Vitamina D: quando (e ogni quanto) è meglio prenderla?

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In che momento della giornata vanno presi gli integratori di vitamina D? E sono meglio le assunzioni quotidiane o le megadosi settimanali o mensili? Sciogliamo ogni dubbio

I benefici che vengono attribuiti alla vitamina D sono numerosi e, per la maggior parte, effettivamente documentati da precise ricerche. Questa molecola è essenziale per la salute delle ossa, il sistema immunitario, il benessere generale.

Di conseguenza, è necessario che ciascuno si assicuri di colmare il proprio fabbisogno di vitamina D. Possiamo perseguire l’obiettivo semplicemente esponendoci al sole e portando in tavola con regolarità gli alimenti che ne sono più ricchi. Ma, considerato che, da un lato, per molti mesi all’anno sole se ne vede poco e, dall’altro, che i cibi che contengono vitamina D in quantità significative si contano sulle dita di una mano (pesce grasso, formaggi, tuorlo d’uovo), molti consumatori, instradati dal nutrizionista o per scelta autonoma, ricorrono a integratori di vitamina D allo scopo di mantenerne livelli adeguati o, quando troppo bassi, riportarli all’interno dell’intervallo corretto.

Sorgono allora spontanee un paio di domande. La prima concerne il momento della giornata in cui è meglio assumere l’integratore di vitamina D. La seconda domanda riguarda invece quale frequenza di assunzione risulti più efficace: sono preferibili integrazioni quotidiane oppure i cosiddetti “boli”, ovvero megadosi di vitamina D assunte più di rado (settimanalmente, quindicinalmente o mensilmente)? Cerchiamo di rispondere a entrambi questi quesiti.

Quando assumere la vitamina D Non esiste un momento della giornata universalmente considerato migliore per assumere gli integratori di vitamina D, ma ci sono alcune evidenze che possono aiutare a massimizzarne l’assorbimento. Poiché la vitamina D è liposolubile, viene assorbita più efficacemente in un pasto che contenga grassi: uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition ha dimostrato che l’assunzione di vitamina D durante un pasto ricco di grassi aumenta significativamente i livelli di assorbimento rispetto a un pasto con pochi grassi. Pertanto è consigliabile assumere l’integratore durante i pasti principali, come il pranzo o la cena, momenti in cui è più probabile ingerire grassi. Ovviamente, chi ha l’abitudine della prima colazione salata, in cui fossero presenti anche grassi, potrà assumere l’integratore di vitamina D anche in prossimità di questo pasto, mentre sarà meglio il pranzo o la cena per coloro che fanno colazione con tè e fette biscottate.

Assunzione quotidiana o megadosi Se sia meglio assumere la vitamina D in più piccole dosi giornaliere, in dosi settimanali o in megadosi quindicinali o mensili (o persino di più ampia periodicità) è un dubbio che si pongono anche alcuni colleghi nutrizionisti e medici. Vediamo cosa suggeriscono le evidenze scientifiche.

L’assunzione quotidiana di vitamina D (in genere in dosi da 400 a 4.000 UI, ma più comunemente 1.000-2.000 UI) consente al corpo di mantenere livelli di questa sostanza particolarmente stabili nel tempo. Questo approccio è spesso preferito, perché imita la produzione naturale della vitamina D attraverso l’esposizione al sole. L’assunzione quotidiana è specialmente indicata negli anziani, nelle persone con problemi di assorbimento e in coloro che hanno valori di vitamina D già ottimali e desiderano mantenerli.

L’assunzione settimanale può risultare conveniente per chi tende a dimenticarsi di prendere l’integratore quotidiano o preferisce semplificare la propria routine. Le dosi settimanali tipiche variano da 10.000 a 25.000 UI, da assumere in una volta sola. Questo metodo è efficace e ben tollerato, dato che il corpo può gestire una dose leggermente più alta, immagazzinandola e rilasciandola gradualmente. Tuttavia, l’efficacia può variare da persona a persona, a seconda della capacità di assorbimento e delle necessità individuali.

Con le megadosi (50.000 UI, 100.000 UI o più, solitamente sotto forma di bolo quindicinale, mensile o trimestrale) non siamo più nell’ambito dell’integrazione alimentare ma della vera e propria terapia farmacologica. Alcune ricerche, come uno studio pubblicato su The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, mostrano che i boli di vitamina D sono efficaci per correggere rapidamente carenze gravi, ma possono creare fluttuazioni nei livelli ematici di questa vitamina, con un aumento eccessivo temporaneo seguito da un rapido calo. Inoltre, una supplementazione eccessiva in un’unica dose può aumentare il rischio di effetti collaterali, come, tra i più frequenti, nausea, diarrea e mal di testa.

In conclusione, l’assunzione di vitamina D durante un pasto principale è ideale per migliorarne l’assorbimento. Quanto alla frequenza, la “presa” quotidiana risulta più stabile e sicura ed è la modalità decisamente più consigliata a chi necessita di un’integrazione di mantenimento a lungo termine, mentre le megadosi mensili o trimestrali dovrebbero essere limitate a situazioni specifiche, di grave carenza o in cui è difficile garantire l’assunzione regolare, e sempre sotto supervisione medica.

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