Tu, che mi hai cambiato la vita

Cuore
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Sul n. 31 il tema delle storie vere erano i viaggi che hanno lasciato il segno. E questo racconto più di ogni altro è stato apprezzato dalle lettrici, perché racconta di una vacanza che ha davvero cambiato la vita ai protagonisti. Buona lettura e buone vacanze a tutti!

Io e Francesco ci siamo conosciuti in Turchia, ma eravamo troppo presi a riempirci gli occhi delle meraviglie locali per accorgerci l’uno dell’altra. Eppure, la magia era già scattata

Storia vera di Marilena De Gregorio raccolta da Lucia De Gregorio

 

L’estate rovente del 2011 ha cambiato per sempre la mia vita, proprio grazie a un viaggio inaspettato e improvviso. Fin dalla primavera, stavo pianificando con due amiche la mia vacanza tanto agognata, fatta di puro relax, tra sabbia, ciottoli e acqua cristallina. Sembrava tutto già stabilito, la meta scelta e i dettagli definiti, quando una delle mie amiche, Jenny, aveva incontrato Francesco, suo vecchio amico di infanzia, residente a Bruxelles e in visita al paesello natio per qualche giorno. Dopo i saluti di rito e le chiacchiere, Francesco le aveva chiesto che programmi avesse per l’estate. E, piuttosto rammaricato, aveva aggiunto che lui e altri due amici comuni sarebbero dovuti andare in Turchia, ma all’ultimo momento uno aveva dato forfait e ritrovarsi in due era come essere zoppi. Di getto le aveva chiesto di unirsi a loro. Jenny non sapeva che dire, le sarebbe piaciuto, ma mancava solo la conferma e la prenotazione per la settimana all’Isola d’Elba era già fatta. Certo, però, la Turchia era uno dei luoghi che da tanto anch’io volevo visitare e lei lo sapeva. Partì quindi un rapidissimo giro di telefonate, le domande erano tante, ma ormai la breccia si era aperta e in breve la Turchia batteva l’Elba uno a zero. Iniziai a fantasticare su un viaggio inatteso quanto emozionante: 12 giorni alla scoperta del Paese, da Istanbul, che non dorme mai, alla parte più interna, dove la tradizione è meglio preservata. Il viaggio della vita, mi verrebbe da dire oggi, a posteriori. Prima di partire c’era tutta la parte organizzativa da preparare, il programma da stilare, gli alberghi da prenotare, e soprattutto, le presentazioni da fare: tra noi non ci conoscevamo tutti e il gruppo di cinque vacanzieri doveva divenire tale prima di ritrovarsi fisicamente tra le gole della Cappadocia e le rovine archeologiche di Efeso. I potenti mezzi tecnologici ci vennero in soccorso e grazie a lunghe videochiamate ci ritrovammo tutti e cinque a chiacchierare, ognuno dalla propria postazione. Il primo incontro, seppure virtuale, mi lasciò addosso entusiasmo e anche tanto ottimismo: i due compagni di viaggio sembravano simpatici e parevano voler fare lo stesso giro che sarebbe piaciuto a me. L’ora X scattò il 7 agosto a Istanbul, dove Francesco ci aspettava in un grazioso hotel del centro. Dormiva, quando arrivammo nella hall, trascinando dietro trolley, zaini, l’immancabile macchina fotografica e tanta curiosità. Meno male che gli avevamo suggerito di lasciare il cellulare acceso: un paio di squilli ed eccolo comparire in cima alle scale, con ancora gli occhi sporchi di sonno, sorridente e felice di fare le presentazioni di persona. I nostri sguardi si sono incrociati per la prima volta solo allora e posso confessare che l’adrenalina di trovarsi in un luogo che da tempo desideravo visitare ha avuto senza dubbio la meglio sulla curiosità di capire se lui era simpatico e disponibile così come appariva nelle videotelefonate. Insomma, non è stato esattamente amore a prima vista. Eravamo troppo presi a riempirci gli occhi del Paese che si apre come un ponte sull’Oriente, a consultare mappe, visitare musei, fare escursioni. Tra le più belle c’è sicuramente quella in mongolfiera mentre sorvolavamo la Cappadocia: un’emozione unica, elettrizzante e allo stesso tempo molto romantica. L’appuntamento era per la mattina molto presto, prima che il sole sorgesse. Il pallone aerostatico fu montato con pazienza davanti a noi, che non vedevamo l’ora di salire a bordo. Poi una volta in aria, prendemmo piano piano quota e mentre all’orizzonte sorgeva il sole, in un’alba che si tingeva di rosa, tutt’intorno c’erano altre mongolfiere in una danza che sembrava magica. È stato un momento indimenticabile. A Pamukkale, invece, nelle bianchissime piscine naturali di calcare, siamo tornati tutti bambini: “castello di cotone” è la traduzione italiana del nome di questa località unica al mondo e mai nome fu più vero. Camminare nell’acqua su un fondale morbido come gomitoli di cotone, infatti, è stata un’esperienza incredibile. E poi ancora la magia della moschea di Santa Sofia, a Istambul, immensa e maestosa, ricca di storia cristiana e musulmana. Insomma, tra di noi non c’era tempo di osservarci con sguardi curiosi, la tabella di marcia era fitta e ben definita: la mattina, la ricca colazione era senza dubbio il momento più bello in cui ritrovarsi e fare il punto della situazione, poi la lunga giornata tra foto e risate, il rientro in albergo per una doccia e finalmente la cena. Le vacanze volarono e iarrivammo così alla fine del tour. Io e le mie amiche, infatti, dovevamo rientrare in Italia, mentre Francesco e il suo compagno di avventure si trattenevano ancora qualche giorno tra datteri e baklavà.Ed è stato al momento dei saluti che in lui è scattato qualcosa. Nel vedermi sulle scale mobili che portavano al gate per l’imbarco, ha provato una stretta al cuore, poi mi dirà. Inizialmente pensò che si trattasse di una normale reazione dopo le giornate di vacanza in gruppo improvvisamente finite, ma poi, tornato al tran tran quotidiano in Belgio, la sensazione che gli mancasse qualcosa non passava. E anch’io, rientrata alla vita di sempre, avevo iniziato a pensare a quel viaggio in modo diverso. Insomma, con il passare dei giorni, ci eravamo entrambi accorti di provare una dolce nostalgia l’uno nei confronti dell’altra. Così tra un messaggio e l’altro abbiamo deciso di rivederci, di incontrarci nuovamente e questa volta non all’interno di un gruppo ormai affiatato e collaudato, ma da soli. È lui, nel rispetto delle secolari regole di cavalleria, a fare il primo passo. Non ha mai visitato Firenze, che invece io conosco piuttosto bene. Mi chiede, perciò, di fargli da guida e complici i romantici scorci di Ponte Vecchio e la vista mozzafiato che si gode dal campanile di Giotto, è più facile dichiararsi. Così nella patria del sommo poeta, è nata la nostra coppia, con buona pace dei compagni di viaggio che non si erano accorti di nulla. Certo, non è stato semplice gestire una storia a distanza, prendere aerei, incastrare coincidenze, ma per fortuna la distanza è durata poco. Sono capitolata dinanzi alla più classica delle promesse, un diamante nascosto in una zucchetta pazientemente intagliata per Halloween, in uno scenario molto romantico: lo Château de Chissay, uno dei meravigliosi castelli della valle della Loira. Da allora non ci siamo più lasciati e oggi che siamo marito e moglie, ricordiamo con emozione quel viaggio che ha impresso alle nostre vite un percorso nuovo e bellissimo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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