Erica d’autunno

Cuore
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Ecco la storia più votata dalle lettrici per il n. 41

Storia vera di Agnese V., raccolta da Simona Maria Corvese

 

Mi avvicino alla mia figlioccia, che presidia la cassa del negozio. «Bianca, per favore emetti uno scontrino per la signorina». Mi giro verso la cliente e le consegno il suo bouquet di calle.

Il campanello d’ingresso suona, la porta si apre ed entra un uomo. Il suo sguardo cade fulmineo su Bianca che, seduta su uno sgabello, si è rituffata nella lettura del suo romanzo fantasy. Un tomo.

Scuote la testa con disappunto e la sua espressione si fa severa. «Dedichi troppo tempo alla lettura di piacere e poco allo studio».

Bianca alza la testa, sostiene il suo sguardo a mento alto, sfrontata e chiude il tomo con un colpo secco e rumoroso. «Ho finito i compiti per oggi e posso dedicarmi al mio romanzo».

Lui serra la mascella. I suoi occhi assumono una sfumatura più scura e trattengono a stento la collera. «I pessimi risultati a scuola però parlano da soli».

Bianca scivola giù dallo sgabello con il libro sotto il braccio e gli passa davanti con il naso all’insù, senza degnarlo di uno sguardo. Esce dal negozio e la porta sbatte talmente forte che il vetro trema.

Lui, ancora fermo in mezzo al locale, si volta verso di me, con un movimento privo di energia e le spalle incurvate. «Non riesco a intendermi con quella ragazzina. Qualunque cosa le dica, la prende male».

Io prendo un bouquet per riporlo sullo scaffale e deglutisco, imbarazzata. Qualcuno glielo deve pur dire. «Scusi se mi permetto la franchezza… ma stasera forse la ha presa un po’ troppo di petto, davanti ad altre persone».

Lui alza di scatto lo sguardo. «Crede?».

La tensione al collo mi si allenta: nel suo sguardo non leggo risentimento per quello che ho detto. «Si è sentita in vergogna per il rimprovero in pubblico.»

Gli altri dipendenti nel negozio impallidiscono e riprendono subito le loro attività: chi riordina l’area per incartare i fiori, chi dispone nuovi mazzi in vasi di cristallo.

Lui mi rivolge un sorriso che si estende fino agli occhi. «Ha ragione. Grazie per avermelo fatto notare».

Con un cenno del capo ci saluta ma si blocca e mi guarda dritto negli occhi. «Io sono Claudio e sul lavoro preferisco un clima informale con i dipendenti: ci diamo del tu?».

 

Leo, il dipendente più anziano, mi si avvicina al bancone e mi porge un mazzo di rose. «Le incarti tu, per favore?».

Le prendo, distratta.  Ho ancora lo sguardo puntato oltre la vetrina e seguo la figura di Claudio che cammina in direzione della serra.

Leo mi appoggia una mano sul braccio e io mi volto verso di lui.  «Bianca soffre per la perdita dei genitori e suo zio non comprende che tutte le sue intemperanze ne sono una manifestazione».

Prendo il rotolo di carta trasparente per avvolgere le rose e la forbice. «vediamo tutti Claudio come il capo dell’azienda ma oggi ho visto un uomo che soffre per la perdita del fratello e della cognata».

Leo mi tiene fermo il rotolo. «È tutto ancora troppo recente».

Io ne taglio un pezzo ma mi fermo di scatto e lo guardo dritto negli occhi. «Com’è successo? Non li sentivo spesso».

Lui rimane a bocca aperta. «Credevo lo sapessi: sei la madrina di Bianca!».

Scuoto il capo.

Leo riavvolge il rotolo e lo appende al supporto alla parete. «Loris è venuto meno per un infarto. La moglie aveva un brutto male: gli è sopravvissuta di qualche mese».

Mi passano davanti agli occhi i momenti più belli della mia amicizia con Cinzia. «Sono rientrata dall’Olanda per stare vicina alla ragazza ma superato questo periodo tornerò lassù».

Leo alza un sopracciglio, scettico. «Claudio è intransigente con Bianca ed è anche un accentratore: dovrai sgomitare per ricavarti il tuo spazio.»

Abbozzo un sorriso. «Sono loro due che devono imparare a conoscersi».

Leo scuote la testa, deciso. «Bianca ha 14 anni e ha bisogno anche di una figura materna. E non per qualche misera settimana».

Adesso sono io ad alzare il sopracciglio, scettica. «Quale esempio materno potrei darle io?».

Leo mi passa la carta stagnola per avvolgere i gambi delle rose. «Tutte le donne hanno spirito materno ma tu non hai fiducia nelle tue capacità e in te stessa».

Gli consegno il mazzo incartato e mi allontano dal bancone ma lui stende il braccio e posa la sua mano sulla mia, in segno di solidarietà. «Pensaci bene, Agnese. Questa sarebbe l’occasione per dimostrare a te stessa di che pasta sei fatta».

Tolgo la mia mano, d’impulso. «Non devo dimostrare niente a nessuno».

Lui me la riprende. «Potresti seguire Bianca nelle materie principali di Agraria, sei sempre stata brava a scuola».

Leo ha ragione. Questa è l’occasione di smettere di fuggire da me stessa. Voglio onorare la promessa che ho fatto a Cinzia di stare vicina a Bianca. La ragazza ha bisogno anche di me e non posso lasciare tutto sulle spalle di Claudio. Poco fa non ho visto un uomo intransigente. Ho visto un uomo solo che si è assunto la responsabilità d’imparare a diventare padre. Mi piace il suo spirito e voglio essere coraggiosa come lui.

 

Il sole scorre attraverso il tetto trasparente e illumina le gocce di condensa sulle pareti della serra. Da uno scaffale prendo un vassoio con i vasetti di erica, per appoggiarlo sul bancone cosparso di briciole di terriccio. Il calore dell’aria umida mi scivola sulla pelle.

Claudio mi si affianca e mi sorregge un braccio, che vacilla sotto il peso del vassoio. «Ti aiuto».

Sussulto. «Non mi ero accorta della tua presenza. Grazie!» Il vento d’autunno che scuote le pareti ha coperto il suono dei suoi passi.

Mi rivolge uno sguardo accigliato. Ho capito che è uno che non si fa influenzare dalla gentilezza, così provo a sorridergli e la ruga sulla sua fronte si distende.

Emetto un sospiro di sollievo. «Loris aveva fatto un bel lavoro qui nella serra. I vostri genitori devono essere fieri di voi».

Lui scuote la testa e s’incupisce. «Mio padre è venuto a mancare quando avevo 18 anni. Mi sono occupato io di mia madre, di Loris che aveva 10 anni e dell’azienda».

Sgrano gli occhi. «Che bravo!».

I suoi occhi brillano ma dissimula subito il sorriso. «Ho tenuto duro e ho avuto successo in un lavoro nel quale non credevo di poter riuscire. Tutto questo a un prezzo: non mi sono mai potuto iscrivere all’Università».

Rimango a bocca aperta e ho un’intuizione. «Adesso capisco perché te la prendi così tanto con Bianca quando non s’impegna nello studio.»

Lui annuisce e mi abbozza un sorriso bonario. «Studiare è un privilegio da non sprecare.»

Con la mano raccolgo, pensierosa, il terriccio dal piano di lavoro. «Senti, domenica il CAI fa una gita fino al passo. È il sentiero delle eriche e ci sarà anche Bianca con i suoi amici. Vieni anche tu?»

Lui mi raggela con un’espressione impassibile. «Non ti entusiasmare: domenica piove.»

Le mie spalle s’incurvano: non farà così tutte le volte che sono gentile con lui?

Mi posa la mano sul braccio con un tocco accidentale e un sorriso incoraggiante. «Vengo, purché Bianca mi lasci in pace a godermi la giornata con te.»

Nel suo sguardo aperto scorgo un bagliore ardente e i battiti del mio cuore accelerano.

 

Arrivati al passo, scendiamo dal sentiero in cresta e ci sediamo sotto costa per ripararci dal vento gelido che schiaffeggia i volti e i capelli. Nessuno si è seduto vicino a Claudio. I dipendenti lo chiamano “Il Boss”, con timore e non gli si avvicinano.

Lui, solitario, prende i panini dallo zaino e io mi avvicino.

Questa è l’occasione per parlare di Bianca, visto che non abbiamo mai tempo per farlo. Voglio essere franca con lui ma con tatto, per non offenderlo. Non ce n’è motivo.

«Tua nipote è più avanti, con gli amici. Posso sedermi qui?»

Lui si sposta e mi sorride. «Certo! Prego.» Rimaniamo in silenzio a contemplare il meraviglioso tappeto di erica viola. I cespugli, sospinti dal vento, ondeggiano e creano macchie ora viola cupo ora più chiaro. Le rocce delle montagne si stagliano sullo sfondo e all’improvviso dal passo arriva una nuvola. Non vedo più nulla. Sono immersa nella nebbia ma è diversa: più spessa e gelida. Sento la voce di Claudio. «Rimani ferma: è una nuvola bassa. Passa veloce.» e poi il suo abbraccio, cui rispondo con il mio. Rimaniamo rannicchiati l’una nel tepore del corpo dell’altro e in un attimo tutto passa. Ci sciogliamo dall’abbraccio, impacciati. Io mi liscio delle pieghe invisibili sui pantaloni e ho le guance infuocate. «È stata un’esperienza nuova, sai? Non mi ero mai trovata in mezzo a una nuvola bassa.»

Lui è serio ma i suoi occhi ridono.

Il vento ci porta il rumore secco dei fusti legnosi dell’erica e il fischio acuto delle marmotte. Claudio si gira di scatto e punta il dito verso di loro. «Le vedi, Agnese? Sono vicino a quei ruscelli poco profondi che attraversano il prato.»

Annuisco in silenzio e soppeso le parole per chiedergli di sua nipote. «Come va con Bianca?»

Lui si schiarisce la gola, abbassa lo sguardo verso lo zaino e ci fruga dentro. Estrae due mele e me ne porge una. «Vuoi?»

Non so cosa fare. Evita di rispondermi? La prendo e l’addento.

Lui mi guarda, serio. «Mi hanno chiamato dalla scuola: ha marinato più volte o arriva in ritardo.»

Deglutisco a fatica il boccone. «Le devi parlare ma senza prenderla di petto. Se non te la senti, lo faccio io.»

Lui scuote la testa. «Le ho già parlato, anche del fatto che non rispetta la politica del codice d’abbigliamento scolastico.»

Emetto un sospiro di sollievo. «Meglio così.»

Claudio corruga la fronte. «Non è tutto qui. Bianca non dimostra padronanza degli obiettivi curriculari. Mi hanno consigliato di supportarla con un insegnante privato e di rivolgermi anche a uno psicologo.»

Giocherello con il torsolo della mela. Lui me la toglie di mano e la mette nel suo sacchetto dell’immondizia. «Per le lezioni private posso seguirla io gratuitamente. Mi sono diplomata anch’io in Agraria.»

Claudio si strofina il viso e sospira. «Ti ringrazio ma credo che non sia il suo studio. Se continua così, finito il biennio obbligatorio le trovo un lavoro in azienda e non se ne parla più.»

Alzo un sopracciglio, contrariata. «Ti sbagli, Claudio. Quando è con me nella serra mi tempesta di domande e vuole sperimentare. Dalle il tempo di superare la perdita dei genitori.»

Lui alza le spalle, rigido nella sua convinzione e non aggiunge altro.

Claudio mi piace ma provo sentimenti conflittuali verso di lui: apprezzamento e risentimento per l’intransigenza che ha verso Bianca.

Lo guardo dritto negli occhi e voglio essere franca. «Datti obiettivi di breve termine con lei. Anch’io faccio piani per me stessa ma li cambio quando si presentano opzioni migliori.»

Lui sorride e mi offre tutta la sua attenzione.

«Goditi anche la vita, come oggi.» Emetto un sospiro. «Ho due sorelle maggiori e quando mio padre è morto sono stata cresciuta dai nonni.»

Lui sgrana gli occhi. «Non lo sapevo.»

Annuisco. «Avevano limitate disponibilità economiche e anch’io non ho potuto frequentare l’università di Agraria. In Olanda ho però maturato un’esperienza equiparabile.»

Lui mi posa una mano sulla spalla. «Ecco perché mi capisci così bene e sei anche l’unica che mi tratta con spontaneità.»

Sorrido. «E tu sei l’unico che non mi considera per quello che possiedo, molto poco ma per quello che sono. Grazie.»

 

La luce del giorno filtra attraverso le persiane. Distendo il braccio e con le dita tocco il petto di Claudio: sotto il mio palmo i battiti del suo cuore sono regolari e il suo  corpo emana tepore. Mi volto verso lo specchio, che ci riflette sotto il piumino e mi passo una mano tra i capelli arruffati, con un profondo sospiro. Abbiamo consumato il nostro amore ma non abbiamo risolto il nostro conflitto. Claudio rimane fermo sulle sue posizioni.

Lui apre gli occhi, mi sorride e mi bacia. «Buongiorno, dormito bene?»

Lo fermo con la mano sul suo braccio. «Voglio mantenere segreta la nostra relazione. Cosa penserebbero gli altri? Già guardano con curiosità la nostra collaborazione di madrina e padrino…»

Claudio mi accarezza la guancia. «La nostra vita privata non li riguarda. Bianca non rientrerà dal rifugio con gli amici prima di mezzogiorno: non verrà mai a sapere di questa notte.»

Ha ragione ma io mi preoccupo anche di che cosa accadrà, superata la crisi adolescenziale di Bianca. Ho scoperto di avere diverse cose in comune con Claudio e tutte queste affinità mi spaventano.

 

È trascorso un anno e le eriche d’autunno sono di nuovo in fiore. Claudio e io ci fermiamo vicino al passo ad ammirare il panorama.

«Ho ricevuto un’offerta di lavoro importante in Olanda. Accetto.»

I suoi occhi s’incupiscono. «Perché non ti trovi bene qui con noi?»

Scuoto la testa. «Perché devo scegliere tra il nostro amore e la nostra lealtà verso convinzioni contrastanti sull’educazione di Bianca.»

Claudio punta le mani sui fianchi. «No, tu scappi perché non credi in te stessa e nel fatto che questa sia una relazione per la quale vale la pena lottare. Per me lo è.»

Interrompo il contatto e mi guardo le mani.

Lui sospira, paziente. «Non ho mai visto Bianca andare così bene a scuola da quando tu le sei stata vicina.»

Gli sorrido e lui mi abbraccia. «Avevi ragione tu: stava solo passando un brutto momento e io sono stato intransigente con lei. Non voglio perderti perché ho capito che ti amo.»

Sgrano gli occhi. e non trovo le parole per rispondergli.

Claudio mi da un bacio mozzafiato. «Ero una persona sfiduciata ma tu sei stata l’unica a trattarmi come un uomo, non un freddo imprenditore e mi hai ridato la fiducia e la sicurezza.»

Mi stacco da lui  e i miei occhi brillano per la commozione. Anche i suoi. «Agnese, tu mi hai regalato più esperienze importanti in un anno, di quante ne abbia vissute in tutta la mia vita. Non vedo l’ora di scoprire cosa verrà dopo: vuoi sposarmi?»

Ho il cuore in gola ma non vi presto attenzione. Tutto ciò che conta è Claudio, che aspetta la mia risposta con l’apprensione negli occhi.

Ora riesco a parlare. «Sì»

Lui si avvicina alle mie labbra e le sfiora con un sussurro. «Non vedo l’ora di trascorrere il mio futuro con te.»

In qualche modo, per una vicissitudine del destino, Claudio e io ci siamo trovati. E siamo intenzionati a non lasciarci andare.

 

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