patologica del comportamento sessuale”. Infine, fermo restando il diritto di garantire una famiglia a ogni bambino, previsto dalla Convenzione Onu dei diritti dei minori, bisogna tener conto che negli ultimi anni alcuni giudici hanno preso decisioni innovative in merito al diritto di famiglia, legittimando i nuovi nuclei costituiti da coppie omosessuali.
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Articolo pubblicato su Confidenze n. 39 2023
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